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E’ legittimo l’acquisto di nuova partecipazione societaria in deroga ai limiti del d.l. 78/2010


Un comune con meno di 30.000 abitanti può acquisire una nuova partecipazione societaria anche in deroga ai vincoli quantitativi posti dall’articolo 14 comma 32 del d.l. 78/2010 se l’utilizzo dello strumento societario è previsto da norme legislative.

Nel caso in cui legislatore ammette che alcune attività e funzioni dei comuni possano essere svolte tramite società di capitali il ricorso allo strumento societario è sempre possibile nonostante i vincoli qualitativi e quantitativi imposti ai comuni.

Questo l’innovativo chiarimento fornito dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo del Piemonte, con la deliberazione n. 335 depositata il 16 settembre 2013, con la quale ha ritenuto legittima l’acquisizione, da parte di un comune di 200 abitanti, della titolarità di alcune quote del capitale sociale di una società alla quale l’Autorità d’ambito aveva affidato la gestione del servizio idrico integrato.

Ai magistrati contabili si era rivolto il sindaco chiedendo se, tenuto conto della disciplina che limita la partecipazione degli enti locali al capitale delle società di capitali era possibile acquisire la partecipazione alla “società già esistente che è partecipata da più enti e che svolge il servizio di gestione del servizio idrico integrato”.

Il dubbio dell’ente derivava dai vincoli alla partecipazione alle società di capitali che il legislatore ha introdotto con l’articolo 3, comma 27 della legge 244/2007 e con l’articolo 14, comma 32 del d.l. 78/2010.

Norme previste proprio al fine di porre limiti alla progressiva costituzione di società partecipate da parte degli enti locali, a cui gli stessi hanno affidato attività di loro pertinenza, ovvero la gestione di servizi pubblici, lavori, lo svolgimento sia di attività di interesse delle comunità locali che strumentali e funzionali allo svolgimento di compiti propri del comune.

In alcuni casi, poi, il ricorso all’utilizzo dello strumento societario è stato funzionale unicamente al rispetto formale (e non sostanziale) dei vincoli di finanza pubblica, quali quelli derivanti dal patto di stabilità interno o dai limiti in materia di assunzione di personale o di osservanza delle regole sull’indebitamento.

La Corte ha rilevato però che la partecipazione dei comuni a società di capitali costituisce una modalità di organizzazione degli interventi dell’ente in settori che presentano un particolare interesse per il raggiungimento delle loro finalità e che lo stesso legislatore, non solo ha individuato in tali organismi una delle modalità tipiche di organizzazione della gestione dei servizi pubblici locali, ma ha anche preso in considerazione la possibilità che società, a capitale interamente pubblico o misto, possano svolgere funzioni amministrative di competenza degli enti costitutori.

Con la finanziaria 2008 il legislatore ha imposto per la prima volta un limite alla facoltà degli enti di utilizzare lo strumento societario, stabilendo che le p.a. non possono procedere alla costituzione di nuove società che abbiano “per oggetto la produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali”, mentre è sempre ammessa “la costituzione di società che producono servizi di interesse generale” (ex art. 3, comma 27 legge 244/2007).

L’accertamento di tale finalità è demandato all’ente che deve effettuarla prima di deliberare la costituzione della società e, successivamente, tale atto deve essere trasmesso alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti [ex art. 19, comma 2, lett. a), d.l. 78/2009].

Tale vincolo riguarda sia la costituzione di nuove società che l’assunzione di partecipazioni in società già operative.

Il legislatore ha quindi posto una stretta correlazione fra finalità proprie dell’ente pubblico e utilizzo dello strumento societario.

Il legislatore ha inoltre imposto ai comuni con meno di 30.000 abitanti anche un limite quantitativo alla facoltà di acquisire e mantenere partecipazioni societarie con il comma 32 dell’articolo 14 del d.l. 78/2010, norma che impedisce ai comuni di acquisire nuove partecipazioni, fatto salvo il caso in cui il capitale sociale sia detenuto da più enti che complessivamente superano 30.000 abitanti e che la partecipazione sia paritaria o proporzionale alle dimensioni demografiche degli enti soci.

Per le partecipazioni esistenti al 31 maggio 2010, la norma ha imposto agli enti di dismettere o mettere in liquidazione quelle che al 30 settembre 2013 presentano delle perdite.

I magistrati contabili del Piemonte hanno chiarito però che quando il legislatore ha previsto che alcune attività e funzioni dei comuni possano essere svolte tramite società di capitali aventi una funzione specifica, il ricorso allo strumento societario è sempre possibile, nonostante la previsione del combinato disposto degli articoli 3, comma 27 della legge 244/2007 e 14, comma 32 del d.l. 78/2010.

Tali disposizioni, infatti, secondo la Corte, non impediscono il mantenimento o la costituzione di partecipazioni societarie, anche da parte degli enti minori, nei casi nei quali l’utilizzo dello strumento societario per lo svolgimento di particolari funzioni o attività è previsto da norme di carattere legislativo, in deroga ai vincoli posti dal comma 32 dell’articolo 14.

I magistrati contabili hanno quindi risposto positivamente al comune, ritenendo legittima l’acquisizione della partecipazione alla società di capitali alla quale l’ato ha affidato la gestione del ciclo integrato delle acque, in quanto per lo svolgimento di tale servizio il legislatore ha ammesso l’utilizzo dello strumento societario.

 


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