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Puglia, deliberazione n. 142 – Trasformazione società in azienda speciale


Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla corretta applicazione dell’articolo 4 e 9 del d.l. 95/2012.

L’ente ha premesso di aver avviato, ai sensi del comma 1 dell’articolo 4 del d.l. 95/2012, il procedimento per l’eventuale alienazione delle partecipazioni detenute in due società, a totale partecipazione comunale, al fine di evitarne lo scioglimento entro il 31 dicembre 2013.

In particolare, l’ente ha chiesto se:

– in presenza dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la cosiddetta “gestione in house”, possa trovare applicazione il comma 8 dell’art. 4 del d.l. 95/2012, per il quale è sempre consentito senza limiti di valore o tipologia di attività, l’affidamento diretto in costanza di controllo analogo;

– sia possibile procedere alla trasformazione delle proprie società partecipate in aziende speciali.

I magistrati contabili della Puglia, con la deliberazione 142/2013, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 20 settembre, hanno chiarito che le norme dettate dal comma 1 e dal comma 8 dell’articolo 4 del d.l. 95/2012 non sono tra loro inconciliabili.

Come chiarito dalla Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 229/2013, “gli affidamenti diretti possono essere effettuati in favore delle società a totale partecipazione pubblica aventi i requisiti dell’in house e che rientrino fra quelle espressamente escluse dall’ambito di applicazione dell’art. 4 (commi 3 e 13) o nei casi in cui siano stati predisposti dei piani di razionalizzazione e di ristrutturazione delle medesime società i quali devono peraltro aver avuto il parere favorevole vincolante del commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per l’acquisto di beni e servizi di cui all’art. 2 del D. L. n. 52/2012 (comma 3 sexies)”.

In merito all’ulteriore quesito relativo alla possibilità di costituire ex novo un’azienda speciale ovvero procedere alla trasformazione di una società in azienda speciale, i magistrati contabili, hanno ricordato che, secondo l’interpretazione, costituzionalmente orientata, fornita dalla Consulta nella sentenza 236/2013, la disposizione dell’articolo 9, comma 6, del d.l. 95/2012 deve essere interpretata nel senso che il divieto di istituire nuovi enti strumentali opera solo nei limiti della necessaria riduzione del 20% dei costi relativi al loro funzionamento.

Pertanto, se complessivamente, le spese per «enti, agenzie e organismi comunque denominati» di cui ai commi 1 e 6 del citato articolo 9, resta al di sotto dell’80% dei precedenti oneri finanziari, non opera il divieto di cui al comma 6.

Una siffatta interpretazione, costituzionalmente orientata, si rende necessaria anche per consentire agli enti locali di dare attuazione al comma 1 mediante l’accorpamento degli enti strumentali che svolgono funzioni fondamentali o conferite.

In tal modo, infatti, gli enti locali potranno procedere all’accorpamento degli enti strumentali esistenti anche mediante l’istituzione di un nuovo soggetto, purché sia rispettato l’obiettivo di riduzione complessiva dei costi.

 


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