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Gare: le dichiarazioni non possono essere sanate dal falso innocuo


L’istituto del falso innocuo non può essere applicato nelle gare d’appalto ove occorre fare affidamento su una dichiarazione idonea a far assumere tempestivamente alla stazione appaltante le necessarie determinazioni in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla gara o alla sua esclusione.

Questo il principio espresso dal Tar Lombardia, sez. III, con la sentenza n. 1332 del 21 maggio 2013, con la quale ha accolto il ricorso presentato da una società avverso la mancata esclusione dell’aggiudicataria, in considerazione dell’omessa dichiarazione in ordine alla insussistenza di cause di esclusione dalla gara da parte dei legali rappresentanti dell’impresa.

I giudici amministrativi hanno chiarito che gli obblighi dichiarativi previsti dall’art. 38 del d.lgs. 163/2006 devono ritenersi imposti a prescindere da una espressa previsione della legge di gara, che viene automaticamente eterointegrata dalla disposizione in questione.

A parere dei giudici amministrativi, una dichiarazione inaffidabile (perché falsa o incompleta) non può essere “sanata” ricorrendo alla categoria del falso innocuo, a prescindere dal fatto che l’impresa meriti “sostanzialmente” di partecipare alla gara e quindi sia in possesso di tutti i requisiti richiesti.

Secondo i giudici lombardi, infatti, l’articolo 38 è una norma posta a presidio non solo dell’effettiva esistenza dei requisiti richiesti in capo all’offerente o al concorrente, ma rappresenta uno strumento per assicurare il buon andamento della p.a., la quale deve poter fare affidamento su quanto dichiarato dai concorrenti per evitare inutili aggravi procedimentali.

In conclusione, il falso che ricade sulla dichiarazione ex dpr 445/2000 non può qualificarsi come innocuo in quanto mette in pericolo uno specifico bene giuridico: l’affidamento della p.a. che sulla base di tali dichiarazioni imposta la procedura competitiva.

 


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