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Le associazioni di volontariato possono partecipare alle gare


Le associazioni di volontariato possono essere aggiudicatarie di gare, in quanto l’assenza di fine di lucro non è di per sé ostativa della partecipazione ad appalti pubblici.

Questo il principio ribadito dal Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza n. 387 del 23 gennaio 2013, con la quale ha accolto il ricorso presentato da una società avverso la decisione del Tar che, in accordo al costante orientamento giurisprudenziale, aveva dichiarato illegittima la partecipazione a gare di appalti pubblici delle associazioni di volontariato.

Nel caso di specie, un ente aveva indetto una gara per l’affidamento di servizi per l’istituzione di laboratori di azione per la valorizzazione ambientale, delle tradizioni, dei mestieri e delle identità locali, aggiudicando l’appalto ad un’a.t.i. costituenda avente per mandataria un’associazione di volontariato senza scopo di lucro.

Avverso l’aggiudicazione aveva proposto ricorso davanti al Tar l’a.t.i. seconda classificata chiedendo l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva nonché degli atti di gara.

La problematica relativa alla possibilità per un’associazione di volontariato di partecipare a procedure di gara bandite ai sensi del d.lgs. n. 163/2006, è stata oggetto di numerosi interventi anche da parte dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici.

In diversi pareri resi per la soluzione delle controversie l’Autorithy ha affermato l’illegittimità della partecipazione alle gare d’appalto delle associazioni di volontariato di cui alla Legge n. 266/1991 (legge quadro sul volontariato), attesa la gratuità dell’attività di volontariato (pareri nn. 26/2009, 266/2008, 29/2008).

Secondo l’Avcp, infatti, l’espletamento di una procedura di selezione del contraente, fondata sulla comparazione delle offerte con criteri concorrenziali di convenienza tecnica – economica, risulterebbe essere inconciliabile con il riconoscimento alle associazioni di volontariato, ex art. 5 della citata L. n. 266/1991, della possibilità di usufruire di proventi costituiti esclusivamente da rimborsi derivanti da convenzioni che prescindono dalle regole di concorrenza.

Ciò in quanto, nella disciplina dettata dal legislatore nazionale in materia di associazioni di volontariato si rinviene la chiara indicazione del fatto che il volontariato debba necessariamente concretarsi in un’opera prestata gratuitamente, potendo le organizzazioni di volontariato unicamente valersi, per il proprio funzionamento, delle risorse di cui all’art. 5 della citata normativa e non potendo le attività svolte essere in alcun modo pagate dal soggetto beneficiario.

Di conseguenza, l’Avcp ha rilevato un’evidente incompatibilità tra l’espletamento di una gara finalizzata all’aggiudicazione di un pubblico servizio e la partecipazione, alla medesima, di associazioni di volontariato.

A tale conclusione ha aderito la costante giurisprudenza amministrativa, che ha distinto le organizzazioni di volontariato di cui alla Legge n. 266/1991 dalle altre Onlus (come ad esempio gli enti di promozione sociale, le fondazioni, le associazioni senza finalità di lucro), cui invece era ammessa la possibilità di partecipare alle gare pubbliche al pari delle imprese commerciali.

Di tutt’altro avviso il Collegio nella sentenza in commento che, accogliendo l’ampia nozione di impresa elaborata dalla Corte di Giustizia, ha affermato che anche i soggetti, come le associazioni di volontariato, che non perseguono uno scopo di lucro, possono concorrere all’aggiudicazione di appalti pubblici.

In particolare, l’ampia nozione di impresa elaborata dalla Corte di Giustizia, ricomprende qualsiasi soggetto che eserciti attività economica a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento (sent. Corte di Giustizia 1.7.2008, causa C-49/07) e afferma che l’assenza di fine di lucro non esclude che un soggetto giuridico che esercita attività di impresa possa essere considerato impresa (sent. Corte di Giustizia 29.11.2007, causa C-119/06).

Pertanto, secondo l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, deve ritenersi consentita la partecipazione ad appalti pubblici a soggetti i quali, autorizzati dalla normativa nazionale ad offrire servizi sul mercato, “non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono di una struttura organizzativa di un’impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato …”

Secondo il Collegio, dunque, alle associazioni di volontariato, non è precluso partecipare agli appalti, ove si consideri che la legge quadro sul volontariato (Legge n. 266/1991), nell’elencare le entrate di tali associazioni, menziona anche le entrate derivanti da attività commerciali o produttive svolte a latere, con ciò riconoscendo la capacità di svolgere attività di impresa.

Il Consiglio di Stato ha motivato la decisione affermando che le associazioni di volontariato possono essere ammesse alle gare pubbliche quali “imprese sociali”, a cui il d.lgs. n. 155/2006 ha riconosciuto la legittimazione ad esercitare in via stabile e principale un’attività economica organizzata per la produzione e lo scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità d’interesse generale, anche se non lucrativa.

In conclusione il Collegio, in linea con il principio comunitario di libertà delle forme giuridiche ha, quindi riformato la sentenza del Tar, ammettendo quindi la partecipazione alle gare anche di persone giuridiche non contemplate nell’elenco dell’articolo 34, nella misura in cui siano in possesso dei requisiti richiesti dal bando.

Nel caso di specie, infatti l’iscrizione alla Camera di Commercio o al registro delle imprese, che gli enti non profit non possiedono (e che comunque non costituiscono requisito indefettibile di partecipazione alle gare pubbliche), non erano espressamente stabilite dalle norme di gara.


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