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Gare: la valutazione delle offerte deve essere effettuata al netto dell’IVA


Ai fini dell’aggiudicazione della procedura devono essere comparati i prezzi netti offerti dai concorrenti, senza tener conto del maggiore vantaggio scaturente dal regime fiscale di esenzione Iva di un concorrente.

Questo il principio affermato dal Tar Liguria, sezione II, con la sentenza n. 1451 del 15 novembre 2012, secondo cui il valore degli appalti e, quindi, anche i prezzi proposti dalle imprese partecipanti alle gare devono essere sempre considerati al netto dell’Iva.

Nel caso di specie, una Provincia aveva indetto una procedura negoziata per l’affidamento dell’incarico di responsabile degli impianti elettrici del patrimonio dell’Ente, da aggiudicare secondo il criterio del prezzo più basso, ai sensi dell’articolo 82 del d.lgs. 163/2006.

L’avviso pubblico aveva previsto, in caso di parità delle offerte, un criterio suppletivo di aggiudicazione consistente nella valutazione comparativa dei curricula. Al termine di tale valutazione, il seggio di gara procedeva all’aggiudicazione dell’appalto.

Avverso l’aggiudicazione aveva proposto ricorso davanti al Tar il professionista secondo classificato, chiedendo l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva nonché degli atti di gara, sostenendo che, in presenza di due offerte identiche “al netto”, la stazione appaltante avrebbe dovuto aggiudicare la gara al concorrente che, beneficiando del regime di esenzione Iva, le avrebbe garantito un risparmio o una minore spesa pari all’importo dell’imposta da applicarsi ordinariamente sul costo del servizio.

I giudici amministrativi hanno rilevato la legittimità dell’operato della stazione appaltante che non ha inteso attribuire rilievo al diverso regime fiscale applicabile ai singoli concorrenti ai fini della valutazione delle offerte economiche.

Sul punto si rileva la posizione dell’Avcp che con la deliberazione n. 82 del 6 ottobre 2011 è intervenuta in merito ad una procedura aperta per l’affidamento di un servizio in cui la stazione appaltante aveva valutato l’offerta economica includendo anche l’Iva, favorendo così le Onlus aggiudicatarie che beneficiano dell’Iva agevolata al 4%.

Secondo l’Autorità, in particolare, la ratio dell’articolo 29 del Codice dei Contratti (Metodi di calcolo del valore stimato dei contratti pubblici), in base al quale “il calcolo del valore stimato degli appalti pubblici e delle concessioni di lavori o servizi pubblici è basato sull’importo totale pagabile al netto dell’Iva, valutato dalle stazioni appaltanti”, è quella di garantire la neutralità dei diversi regimi impositivi adottati nei vari stati membri, rispetto al computo del valore dell’appalto da affidare, che è il parametro determinante ai fini della individuazione della tipologia di procedura da seguire e del livello di pubblicità da assicurare.

Seppure non vi sia alcuna specifica disposizione prescrivente che anche l’offerta debba essere formulata non includendo l’Iva nell’importo, la regola si ricava dall’art. 82 del codice ove si prevede che l’offerta economica è formulata in termini di ribasso sull’importo a base di gara: ne consegue che necessariamente anche il primo valore dovrà essere omogeneo al secondo e non includere l’Iva.

In conclusione, a parere dell’AVCP, posto che la forma giuridica dell’operatore economico può determinare l’applicazione di una diversa aliquota per quanto riguarda l’imposta sul valore aggiunto, la Stazione Appaltante è tenuta a valutare l’offerta economica al netto dell’Iva, al fine di garantire la par condicio tra i partecipanti alla gara.

Tuttavia, sul punto si rinviene un precedente giurisprudenziale di segno diametralmente opposto.

Il Consiglio di stato, con la sentenza 185/2008, ha ritenuto che nella comparazione delle offerte economiche la stazione appaltante è tenuta a considerare il regime tributario ad esse applicabile, conseguentemente valutandole in funzione del costo finale che comportano per l’amministrazione.

Relativamente al caso in esame, il Collegio con la sentenza in commento, tenendo conto dell’orientamento sopra rammentato, ha respinto il ricorso, affermando che i valori comunitari di concorrenza, trasparenza e par condicio implicano l’impossibilità di tener conto, in sede di valutazione delle offerte economiche, di particolari elementi, quali benefici o agevolazioni fiscali, che risultano esterni alle offerte medesime nonché sottratti alla disponibilità dei concorrenti.

Invero, diversamente operando, si creerebbero evidenti effetti distorsivi della concorrenzialità, insiti nella valorizzazione di una particolare condizione soggettiva che non ha alcun legame con il “valore intrinseco” dell’offerta e finisce per penalizzare ingiustamente i concorrenti sottoposti ad un regime tributario meno favorevole.

 


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