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No al trasferimento del lavoratore se non è provata l’esclusività dell’assistenza


E’ legittimo il diniego al trasferimento del lavoratore per ragioni di assistenza a un familiare disabile se non viene provata la condizione di esclusività della stessa per impossibilità di provvedere da parte di altri parenti residenti nel luogo di domicilio dell’assistito.

E’ questo il principio affermato dal Tar Lombardia, Milano, sez. I, con l’ordinanza 8 novembre 2012 n. 1536 con la quale ha respinto, in via cautelare, la richiesta di diniego al trasferimento di un lavoratore per ragioni di assistenza del familiare disabile.

Nel caso in esame un dipendente della polizia penitenziaria aveva presentato richiesta di trasferimento all’amministrazione di appartenenza al fine di poter assistere il genitore affetto da una patologia invalidante.

A fronte del diniego posto in essere dall’Amministrazione il lavoratore ha presentato ricorso al Tar, al fine di richiedere l’annullamento dell’atto contenente la suddetta decisione.

Il giudice amministrativo, con ordinanza resa in via cautelare, ha respinto l’istanza del lavoratore affermando che, pur essendo irrilevanti la data di assunzione in servizio (nel caso di specie successiva all’insorgere della situazione di invalidità) e la distanza dal domicilio dell’assistito, “spetta al ricorrente dimostrare mediante dati e riferimenti oggettivi, che altri parenti non sono obiettivamente in grado di fornire assistenza al disabile”, in quanto la domanda presentata dal ricorrente deve essere “supportata da elementi di carattere certo comprovanti l’impossibilità che l’assistenza al genitore venga prestata dai parenti risiedenti in loco, non essendo a tal fine sufficienti dichiarazioni di carattere meramente formale”.

Il Tar, in via cautelare, ha respinto il ricorso presentato dal lavoratore affermando la legittimità del diniego al trasferimento per assistere il familiare disabile, operato dall’Amministrazione, non essendo, nel caso di specie, provata la condizione di esclusività dell’assistenza per impossibilità di provvedere da parte di altri parenti residenti nel luogo di domicilio dell’assistito.

La pronuncia del giudice amministrativo si basa sull’orientamento restrittivo, manifestato da alcune decisioni del Consiglio di Stato, per il quale l’art. 24 della legge n. 183/2010, soppressivo dei cennati requisiti, non sarebbe immediatamente applicabile ai rapporti di lavoro del personale appartenente alle Forze armate, alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a ciò ostando l’art. 19 della legge stessa, il quale subordinerebbe l’operatività della norma sopra citata “all’adozione di appositi provvedimenti legislativi che consentano di riconoscere la specificità delle Forze armate e di polizia, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”.

L’ordinanza in commento, tuttavia, si pone in contrasto con il recente orientamento del Consiglio di Stato, il quale ha ritenuto immediatamente applicabile l’abolizione dei requisiti di esclusività e continuità ai fini del trasferimento dei pubblici dipendenti per ragioni di assistenza del familiare disabile, prevista dall’art. 24, della Legge n. 183/2010 (collegato lavoro) (Cons. Stato, sez. IV, ordinanza 6 novembre 2012 n. 4376; Cons. Stato, sez. IV, sentenza 18 ottobre 2012 n. 5378).

La disposizione da ultima richiamata, infatti, ha novellato l’art. 20, comma 1, della Legge n. 53/00, eliminando la necessità dei requisiti della continuità e dell’esclusività dell’assistenza per la fruizione dei permessi da parte dei beneficiari.

Inoltre, nella riformulazione dell’art. 33, comma 3, della Legge n. 104/92 è stato eliminato il requisito della convivenza, in precedenza ritenuto necessario per la fruizione dei permessi.

Il nuovo art. 33, comma 5, della Legge n. 104/92, alla luce delle modifiche apportate dall’art. 24, comma 1, lett. b), della Legge n. 183/10 ha stabilito che “il lavoratore… ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”, legittimando il trasferimento del lavoratore che richieda l’avvicinamento al domicilio del soggetto da assistere.

 


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