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Nessun obbligo di motivazione per la sospensione dal servizio del dipendente imputato


E’ legittimo il provvedimento, ancorché non motivato, di sospensione cautelare dal servizio del dipendente comunale imputato in un procedimento penale per fatti inerenti il rapporto di lavoro.

E’ questo il principio affermato dal Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza 18 ottobre 2012 n. 5354 che ha accolto il ricorso di un comune circa la legittimità di un provvedimento di sospensione dal servizio di un proprio responsabile.

Nel caso di specie, il responsabile di un comune era stato sospeso dal servizio in via cautelare a seguito del rinvio a giudizio intervenuto relativamente a uno dei procedimenti penali per i quali lo stesso risultava indagato.

A fronte della decisione adottata dall’ente, il dipendente aveva presentato ricorso al Tar che aveva dato ragione al responsabile annullando la delibera di Giunta con la quale era stata disposta la sospensione cautelare, poiché ritenuta in violazione dell’articolo 27, comma 2, del Ccnl. 6 aprile 1995.

Tale norma stabilisce che “Il dipendente può essere sospeso dal servizio con privazione della retribuzione anche nel caso in cui venga sottoposto a procedimento penale che non comporti la restrizione della libertà personale quando sia stato rinviato a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro o comunque tali da comportare, se accertati, l’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento”, a causa della mancanza di motivazione in ordine alla possibilità di pervenire alla sanzione disciplinare del licenziamento.

La sentenza del giudice amministrativo è stata impugnata dal comune che ne ha richiesto la riforma, non condividendo l’interpretazione resa dal Tar in merito alla citata previsione contrattuale.

Secondo l’Amministrazione, infatti, la previsione circa l’applicabilità della sanzione espulsiva, secondo quanto previsto dalla norma contrattuale citata, non è imposta nel caso in cui i procedimenti penali riguardino fatti “direttamente attinenti al rapporto di lavoro”, come nel caso in esame, ma è relativo all’altra ipotesi contemplata dalla medesima, concernente fatti diversi, come risultante dalla sua formulazione letterale disgiuntiva rispetto alla prima “o comunque tali da comportare, se accertati, l’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento”.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto fondate le ragioni sostenute dall’Amministrazione appellante, in quanto “nel caso di rinvio a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro il potere di sospensione cautelare è riconducibile al potere datoriale di autotutela durante il tempo occorrente alla definizione del procedimento penale su detti fatti, in funzione preventiva di possibili pregiudizi al regolare funzionamento del servizio ed al prestigio dell’amministrazione”.

Interpretazione avvalorata, come sostenuto dall’ente, dalla formulazione letterale delle due ipotesi contemplate dalla norma contrattuale, grammaticalmente distinte attraverso la disgiuntiva “o”.

Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso, ritenendo legittimo l’atto con cui il comune ha sospeso in via cautelare il proprio responsabile in quanto conforme alla specifica previsione del contratto collettivo, per cui tale provvedimento non necessita di specifica motivazione nei casi relativi a fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro.

 


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