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Direttore generale: è necessario il possesso della laurea per il conferimento dell’ incarico


Corte dei Conti, sez. giur. Toscana, sentenza n. 363/11 e Corte dei Conti, sez. contr. Lombardia Deliberazione n. 504/11
Pubblicato su Guida al pubblico impiego n. 2/12
di Alessio Tavanti

 

Il conferimento dell’incarico di direttore generale a un soggetto non in possesso della laurea è fonte di danno erariale.

È quanto ha affermato la Corte dei Conti Toscana, con la sentenza in commento, con la quale ha condannato il sindaco e i componenti della giunta al pagamento del danno causato all’Ente derivante dall’aver nominato direttore generale un soggetto carente dei requisiti necessari.

Nel caso di specie, la Procura Regionale della Corte dei Conti aveva citato in giudizio il sindaco e la giunta per rispondere del danno erariale provocato al Comune per aver affidato l’incarico di direttore generale ad un soggetto privo dei requisiti previsti, in quanto, come risultava dal curriculum vitae esibito e verificato ai fini della nomina, in possesso del solo diploma di scuola superiore e privo di alcuna esperienza direzionale amministrativa in una P.A.

La delibera della giunta, con la quale era stato conferito l’incarico, specificava che lo stesso poteva essere conferito anche a soggetti esterni provvisti del solo titolo di studio di scuola media superiore, in presenza di professionalità maturata presso pubbliche amministrazioni.

La Procura ha ritenuto che la spesa relativa al suddetto incarico ha determinato un danno erariale, in quanto illegittima e inutile.

La Corte, nell’esaminare il merito della questione, ha effettuato una ricostruzione sistematico-giuridica della materia degli incarichi dirigenziali, con particolare attenzione a quello di direttore generale ai sensi dell’art. 108, Dlgs. n. 267/00.

I giudici contabili hanno chiarito che il diploma di laurea costituisce un requisito culturale necessario per accedere alla qualifica dirigenziale, anche nel caso dell’incarico di direttore generale di Enti locali, in quanto è estensibile anche all’ambito locale la disciplina prevista dall’art. 28 del Dlgs. n. 165/01.

Il Tuel dispone, infatti,  che in materia di personale gli Enti locali sono tenuti ad adeguare la propria normativa statutaria e regolamentare ai principi contenuti nel Tu. sul pubblico impiego.

Assumono particolare rilievo le norme contenute negli artt. 19 e 28 del Dlgs. n. 165/01, che stabiliscono che il possesso della laurea deve considerarsi requisito culturale richiesto obbligatoriamente per l’accesso alla dirigenza anche presso le Amministrazioni locali.

Anche la Corte dei Conti, sez. contr. della Lombardia ha di recente ribadito la necessaria compresenza del titolo di laurea e dell’esperienza lavorativa, considerando i titoli richiesti per attribuire incarichi dirigenziali a tempo determinato uguali a quelli previsti per l’accesso alla dirigenza mediante concorso, per il quale l’art. 28 del Dlgs. n. 165/01 richiede espressamente la laurea (C. Conti, Sez. controllo Lombardia, par. n. 20/06).

La chiarezza del citato contesto normativo è stata resa ancor più evidente dall’entrata in vigore del

Dlgs. n. 150/09, il quale, novellando l’art. 19 Dlgs. n. 165/01, ha tolto ogni dubbio sul tema con l’espressa previsione dell’estensione anche agli Enti Locali della disciplina degli incarichi a contratto prevista, in precedenza, solo per le Amministrazioni centrali.

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 324/10, confermando la legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 6-ter citato, ha precisato che il tema degli incarichi dirigenziali conferiti a soggetti esterni all’Amministrazione attiene alla materia dell’ordinamento civile [ex art. 117, comma 2, lettera l), Cost.] di esclusiva competenza statale, poiché tale conferimento si realizza mediante la stipulazione di un contratto di lavoro di diritto privato.

Pertanto, l’art. 19, comma 6, Dlgs. n. 165/01 contiene una disciplina che non riguarda procedure concorsuali, né le modalità di costituzione del rapporto, ma attiene ai requisiti soggettivi che devono essere posseduti dal contraente privato.

La recente giurisprudenza contabile oltre a convergere sull’affermazione del principio dell’imprescindibilità del possesso della laurea per ricoprire incarichi apicali conferiti a soggetti esterni, ha ribadito anche la necessità del requisito dell’esperienza lavorativa (C. Conti, sez. controllo Veneto, par. n. 275/10;  sez. controllo Lombardia, par. n. 1001/09)

Il conferimento degli incarichi dirigenziali, pertanto, non può prescindere da una valutazione del “curriculum vitae” del soggetto.

Secondo la Corte dei Conti della Toscana anche la figura del direttore generale prevista dall’art. 108 Tuel, pur essendo investita di compiti e funzioni che valgono a conferirgli una posizione differenziata e atipica rispetto a quella degli altri dirigenti, deve essere collocata all’interno della dirigenza dell’Ente (Cons. Stato, sez. V, sent. n. 5216/02; Cass. Civile, Ord. n. 13538/06).

Si tratta di una figura che, pur con le peculiarità strettamente collegate alla sua tipologia, caratterizzata dall’ eventualità e temporaneità dell’incarico appare coerente con i principi generali in materia di conferimento di incarichi dirigenziali presso le P.A..

L’art. 108 Tuel rappresenta una norma speciale che contiene la previsione della possibilità di nomina da parte del sindaco nei Comuni con più di 100.000 abitanti (Legge n. 191/2009) il cd. city manager al di fuori della dotazione organica con contratto a tempo determinato, cui applicano le disposizioni generali in materia di dirigenza pubblica e, in particolare, dei requisiti richiesti per l’accesso.

Pertanto, nel caso di specie del Comune toscano l’incarico di direttore generale conferito risulta illegittimo.

Secondo i giudici contabili, l’incarico di city manager conferito ad un soggetto privo della laurea costituisce una scelta dannosa per l’Ente, perché il trattamento erogato allo stesso deve intendersi come spesa inutile.

La condotta del sindaco e della giunta, rientra nella particolare tipologia di “danno che la giurisprudenza consolidata ha definito come danno da attività resa in mancanza del prescritto titolo di studio”, che nella specie si è manifestata nella lesione del rapporto contrattuale, considerato l’oggettivo squilibrio tra emolumenti erogati e minore capacità tecnico-professionale messa a disposizione dell’Ente, rispetto a quella inderogabilmente richiesta dalla legge.

Peraltro, anche con riferimento alla suddetta tipologia di danno deve tenersi conto della possibilità di valutare l’utilità ricavata dalla prestazione resa (C.Conti, sez. giurisdizionale Lombardia, sent. n. 627/10; C.Conti, Sez. giurisdizionale Sardegna, sent. n. 1246/09; C.Conti, sez. giurisdizionale Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, sent. n. 2/08; C.Conti sez. giurisdizionale Basilicata, sent. n. 14/05).

Sotto tale profilo, occorre distinguere tra le attività lavorative che, per la loro genericità e fungibilità, anche in assenza del titolo di studio richiesto, possono essere valutate in ordine all’utilità della prestazione e quelle in cui il possesso dei requisiti culturali e professionali si pone come necessaria premessa per effettuare tale valutazione.

Secondo la Corte dei Conti non vi è dubbio che le funzioni di city manager, richiedano per il loro utile svolgimento il possesso del necessario requisito della laurea, dato il particolare rilievo degli interessi pubblici coinvolti e che si tratta di un incarico di alta professionalità ed elevato livello culturale (dal 2010 ammissibile solo in Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti che necessitano di una figura apicale che faccia da raccordo con i vari dirigenti).

Pertanto, nel caso di specie, non può trovare applicazione il noto principio della compensatio lucri cum damno (art. 1, comma 1-bis, Legge n. 20/94), poiché nessun vantaggio può essere tratto dallo svolgimento di funzioni di alta dirigenza assegnate ad un soggetto privo della laurea e di adeguata professionalità.

I giudici contabili, inoltre, hanno precisato che il caso di specie è completamente diverso rispetto a quello richiamato dalla difesa, in quanto quest’ultimo era relativo a un’ ipotesi residuale ed eccezionale che aveva escluso la sussistenza del danno erariale, a fronte della nomina dirigenziale di un soggetto che, sebbene non munito del titolo universitario, aveva dimostrato di possedere un’altissima professionalità ed esperienza nel settore di pertinenza, desumibile da un curriculum professionale che indicava un’ esperienza dirigenziale ventennale (C. Conti, sez. giur. Friuli Venezia Giulia, sentenza. n. 127/09).

Tale situazione, infatti, non è assimilabile al caso in esame, non essendo riscontrabile nel curriculum del soggetto nominato alcun elemento di particolare eccezionalità, non avendo lo stesso mai svolto funzioni dirigenziali in ambito pubblico o privato, ma avendo solo ricoperto per due mandati l’incarico di sindaco, esperienza che non può rilevare nell’ambito del pubblico impiego.

Alla luce della ricostruzione effettuata, la Corte, considerata la chiarezza del quadro normativo in materia, ha ritenuto responsabili il Sindaco e la Giunta in relazione del ruolo ricoperto ai fini dell’adozione della delibera di nomina del direttore generale.

Tale condotta è stata giudicata come gravemente negligente poiché, dato il ruolo ricoperto, si doveva esigere la conoscenza della normativa in materia.

La Corte dei Conti ha condannato il sindaco e la giunta a risarcire il danno provocato all’Ente nella misura di quanto versato a titolo di retribuzione al direttore generale, in ragione della nomina di un soggetto privo del necessario requisito della laurea.

Anche la Corte dei Conti, sez. contr. della Lombardia, nel parere n. 504/11, in merito a una richiesta formulata da un sindaco relativamente alla possibilità di conferire incarichi dirigenziali a tempo determinato ha chiarito i limiti attuali di vigenza e di applicabilità dell’art. 110 del Tuel, in relazione alla novellata previsione contenuta nel citato art. 19, comma 6 del Dlgs. n. 165/01.

I magistrati contabili hanno confermato l’interpretazione fornita dalle S.R. della Corte, che avevano precisato che l’art. 110 del Tuel e la disciplina dell’art. 19 comma 6 del Dlgs. n. 165/01 consentono l’accesso alla dirigenza a soggetti particolarmente qualificati in possesso di alcuni requisiti di specifica preparazione ed esperienza professionale, quali:

a)   aver svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche e private, con  esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali;

b)   aver conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e/o scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post – universitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete e qualificate esperienze di lavoro;

c)    provenienza dal settore della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato (Deliberazioni n. 12, 13 e 14 del 2011).

Tali previsioni normative,  non sono sostitutive del requisito della laurea, ma aggiuntive, nel senso che occorre sia il diploma di laurea sia la competenza prevista dall’art. 19, comma 6, per poter ottenere un incarico dirigenziale.

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