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Società: non può essere qualificata “in house” la holding che controlla società miste pubblico-private


Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, parere AS862 del 22 luglio 2011
di Federica Caponi e Calogero Di Liberto

La holding che controlla società miste pubblico-private non può essere qualificata come società “in house”.

L’Antitrust ha risposto alla richiesta di parere inviata da un’Ato in merito alla legittimità dell’affidamento diretto del servizio idrico alla propria società in house, capogruppo, che controlla società miste.

Nel caso in esame, l’Ato si è avvalsa per la gestione del servizio idrico di una Spa interamente pubblica, capogruppo che controlla due partecipate miste, i cui soci privati erano stati individuati con procedure a evidenza pubblica.

Secondo l’Autorità, nel caso di specie la gestione del servizio risulta affidata non soltanto all’in house capogruppo, ma all’insieme delle società riconducibili al “gruppo”.

Per tale ragione il modello di affidamento adottato non è compatibile con quello dell’in house providing, ma con quello dell’affidamento di servizi pubblici locali a società a partecipazione mista pubblica-privata.

L’Antitrust ha ricordato che la legittimità di tale modello di gestione, misto pubblico-privato, è stato regolamentato dalla Commissione Europea, che ha previsto la necessità che il socio privato sia individuato con una procedura di gara così detta “a doppio oggetto”.

La giurisprudenza comunitaria ha definito un sistema di criteri che devono essere rispettati nelle procedure di gara per la scelta del socio e per il contestuale affidamento del servizio.

L’Autorità ha sollevato dubbi in merito alla compatibilità del sistema gestionale attuato dall’Ato, in quanto l’affidamento diretto del servizio idrico è disposto nel 2005 sulla base di due procedure per la selezione dei soci privati delle società controllate dalla Spa capogruppo nel 1998 e nel 2000, lamentando la mancanza del nesso temporale della contestualità tra l’affidamento e le due procedure.

Questo divario temporale potrebbe, a parere dell’Antitrust, sollevare dubbi in merito al rispetto del principio di libera concorrenza “poiché, di fatto, è stata preclusa la possibilità di partecipare alla gestione del servizio a soggetti che al momento dell’affidamento potevano essere interessati a partecipare”.

L’Autorità ha espresso le proprie perplessità anche in ordine alla durata dell’affidamento, quasi 20 anni, che risulta ancora più sproporzionata se valutata in relazione alla data di selezione dei soci privati.

L’ampiezza della durata dell’affidamento potrebbe ritenersi in contrasto con la logica delle partnership pubblico-private che, secondo le intenzioni del Legislatore, attiene alla necessità di valutare, alla scadenza della concessione, la possibilità di adire nuove procedure ad evidenza pubblica per l’aggiudicazione del servizio o per l’individuazione del socio privato.

Infine, l’Antitrust ha chiarito che la configurazione di società “in house” non è attribuibile alla capogruppo, interamente pubblica, che controlli società miste.

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