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Società: i limiti previsti dall’art. 13 del Decreto Bersani si applicano alle società partecipate di terzo livello se affidatarie di servizi strumentali


Consiglio di Stato Adunanza Plenaria, sentenza n. 17/11
di Calogero Di Liberto

Il divieto dell’art. 13 del Decreto Bersani non si applica sulle società partecipate di terzo livello, qualora né queste, né le loro controllanti svolgano attività strumentali per l’Amministrazione da cui sono partecipate.

Questo è quanto ha stabilito il Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria con la sentenza in commento, con la quale ha confermato la sentenza del Tar con cui era stata dichiarata l’illegittimità dell’esclusione di una società da una gara di appalto per l’affidamento di un servizio a rilevanza economica.

Nel caso di specie, un Comune aveva bandito una gara di appalto per l’affidamento del servizio di manutenzione, riqualificazione impiantistica degli impianti termico-elettrici dell’Amministrazione comunale.

Dalla gara era stata esclusa una società a capitale misto pubblico-privato ai sensi dell’art. 13, Dl. n. 223/06 (Decreto Bersani) e la gara era stata aggiudicata ad un’altra società.

La società esclusa aveva impugnato innanzi al Tar tale decisione, lamentando la non applicazione nei suoi confronti della norma del Decreto Bersani in quanto partecipata di terzo livello (controllata da una società mista pubblico-privata) (non partecipata direttamente da un Ente pubblico).

Il Tar, richiamando a sostegno della propria decisione la giurisprudenza amministrativa, aveva accolto il ricorso e aveva dichiarato l’illegittimità dell’esclusione.

La sentenza del Tar è stata impugnata dal Comune che aveva bandito la gara e dalla società che se l’era aggiudicata. Gli appellanti lamentavano erronea applicazione dell’art. 13 del Decreto Bersani.

Essi ritenevano che in virtù della sentenza di primo grado la società controllante potesse fruire di una elevato vantaggio competitivo, potendo contemporaneamente giovarsi di affidamenti diretti da parte dei propri soci e di affidamenti indiretti per mezzo della propria partecipata anche in deroga ai vincoli territoriali posti dal Decreto sopra citato. Inoltre le appellanti lamentavano il fatto che una interpretazione letterale dell’art. 13 del Decreto Bersani avrebbe comportato, di fatto, la sottrazione ai vincoli da essa imposti, di tutte le società strumentali indirettamente partecipate da Enti locali. Le appellanti richiamavano a sostegno delle eccezioni presentate altra giurisprudenza amministrativa.

Il Consiglio di Stato rilevato il contrasto giurisprudenziale aveva deciso di rimandare il giudizio all’Adunanza Plenaria (ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo).

Il Tar nel giudizio di primo grado, dapprima aveva ricondotto le censure mosse dalla ricorrente a due diversi profili di giudizio.

Con il primo profilo aveva ritenuto di dover stabilire se il divieto contenuto nell’art. 13 del Decreto Bersani, volto a tutelare i principi di concorrenza, di trasparenza e di libertà di iniziativa economica, fosse estendibile ad una impresa partecipata da un’altra impresa, a sua volta controllata da un Ente pubblico (partecipazione di terzo grado).

Con il secondo profilo aveva ritenuto di dover stabilire se l’art. 13 del Decreto Bersani fosse applicabile nel caso in cui una società a partecipazione mista pubblico-privata, con oggetto sociale non esclusivo, che intende operare in favore di enti locali per mezzo di società controllate, possa partecipare a procedure di gara finalizzate all’affidamento degli stessi servizi per i quali è già affidataria in via diretta da parte dei propri soci pubblici.

La Corte aveva esplicitato come il legislatore con la norma contestata nel caso in esame volesse evitare che un soggetto, il quale svolge attività amministrativa, possa esercitare al contempo anche attività d’impresa.

Secondo il giudizio della Corte non è vietato per gli Enti locali l’esercizio della libertà economica ma è loro imposto di esercitarlo in maniera distinta dalle proprie funzioni amministrative, evitando effetti distorsivi sulla concorrenza.

A questa logica risponde anche il divieto imposto alle società strumentali di detenere partecipazioni in altre società o enti, essendo volto ad evitare che esse possano svolgere indirettamente, attraverso proprie partecipazioni o articolazioni, le attività loro precluse. Infatti l’art. 13 del Decreto Bersani vieta in capo alle società strumentali la detenzione di partecipazioni in società operanti in settori ad esse preclusi.

Quindi il divieto di fornire prestazioni a enti terzi, riguarda le società strumentali e non le società destinate a gestire servizi pubblici locali che esercitano attività d’impresa.

In seguito al giudizio con cui il Tar aveva ritenuto illegittima l’esclusione dalla gara, il Comune e la società aggiudicataria avevano ricorso in Appello al Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato rilevato nel ricucire il contrasto giurisprudenziale ne ha presentato una ricostruzione.

Ha ricordato come secondo gran parte della giurisprudenza il divieto di cui al Decreto Bersani sia applicabile solo sulle società strumentali, essendo queste società operanti per le P.A. e non per il pubblico, mentre la stessa norma non è applicabile alle società a partecipazione pubblica che operano per il mercato in regime di concorrenza(CdS n. 4346/09; CdS n. 3766/09; CdS n. 1282/10, CdS n. 8069/10; CdS n. 77/11; CdS n. 8069)

Inoltre ha evidenziato come, secondo alcune interpretazioni più restrittive (CdS n. 417/10; CdS n. 4829/08), il divieto di cui all’art. 13 si dovrebbe applicare anche sulle società di terzo grado (società controllate da altra società a partecipazione pubblica) e che il divieto dovrebbe applicarsi, più in generale, a tutti i soggetti titolari di affidamenti diretti.

Da ultimo ha richiamato alcune sentenze secondo le quali le preclusioni operanti per le società strumentali si devono estendere anche alle società da esse costituite, a prescindere dal fattto che queste ultime svolgano o meno attività strumentali (CdS n. 1037/10 e CdS n. 8069/10).

Nel proprio giudizio, l’Adunanza ha ritenuto che la società esclusa dalla gara non ha un oggetto esclusivo né è affidataria diretta di servizi, pertanto è una società operante sul mercato secondo le regole della libera concorrenza. E neppure la circostanza che la sua società controllante abbia ricevuto affidamenti diretti di servizi da parte dei suoi soci pubblici potrebbe determinare conclusioni diverse.

Quindi da questo consegue che anche la società controllata, esclusa dalla gara, non è assoggettata ai limiti previsti dalla medesima norma per le società strumentali.

Pertanto l’Adunanza, condividendo l’interpretazione data dal Tar, ha ritenuto che il divieto di cui all’art. 13 del Decreto Bersani non fosse applicabile, nel caso in esame, in capo alla società esclusa dalla gara.

Con il secondo profilo di giudizio, relativo alla censura mossa in sede d’appello dalla società aggiudicataria della gara, riguardante la possibilità che il divieto di cui all’art. 13 sia estendibile anche ad imprese di terzo livello (o di terzo grado) “intendendosi per tali quelle società caratterizzate da forme di partecipazione indiretta o mediata, che non sono state costituite da amministrazioni pubbliche e non sono finalizzate a soddisfare esigenze strumentali delle medesime”.

L’adunanza, ricordando che il presupposto per l’eventuale applicazione della norma nei confronti di queste società di terzo livello è che esse svolgano servizi strumentali in favore dell’Ente locale che da cui sono partecipate,  ha espresso un importante principio secondo cui  “sono applicabili alle società controllate da società strumentali e costituite con capitale di queste gli stessi limiti che valgono per le società controllanti, ove si tratti di attività inerenti a settori precluse a queste ultime”.

Pertanto i vincoli di cui all’art. 13 del Decreto Bersani sono applicabili alle società strumentali di terzo livello qualora si volessero affidare a loro attività per le quali è precluso l’accesso alle loro controllate. Del resto, come ha richiamato dall’Adunanza, “l’utilizzazione di capitali di una società strumentale al fine di partecipare, per mezzo di una società di terzo livello, a gare ad evidenza pubblica si configurerebbe come un’elusione del divieto di svolgere attività diverse da quelle consentite a soggetti che godono di una posizione di mercato avvantaggiata” (CdS n. 1037/10).

Pertanto l’Adunanza, condividendo l’interpretazione data dal Tar, ha ritenuto che il divieto di cui all’art. 13 del Decreto Bersani non fosse applicabile, nel caso in esame, in capo alla società esclusa dalla gara.

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