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Governance dell’Ente sulle proprie partecipate: vari modelli organizzativi


di Davide Di Russo*

L’articolo illustra i vari modelli organizzativi da adottare all’interno dell’Ente locale per attuare l’attività di controllo e monitoraggio sui propri “Organismi partecipati”

I          Modelli organizzativi[1].

1.1 Outsourcing: possibili modelli organizzativi

L’Ente locale che decida di esternalizzare (ossia di affidare a terzi) la gestione di un servizio pubblico assume la configurazione di coordinatore dell’attività di soggetti formalmente autonomi ma sostanzialmente legati all’Ente stesso.

Tale ruolo impone all’Ente di dotarsi di modalità organizzative e di strumenti operativi funzionali all’azione di monitoraggio e controllo concentrando l’attenzione verso il perseguimento di elevati standard qualitativi dei servizi alla collettività.

I modelli organizzativi che l’Ente locale può adottare per svolgere le funzioni di indirizzo e controllo dei servizi esternalizzati sono sostanzialmente riconducibili a tre categorie: il modello tradizionale, quello dipartimentale e quello della holding.

Modello tradizionale

E’ il modello che risponde ad una logica oggi superata alla luce del nuovo ruolo di coordinatore dell’Ente locale: gli organi politici si avvalgono del supporto di strutture con specifica competenza e già esistenti all’interno dell’Ente locale nelle diverse aree di attività in cui opera ogni azienda controllata; si tratta in genere dei settori/unità organizzative interni all’Ente, opportunamente riqualificati, nell’ambito dei quali il servizio era gestito prima dell’esternalizzazione.

Non di rado, gli Enti locali che adottano la soluzione tradizionale conservano l’unità preesistente e di governo o presidio delle ex municipalizzate, che ha curato gli aspetti procedurali relativi alla trasformazione in aziende speciali e in seguito in Società per azioni.

Il modello tradizionale è preferibile qualora l’Ente intenda concedere ampia autonomia alle aziende rispetto agli organi politici, ma comporta difficoltà di coordinamento, dovute all’interposizione di livelli decisionali (i settori) tra la direzione politico strategica dell’Ente e quella delle aziende del gruppo.

L’unità controllo di gestione ha quindi difficoltà a ricavare dati utili e significativi per l’esercizio della propria funzione, o li ricava ricorrendo alle diverse unità operative competenti oppure alle stesse società partecipate.

Il modello tradizionale conserva in capo all’Ente le funzioni di controllo formale dei documenti di bilancio e determina una divisione tra controllo politico-istituzionale e controllo formale/operativo, con il rischio di pregiudicare l’unitarietà di visione su aspetti contrattuali e istituzionali e di creare cortocircuiti nei flussi informativi.

Generalmente l’unità interna alla direzione finanziaria cura gli aspetti di natura propriamente contabili legati agli atti specificamente riferiti alle società partecipate, o segue gli aspetti legati alla funzione di proprietà.

Le competenze decisionali sono invece ascrivibili all’assessore competete (di fatto i rapporti con le società controllate sono intrattenuti da pochi assessori che tuttavia instaurano una relazione con il vertice dell’impresa in forza del mandato “politico” assegnato al management).

Modello dipartimentale

Tale modello prevede che l’Ente istituisca al proprio interno una Unità di controllo delle partecipazioni (generalmente formata da assessore delegato, segretario/direttore generale, responsabile del servizio economico-finanziario, responsabile unità partecipazioni, professionista esperto in materie economiche aziendali), ossia una unità organizzativa unica e specialistica preposta a creare e mantenere un collegamento stabile tra l’Ente e le aziende che gestiscono i servizi esternalizzati.

L’Unità svolge un ruolo di supporto per gli organi politici nella definizione degli obiettivi strategici dei servizi pubblici esternalizzati e, al tempo stesso, funge da riferimento costante per le aziende in fase di implementazione degli obiettivi individuati dall’Ente locale; ad essa, inoltre, compete la gestione delle fasi di esternalizzazione dei servizi e l’elaborazione del contratto di servizio, che in seguito gestisce; nonché la progettazione e attivazione del sistema di controllo dei servizi esternalizzati, per assicurare l’analisi di benchmarking anche collaborando con i gestori dei servizi (analisi di customer satisfaction, gestione dei reclami, valutazione della qualità, ecc.).

L’Unità, inoltre, è chiamata all’analisi dei reports economico finanziari, al monitoraggio del valore della partecipazione, alla raccolta di informazioni sulle vicende societarie, alla valutazione della strategia della partecipazione, alla verifica del rispetto dei contratti di servizio e delle carte di servizio, nonché del codice di autodisciplina, alla produzione di resoconti da inoltrare alla Giunta.

Tale soluzione ha il vantaggio di configurare un unico referente tecnico rispetto ai flussi informativi tra Ente e società (anche se non devono mancare i flussi con le altre unità organizzative interne all’Ente); ma, nella pratica, gli amministratori delle società partecipate riconoscono soltanto un riferimento “politico” nell’organo dell’amministrazione dell’Ente con il quale si relazionano limitatamente alla visione politica della gestione aziendale e non anche in riferimento alla visione tecnico-economica delle società, sicché l’Unità operativa finisce per rimanere un referente per la mera trasmissione di dati.

Modello holding.

In tale modello, la gestione delle partecipazioni dell’Ente locale, delle relazioni istituzionali e di indirizzo sono affidate ad una società esterna, di cui l’Ente è azionista unico.

Si tratta di una holding di natura finanziaria che partecipa e governa tutte le società partecipate dall’Ente.

Tale organismo è specializzato nel coadiuvare gli organi politici nella definizione degli obiettivi strategici riguardanti le società controllate, e, in prospettiva, nel fornire servizi trasversali e specialistici a favore di tutte le società del gruppo (ad es.:finanziamenti, gestione delle reti tecnologiche, formazione del personale, ricerca e sviluppo).

Tale modello presenta il vantaggio della elevata specializzazione nella gestione dei rapporti societari, istituzionali e delle funzioni di controllo dell’Ente.

Infatti, l’Ente locale, attraverso il governo di un’unica società, esercita il coordinamento dell’intero gruppo pubblico, così favorendo la creazione di sinergie, di economie di scala e di comunicazione, e una gestione di gruppo sia sotto gli aspetti organizzativi sia in termini di consolidato fiscale.

Il modello è però difficilmente praticabile allorché i soggetti gestori di servizi pubblici siano partecipati da numerosi Comuni, appartenenti ad un’area vasta, con piccole quote di partecipazione.

In tal caso, la soluzione della holding si presta ad essere adottata dall’Ente di maggiori dimensioni mentre gli Enti minori avrebbero convenienza a optare tra il modello tradizionale .

In ogni caso, il ricorso alla società holding comporta oneri non trascurabili (si pensi al costo per compensi dei componenti degli organo societari), che si giustificano solo in presenza di un numero consistente di società partecipate, con riferimento alla complessità della relativa gestione.

Per altro verso, il modello holding può assicurare vantaggi di natura fiscale.

La costituzione di una società holding consente la tassazione di gruppo (consolidato fiscale), usufruendo dell’opportunità consentita dalla vigente normativa fiscale introdotta dalla riforma Ires (artt. 117 e segg. DPR. 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal Dlgs. 12 dicembre 2003 n. 344): vi è un’unica base imponibile ottenuta quale somma algebrica dei redditi e delle perdite di tutte le società controllate appartenenti al gruppo.

Senza lo strumento della holding le controllate in utile sarebbero oggetto di tassazione autonoma e l’Ente locale non potrebbe scorporare le perdite sofferte dalle altre società controllate (è il caso ad esempio delle c.d. società degli Asset che strutturalmente chiudono bilanci in perdita a seguito degli ammortamenti operati sugli elevati valori dei beni patrimoniali iscritti all’attivo).

Quanto all’Imposta sul valore aggiunto, in relazione all’attività di direzione e coordinamento, l’art. 4 comma 5 del DPR n. 633/1973 consente la detrazione dell’IVA pagata (a differenza di quanto avviene in relazione all’attività di mero godimento).

Strumenti per il controllo

La responsabilità gestionale del servizio in outsourcing grava, a rigore, su amministratori e dirigenti delle organizzazioni esterne coinvolte.

Esistono, tuttavia, responsabilità giuridiche e politiche che permangono in capo all’Ente locale.

Se la società affidataria è controllata (in quanto l’Ente è azionista di maggioranza oppure di riferimento) o partecipata (perché l’Ente è azionista di minoranza qualificato) l’Ente locale ha sia il dovere/potere di verificare la corretta gestione della società, sia il diritto di intervenire in sede assembleare per adottare e/o proporre i provvedimenti ritenuti opportuni.

Se la società non è partecipata in alcun modo dall’Ente locale, ma è concessionaria di un pubblico servizio a suo nome, l’Ente rimane garante verso l’utenza sia della continuità del servizio sia delle modalità e dei costi stabiliti in sede di concessione.

Dunque, l’Ente locale (e, quindi, i relativi amministratori), che ricorre ad una “controllata” per la gestione di un servizio, ne conserva la titolarità e, se non esercita la dovuta azione di controllo, rischia di incorrere in sanzioni di carattere civile e/o penale e, sul piano politico, nella compromissione della propria immagine.

L’Ente locale, insomma, non può prescindere da una continua e permeante azione di controllo, che potrà essere esercitata dalla società holding o dall’Unità di controllo delle partecipazioni, a seconda del modello adottato; o, ancora, limitatamente a taluni aspetti, dalle “Agenzie di controllo della qualità dei servizi locali”, introdotte in alcune grandi città come Torino, Roma, Catania e Grosseto (organi comunali che svolgono attività di supporto tecnico-conoscitivo a favore dell’amministrazione comunale sui livelli di efficienza ed efficacia dei servizi pubblici locali, e che forniscono, al contempo una consulenza specialistica per la redazione dei contratti di servizio).

Il controllo societario

Il controllo può essere realizzato attraverso clausole statutarie che:

–  escludano l’esistenza di un amministratore unico;

–  riservino all’Ente la nomina di almeno un amministratore nelle rispettive società partecipate, nel rispetto delle disposizioni legislative vigenti;

–  attribuiscano in via esclusiva i poteri di straordinaria amministrazione al consiglio di amministrazione;

–  prevedano limiti massimi di spesa o di impegno della società nei confronti di terzi per ciascun amministratore cui sono attribuite deleghe;

–  attribuiscano, nelle società con partecipazione dello Stato o di Enti Pubblici, la nomina e la revoca di uno o più amministratori e sindaci all’Ente socio (in applicazione dell’art. 2449 del c.c.);

–  prevedano in ciascun consiglio di amministrazione almeno un amministratore indipendente con delega al controllo interno;

–  rechino indicazioni specifiche volte a disciplinare la nomina degli amministratori;

–  prevedano la convocazione dell’assemblea per l’approvazione di un programma di attività/budget, al fine di consentire di verificare l’attività della partecipata e alimentare il successivo processo di controllo.

E’ poi opportuna che ciascuna società partecipata adotti un codice di autodisciplina e che, in fase di costituzione, venga predisposto un piano industriale; inoltre, qualora l’Ente non detenga la maggioranza del capitale, è utile la formalizzazione di un patto di sindacato con i soci di minoranza, per la definizione delle nomine degli amministratori.

Il controllo dell’efficienza.

L’azienda che opera con efficienza (conseguendo, cioè, il miglior risultato possibile a parità di fattori impiegati, attraverso l’ottimale combinazione dei fattori produttivi e la piena utilizzazione di mezzi e impianti) evita lo spreco di risorse, nell’interesse dei cittadini.

Il controllo di efficienza esercitato dall’Ente locale sugli organismi gestori del servizio in outsourcing è, quindi, finalizzato a tutelare l’utenza.

Gli elementi funzionali al controllo sono, in primo luogo, quelli ricavabili dal bilancio di esercizio; i quali, però, devono essere integrati dai dati extracontabili (consistenza del servizio, frequenze, risorse umane dedicate, ecc.), utili a fornire indicatori di efficienza ed efficacia in grado di produrre informazioni tempestive, chiare e attendibili.

Il controllo investe, inoltre:

–  la valutazione del fabbisogno finanziario a livello di gruppo e in capo all’Ente, in relazione alle necessità di investimenti e sviluppo delle società;

–  l’attuazione di politiche di gestione di liquidità a livello di gruppo e in ottica unitaria (cash pooling);

–  la verifica della congruità delle tariffe in relazione agli obiettivi sociali dell’Ente, ai costi sostenuti per la produzione ed erogazione dei servizi;

–  la verifica della regolarità contabile e amministrativa degli atti che l’Ente pone in essere in qualità di committente dei servizi e di socio (contratti di fornitura, liquidazione fatture, anticipazione di debiti e crediti con le consociate, erogazione di contributi e canoni etc.).

Il controllo di efficienza deve rappresentare un momento integrato del processo di programmazione e controllo, deve cioè partire da una definizione di obiettivi a preventivo, e deve essere supportato da un processo di misurazione e rilevazione che approda alla valutazione.

L’Ente locale dovrebbe quindi dotarsi di un sistema di reporting, per evidenziare mensilmente i risultati raggiunti (qualità dei servizi, costi, ricavi, margini, investimenti) a livello di prodotto e di centro di responsabilità e per elaborare durante l’esercizio le analisi dei consuntivi infrannuali e la valutazione degli scostamenti rispetto al budget, nonché per la definizione degli interventi correttivi.

Il controllo sull’efficacia.

Il controllo sull’efficacia è la dimensione su cui si struttura il sistema di programmazione e controllo in senso stretto ed investe le funzioni che spettano all’Ente quale committente.

Gli strumenti a supporto del controllo sono insiti nel disegno del sistema di programmazione e controllo e sono integrati da reports quantitativi e qualitativi di sintesi relativi a:

–  aspetti di natura contrattuale (contratti di servizio che definiscono in modo puntuale livelli standard, quantità, qualità; corretta applicazione delle tariffe; redazione e validazione delle carte di servizi);

–  verifica dei rapporti finanziari e dei flussi di risorse da e verso le società;

–  controllo sul rispetto delle clausole previste nei sistemi di controllo e dei flussi informativi;

–  customer satisfaction: analisi della soddisfazione del bisogno e rispondenza al modello scelto per l’erogazione del servizio.

Le forme e gli strumenti per l’esercizio delle funzioni di indirizzo e controllo da parte dell’Ente devono essere previsti e disciplinati dal contratto di servizio; dal quale, quindi, emerge il tipo di controllo che l’Ente locale intende esercitare sulla gestione, le modalità di verifica dei risultati, gli obiettivi e la durata della gestione, i costi dei singoli servizi e i livelli di qualità a cui è tenuto l’affidatario.

La Legge 28 dicembre 2001, n. 448, all’art. 35, comma 1 si limita a disporre che i contratti, allegati ai capitolati in caso di affidamento concorsuale, devono individuare i livelli dei servizi che la società affidataria è tenuta a garantire e i relativi strumenti di verifica dell’Ente locale.

Ciò consente all’Ente la più ampia autonomia nella definizione delle modalità di controllo e di regolazione delle attività di servizio pubblico per rispondere alle esigenze della collettività amministrata.

I contratti di servizio devono prevedere modalità aperte di determinazione evolutiva dell’erogazione del servizio e, quindi, dei livelli dei prezzi e degli standard di qualità.

A tal fine è necessario che il contratto di servizio preveda anche la possibilità per l’Ente di accedere alle informazioni gestionali grazie alle quali formulare valutazioni tecniche in ordine ai livelli dei prezzi e degli standard di qualità compatibili con le esigenze che emergono nel tempo.

L’Ente locale deve chiarire le condizioni che il gestore è tenuto ad assicurare per garantire equità e qualità del servizio, ma non deve disciplinare gli aspetti organizzativi interni.

Al contratto di servizio si affianca la Carta dei Servizi, che è il documento nel quale ogni ente erogatore di servizi assume gli impegni nei confronti della propria utenza.

Nella Carta dei Servizi l’Ente dichiara i servizi che intende erogare, le relative modalità e standard di qualità.

Il punto di partenza per la Carta dei Servizi è la Direttiva del Pres. Cons. 27 gennaio 1994, che introduce l’adozione di standard di qualità del servizio, il dovere della valutazione della qualità dei servizi, il rimborso agli utenti nei casi in cui sia dimostrato che il servizio reso è inferiore per qualità e tempestività agli standard pubblicati.

La Carta dei Servizi stabilisce un patto fra soggetto erogatore del servizio pubblico e utente basato sulla definizione di standard di qualità ragionevoli e rilevanti per l’utente, sulla verifica del rispetto degli standard e sulla ricerca del miglioramento della qualità e della tutela degli utenti.

Poiché gli standard che si vogliono assicurare nel lungo periodo difficilmente possono essere definiti nella fase della gara per l’affidamento del servizio e, quindi, nel contratto di servizio, la Carta dovrebbe presentare un carattere dinamico ed evolvere nel tempo in base al cambiamento dei bisogni e delle aspettative dei cittadini/utenti.

Tale evoluzione dovrebbe derivare da una negoziazione tra Ente locale e soggetti gestori, i quali, nell’elaborare i contenuti della Carta del servizio, dovrebbero definire congiuntamente anche gli standard del servizio.

La Carta del servizio costituisce quindi uno strumento importante per la gestione dinamica e innovativa, da parte dell’Ente, della funzione di indirizzo e controllo dei servizi esternalizzati, ciò in quanto prevede che siano stabilite le misure per garantire efficacia ed efficienza del servizio pubblico, le procedure per la gestione dei reclami, le modalità di realizzazione delle indagini di customer satisfaction, le modalità di assicurazione della qualità, attraverso la determinazione di standard, livelli qualitativi e quantitativi di erogazione del servizio.

Attraverso l’applicazione della Carta del servizio l’Ente locale si dota, quindi, di uno strumento ulteriore e più efficace di controllo e presidio del servizio, anche se esternalizzato.

Un ulteriore strumento di controllo è rappresentato dalle indagini di customer satisfacion, che dovrebbero essere attivate dall’Ente locale, nel ruolo di garante, d’intesa con il soggetto gestore, in modo da monitorare se il servizio risponde al bisogno espresso dall’utenza e, quindi, avviare azioni di miglioramento, nei casi di criticità.

Il controllo del valore delle partecipazioni

Gli Enti locali devono monitorare costantemente il valore delle partecipazioni possedute in modo da conoscere sempre lo “stato di salute” del gruppo, anche al fine di compiere scelte di investimento o disinvestimento.

La rappresentazione globale quanto più veritiera e trasparente dell’andamento economico finanziario e della situazione patrimoniale del gruppo controllato dall’Ente locale non può prescindere dal bilancio consolidato.

L’osservatorio per la finanza locale e la contabilità ha redatto il principio contabile n. 4, dedicato interamente alla redazione del bilancio consolidato negli Enti locali e che evidenzia la competenza dell’organo consiliare dell’Ente, chiamato a deliberare in concomitanza con l’approvazione del rendiconto della gestione.

Quanto all’ambito di applicazione, il bilancio consolidato deve includere tutti gli organismi controllati dell’Ente locale, indipendentemente dalla forma giuridica (quindi non solo le società di capitali, ma anche le aziende speciali, istituzioni, consorzi e gli altri organismi di cui si detenga il controllo).


[1] Il presente paragrafo costituisce rielaborazione di Di Russo, Il modello organizzativo ed integrato per la governance, in Di Russo – Falduto (a cura di), Governo, controllo e valutazione delle società partecipate dagli Enti locali, Torino 2009.

* Commercialista e Revisore dei Conti in Torino, Presidente Commissione “Governance delle Partecipate” – CNDCEC

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