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Diritto d’accesso: può essere negato solo se lede la sicurezza e la difesa nazionale


Tar Lazio, Sez.II, Sentenza n. 1653/10
di Dionisia Foscarini

L’accesso agli atti è un diritto generalmente riconosciuto a tutti i soggetti, cui fanno eccezione soltanto specifiche ipotesi previste dalla Legge.

Tale diritto può essere negato, in particolare, qualora la divulgazione possa provocare una lesione alla sicurezza e alla difesa nazionale (art. 24, Legge n. 241/90).

E’ quanto ha affermato il Tar, con la sentenza in commento, con la quale ha accolto il ricorso, presentato da un dipendente della Polizia di Stato, avverso il diniego di accesso agli atti relativi al procedimento sanitario aperto a suo carico.

Nel caso di specie, a seguito di segnalazioni effettuate da parte di alcuni colleghi, relativamente a ripetuti comportamenti tenuti anche nei confronti degli utenti, era stato avviato un procedimento

teso all’accertamento dell’idoneità psico-fisica dello stesso.

Il dipendente interessato aveva presentato istanza di accesso agli atti relativi a tale procedimento e

l’Amministrazione aveva disposto il differimento all’accesso alla conclusione del procedimento sanitario pendente, mentre l’Ufficio Sanitario della Questura aveva autorizzato l’accesso, omettendo alcune parti delle relazioni di servizio a tutela della riservatezza dei terzi.

Il ricorrente ha proposto ricorso avanti il Tar, lamentando la violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento e l’illegittimità del differimento disposto.

Il Tar ha ricordato che l’art. 3 lett. a), Dm. n. 415/94, stabilisce che sono sottratti all’accesso “relazioni di servizio e altri atti o documenti presupposti per l’adozione degli atti o provvedimenti dell’Autorità nazionale e delle altre Autorità di pubblica sicurezza, nonchè degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza, ovvero inerenti all’attività di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che si tratti di documentazione che, per disposizione di legge o regolamento, debba essere unita a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità.

Per tale documentazione, infatti, non si pone un problema di accesso, essendo tale diritto assorbito dal regime pubblicitario al quale la documentazione è assoggettata.

Il giudici hanno ritenuto che la sottrazione all’accesso, prevista dalla suddetta norma, debba essere interpretata nel senso che il diniego deve essere giustificato di volta in volta in relazione alle specifiche e concrete esigenze di ordine pubblico, di prevenzione, di repressione della criminalità (art. 26, Legge n. 241/90), al fine di evitare una generalizzata sottrazione all’accesso.

I giudici amministrativi, nel caso di specie, hanno ritenuto non sussistenti le condizioni legittimanti la attuazione dell’accesso.

Il Tar ha inoltre precisato che, il differimento del diritto di accesso non può trovare giustificazione nella mera pendenza di un altro procedimento né  essere riferito ad un periodo incerto, come nel caso di specie in cui era stato disposto fino alla conclusione del procedimento sanitario.

Secondo quanto previsto dalla citata Legge n. 241/90, l’atto di differimento deve contenere, oltre alla motivazione, anche la durata dello stesso.

Inoltre per quanto riguarda il profilo della tutela della riservatezza dei terzi, il Tar ha ritenuto che essa non ostacoli il diritto di accesso nei confronti di coloro che hanno redatto la relazione di servizio.

Al contrario, rispetto agli utenti reclamanti, la normativa riconosce all’amministrazione la possibilità di consentire l’accesso, con modalità coerenti per la tutela della riservatezza dei terzi,e non ostacolarlo del tutto.

Il Tar ha ritenuto la richiesta del ricorrente legittima in quanto non lesiva alla sicurezza e difesa nazionale ipotesi che nel caso contrario avrebbe negato l’accesso.

Il Tar ha accolto il ricorso ordinando all’Amministrazione l’esibizione al ricorrente della documentazione richiesta.

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