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Appalti: i dipendenti dell’appaltatore possono chiedere il pagamento dei loro crediti al committente


Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, Sentenza n. 23489 del 19 novembre 2010
di Alessio Tavanti

I dipendenti dell’appaltatore possono agire direttamente contro il committente per il pagamento dei crediti, esclusivamente derivanti all’attività lavorativa svolta per l’esecuzione dell’opera o della prestazione del servizio oggetto dell’appalto, e nella misura massima del debito che questi ha verso l’appaltatore.
I dipendenti dell’appaltatore non possono chiedere il pagamento di altri crediti.

E’ questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza in commento, con la quale ha respinto il ricorso presentato da alcuni lavoratori nei confronti di alcune società committenti per i crediti di lavoro lasciati non pagati dal loro datore di lavoro (appaltatore).

Nel caso di specie, i ricorrenti a fronte del mancato pagamento di compensi derivanti dal lavoro svolto nei confronti dell’appaltatore avevano adito il Tribunale del lavoro, il quale aveva accolto la tesi da essi sostenuta secondo cui “formano oggetto della responsabilità solidale ex art. 1676 c.c. tutti i diritti nascenti dal rapporto lavorativo con l’appaltatore, anche se non collegati all’esecuzione dell’appalto

Pertanto, accertati i rapporti di lavoro intercorrenti con il datore di lavoro e i relativi periodi lavorativi, il Tribunale aveva condannato i committenti, nei limiti del debito di ciascuna nei confronti dell’appaltatore al pagamento ai lavoratori delle somme.

I committenti avevano presentato ricorso e la Corte d’Appello aveva rigettato le originarie domande, ritenendo che l’art. 1676 c.c. garantisce i dipendenti dell’appaltatore, in relazione all’attività lavorativa prestata per l’esecuzione dell’opera o del servizio appaltati al loro datore di lavoro, soltanto per il pagamento della retribuzione dovuta per quella determinata attività.

Inoltre, i lavoratori, secondo i Giudici, non avevano prodotto prove riguardo all’attività prestata per l’esecuzione delle singole opere appaltate dai diversi committenti, con conseguente impossibilità di giungere all’individuazione delle somme ad essi eventualmente dovute.

I lavoratori hanno così promosso ricorso davanti alla Corte di Cassazione.

Secondo il giudice di legittimità, ha chiarito che l’interpretazione dell’art. 1676 c.c., e in particolare del “quanto loro dovuto” è riferibile al lavoro prestato per l’esecuzione dell’appalto.

In proposito, la Suprema Corte, richiamando i principi già affermati in precedenti pronunce, ha ribadito che la finalità della norma è quella di “offrire ai lavoratori che hanno prestato il lavoro per l’esecuzione in appalto di un’opera o di un servizio, una garanzia per il soddisfacimento della retribuzione dovuta loro per tale prestazione, in relazione all’ipotesi di inadempimento del datore di lavoro” (Cass. sent. n. 3559/01).

La Corte di Cassazione ha così rigettato i ricorsi proposti dai lavoratori, chiarendo che la finalità di garanzia di cui all’art. 1676 c.c. è direttamente connessa ai crediti di lavoro relativi alle prestazioni rese dal dipendente dell’appaltatore nell’esecuzione dell’appalto, restando esclusa la sua estensione a crediti maturati dal lavoratore in base a prestazioni estranee allo specifico appalto i quali, non avendo un’obiettiva giustificazione, ove riconosciuti attribuirebbero un vantaggio ingiustificato rispetto agli altri dipendenti che non abbiano lavorato nell’ambito di uno specifico appalto.

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