Entra in area riservata:
Entra in area riservata:
 

Appalti: la qualificazione di ente no profit non giustifica un regime derogatorio


Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Parere n. 24/10
di Alessio Tavanti

L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, con il parere in commento ha espresso alcune interessanti considerazioni con riferimento ai soggetti no profit e alla facoltà delle stazioni appaltanti di applicare a loro favore una  disciplina derogatoria o privilegiata per la partecipazione alle gare o per l’esecuzione di appalti pubblici, rispetto a quanto previsto dal Dlgs. n. 163/06.

Nell’applicazione della disciplina del  Codice, non rileva la distinzione tra soggetti profit e soggetti no profit, giacché anche questi ultimi rivestono la qualità di imprese (Tar Veneto, Sez. I, sent. n. 881/09).

L’assenza di fini di lucro non esclude, infatti, che le associazioni di volontariato possano esercitare un’attività economica, né a tal fine rileva l’eventuale carenza di requisiti formali (quali l’iscrizione alla Camera di Commercio o al registro delle imprese), non essendo necessari per la partecipazione alle gare di appalto (Cons. Stato, Sez. V,  n. 5956/10 newsletter SELF n. 8/10).

In proposito, la giurisprudenza comunitaria ha ribadito che le disposizioni della direttiva 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretate “nel senso che consentono a soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un’impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato (…) di partecipare ad un appalto pubblico di servizi” (Corte di Giustizia CE, Sez. IV, 23/12/09, C-305/08 newsletter SELF n. 4/10).

Ai fini della disciplina della  concorrenza è pacifico che la nozione di impresa sia più ampia di  quella sottesa dall’art. 2082 c.c., per cui rientra qualunque entità che svolga un’attività economica, consistente nell’offerta di beni e servizi su un determinato mercato, a prescindere dalla sua natura giuridica e dal fatto che non persegua uno scopo di lucro (Corte di giustizia CE, sez. V, n. 35/98).

Unico regime derogatorio espressamente previsto dal Codice, è quello disciplinato dall’art. 52, che prevede la facoltà per le stazioni appaltanti di riservare la partecipazione alle gare a “laboratori protetti” oppure di riservarne l’esecuzione a “programmi  di lavoro protetti”.

Ciò trova giustificazione nell’impiego, da parte degli operatori economici, di un numero maggioritario di lavoratori disabili, che non possano esercitare un’attività professionale in condizioni normali.

Il profilo meramente soggettivo, su cui si fonda la riserva in assenza di una definizione normativa, necessita di una verifica di assimilabilità di questa categoria con quella delle imprese no profit.

L’Autorità ha affermato che il laboratorio protetto è caratterizzato dai seguenti requisiti:

a)   soggetto  giuridico che eserciti in via  stabile un’attività economica organizzata;

b)   previsione, tra le finalità dell’ente, dell’inserimento lavorativo di persone  disabili;

c)    essere costituito in maggioranza da lavoratori disabili che, in ragione della loro disabilità, non possono esercitare un’attività professionale  in condizioni normali.

Da ciò discende che, i requisiti richiesti per l’individuazione della figura del laboratorio protetto, non coincidono con quelli normativamente previsti per il riconoscimento delle  categorie delle imprese sociali sopra indicate.

Ciò vale anche per le cooperative sociali di  tipo B, la cui organizzazione prevede l’inserimento lavorativo di soggetti  svantaggiati, sia per quanto riguarda le categorie di persone  individuate (persone svantaggiate e non solo disabili), sia per quanto attiene alla percentuale minima di soggetti in organico, che deve essere costituita appunto da persone  svantaggiate.

L’art. 52 ha previsto un regime di favore riservato a tali soggetti, prevedendo che siano “fatte  salve le norme vigenti sulle cooperative sociali e le imprese sociali”, contenute nell’art. 5, comma 1, Legge n. 381/91 e s.m.i. in tema di “Convenzioni”.

Tale norma consente  agli Enti di stipulare con le cooperative sociali di tipo B convenzioni per la fornitura di beni e servizi, diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, il cui importo stimato sia inferiore alla soglia comunitaria, “anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della  pubblica amministrazione”, purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate, indicate nell’art. 4 della Legge n. 381/91 (si veda TAR Lazio, Sez. III quater, Sentenza n. 11093/08, con nota di F. Caponi in Diritto e Pratica amministrativa n. 2/09).

Nel caso in cui, invece, l’importo delle forniture superi la soglia comunitaria, le P.A. potranno prevedere che il contratto sia eseguito con l’impiego di persone svantaggiate, con l’adozione di specifici programmi di recupero e inserimento  lavorativo.

In conclusione, l’Autorità ha affermato che, salva l’espressa riserva di cui all’art. 52 del codice, negli appalti non è consentito applicare un regime derogatorio a favore di soggetti no profit, che dovranno essere trattati alla stessa stregua delle imprese.

Pubblicato in Senza categoria

Richiedi informazioni