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Mobilità: per la Corte dei conti Sardegna deve essere considerata cessazione a tutti gli effetti


Corte dei conti, Sez. controllo Sardegna, Deliberazione n. 70 del 1° ottobre 2010
di Federica Caponi
Pubblicato su HCNews, “Periodico di aggiornamento professionale per la gestione delle risorse umane”, numero 40.

La Corte dei conti Sardegna ha chiesto l’intervento delle Sezioni riunite perché chiariscano definitivamente quale sia la reale portata del trasferimento per mobilità rispetto ai vincoli assunzionali per gli Enti non soggetti al patto.

La sezione controllo della Sardegna con la Deliberazione n. 70 del 1° ottobre ha infatti ribadito che “ai sensi dell’art. 1 c. 562 l. n. 296/2006, nel limite delle cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nell’anno precedente devono ricomprendersi anche le cessazioni intervenute per mobilità”.

La Corte ha fornito questo chiarimento, rispondendo ad un Comune che si era rivolto ai giudici contabili per sapere se “sia corretto, ai sensi dell’art. 1, comma 562 della legge 296/2006 e alla luce della delibera della Corte dei conti Sezione delle Autonomie n. 21 del 9.11.2009, secondo cui tale articolo è da interpretare nel senso che nel novero delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nell’anno precedente non siano da comprendere quelle derivanti da trasferimenti per mobilità, definire le procedure concorsuali già avviate per la copertura dei posti resisi vacanti per trasferimento per mobilità verso altro Ente in periodo antecedente all’adozione di tale delibera, trasferimento concesso sulla scorta del Parere della Corte dei Conti delle Regione Sardegna n.15/2007”.

I giudici della Sardegna hanno ricordato che sulla questione, relativa a se considerare i trasferimenti per mobilità come cessazioni ai fini dei vincoli assunzionali posti dal comma 562 della finanziaria 2007 per i Comuni sotto 5.000 abitanti, erano stati forniti pareri discordanti da diverse Sezioni regionali di controllo.

Si erano infatti formate due linee interpretative, da una parte la stessa Sardegna che con deliberazione n. 15/07 aveva chiarito che la mobilità dovesse essere considerata cessazione a tutti gli effetti, così come la Sezione Piemonte (parere n. 8/2008), mentre le Sezioni di controllo della Lombardia e del Veneto (rispettivamente, deliberazioni n. 91/08 e n. 183/08) avevano sostenuto la tesi contraria.

Sulla questione è poi intervenuta la sezione della Autonomie, che con deliberazione n. 21/09 ha precisato che “l’art. 1, comma 562, della legge 296/06 è da interpretare nel senso che nel novero delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nell’anno precedente non siano da comprendere quelle derivanti da trasferimenti per mobilità”.

La corte dei conti della Sardegna nella Deliberazione n. 70/10 ha ribadito la propria linea interpretativa, ritenendo necessario l’intervento delle Sezioni riunite.

I giudici hanno precisato che l’intento che il Legislatore intendeva e intende perseguire con tale disciplina è quello di evitare incrementi incontrollati della spesa di personale, non solo in relazione al singolo Ente ma all’intero comparto.

Il trasferimento per mobilità non deve essere configurato ed utilizzato quale operazione che permette che si instaurino nuovi rapporti di lavoro al fuori dei limiti numerici e di spesa previsti dalla disciplina vigente.

Il trasferimento per mobilità è a tutti gli effetti però da considerare, da un lato, quale cessazione per l’Ente di partenza e, dall’altro, quale assunzione, per l’Ente di destinazione, cosicché può procedersi al trasferimento solo se quest’ultimo è nelle condizioni finanziarie per poter assumere. Ove ciò accada l’Ente di partenza avrà la possibilità di procedere al reintegro del suo organico, nei limiti consentiti dalla disciplina vigente nel momento in cui intenderà procedere ad assunzione.

Nell’ambito della programmazione che un ente deve effettuare in relazione al prossimo esercizio il trasferimento del dipendente per mobilità verso un altro ente pubblico è da considerare a tutti gli effetti quale cessazione avvenuta nell’esercizio precedente che legittima l’Ente a procedere ad una nuova assunzione.

Anche la Funzione pubblica, intervenuta sulla questione sostenendo la tesi contraria, con Circolare n. 4/08 ha comunque evidenziato la necessità del previo esperimento delle procedure di mobilità, chiarendo che deve essere privilegiata l’acquisizione di risorse umane tramite la mobilità, rispetto alle ordinarie misure di reclutamento.

La citata Circolare richiama l’art. 30 del Dlgs. n. 165/01 che prevede la pubblicazione periodica di bandi di mobilità, anche al fine di consentire, prioritariamente l’assorbimento del personale coinvolto nei processi di trasformazione, soppressione e riordino di altre P.A..

I giudici contabili della Sardegna hanno inoltre precisato che tale ratio ispiratrice dell’art. 30 non è l’unica che ha mosso il Legislatore a disciplinare in tale senso l’istituto della mobilità.

La mobilità infatti è utilizzata anche per consentire al personale, attraverso il trasferimento ad altra Amministrazione, di realizzare proprie aspirazioni.

Tali aspirazioni (peraltro hanno una copertura costituzionale negli artt. 2, 3 e 4 della Cost.) soggiacciono al limite che il trasferimento sia disposto previo consenso dell’Amministrazione di appartenenza.

Deve essere ancora ricordato che, contrariamente a quanto ritenuto da Sezione autonomie, il trasferimento per mobilità comporta la cessazione del rapporto di lavoro con l’Amministrazione cedente e l’instaurazione di un nuovo rapporto con l’Amministrazione che riceve il lavoratore.

Considerata la preoccupazione circa l’incremento che subirebbe, a livello di comparto, la spesa per il personale, se fosse possibile sostituire un lavoratore trasferito per mobilità, la corte dei conti ha chiarito che comunque tale problema deve essere bilanciato con la possibilità che l’ordinamento, a certe condizioni, riconosce alle amministrazioni di procedere ad assunzioni.

E’ vero che l’ordinamento deve tendere alla complessiva riduzione della spesa per il personale, tanto a livello di ciascun ente, quanto con riferimento all’intero comparto, ma le norme devono essere interpretate considerando l’intero quadro legislativo, pur nella sua complessità che, indubbiamente, non facilita la lettura e l’attività ermeneutica (nonostante il Legislatore abbia legiferato anche in materia di chiarezza, semplicità e trasparenza della legislazione).

E’ proprio l’ordinamento nel suo complesso che secondo la corte dei conti della Sardegna consente di riaffermare il principio secondo cui il trasferimento per mobilità per gli Enti di minori dimensioni deve essere considerato come cessazione, ai fini di quanto stabilito dal comma 562 della finanziaria 2007.

L’ordinamento, infatti, mentre richiede la riduzione della spesa, sia in termini assoluti, sia in termini percentuali (la spesa non potrà superare il 40 % delle spesa corrente), dall’altra parte consente, nel rispetto di stringenti condizioni, di procedere a nuove assunzioni.

Inoltre, se un ente può assumere (nel rispetto dei limiti legislativamente imposti), evidentemente si è realizzata nell’organico una vacanza che può essere colmata.

Anziché bandire un concorso, l’Amministrazione deve esperire, previamente, la procedura di mobilità.

Se questa andasse deserta, l’Amministrazione dovrebbe esperire il concorso, assumendo il vincitore.

Se invece la procedura di mobilità avesse successo, non si comprende perché, secondo la Corte dei conti, il concorso non potrebbe essere espletato dall’ente da cui è “partito” il dipendente trasferito.

Si potrebbe anche obiettare che l’Amministrazione potrebbe negare il consenso al trasferimento.

In effetti, ci si potrebbe chiedere perché un’Amministrazione dovrebbe consentire il trasferimento del responsabile (ad esempio) di un settore (evento tutt’altro che raro nei piccoli comuni), se non potesse, nel rispetto dei vincoli normativi, sostituirlo.

Secondo la Corte dei conti della Sardegna, non possono essere le dimensioni dell’ente a condizionare la possibilità dell’impiegato di ottenere il trasferimento presso altro ente.

Si realizzerebbe altrimenti una disparità di trattamento tra impiegati di Enti grandi e dipendenti di Enti piccoli.

Considerato, pertanto, che il passaggio ad altra Amministrazione comporta la sottoscrizione di un contratto individuale di lavoro con quest’ultima, è corretto ritenere che il rapporto di lavoro con la precedente Amministrazione sia cessato.

I giudici contabili hanno quindi rimesso la questione alle Sezioni riunite, ritenendo corretta l’interpretazione che attribuisce alla mobilità valore di cessazione, al contrario di quanto sostenuto dalla sezione autonomie nella citata Deliberazione n. 21/09, affinchè adottino una pronuncia di orientamento generale sulla questione che assume nuovamente particolare rilievo alla luce dei nuovi stringenti vincoli disposti dal Dl. n. 78/10.

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