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Indennità di turno: per l’aran spetta anche se il servizio non è garantito su sette giorni


di Federica Caponi
pubblicato su Guida al pubblico impiego  n. 7/8 – 2010
pubblicato su  il sito di Guida al  Pubblico Impiego

L’indennità di turno, secondo l’aran, può essere erogata anche se il servizio è aperto cinque o sei giorni alla settimana, restando chiuso la domenica e i festivi.

L’agenzia ha fatto chiarezza definitivamente su quali siano le condizioni che legittimano l’erogazione dell’indennità ex art. 22 del ccnl. comparto enti locali.

Tale questione, molto dibattuta negli enti locali, era stata oggetto di recente di una discussa sentenza della corte di cassazione (sent. n. 8254 del 7 aprile 2010, vedi Guida al Pubblico Impiego n. 6/10), che aveva fornito un’interpretazione della norma contrattuale molto restrittiva, ritenendo che l’indennità di turno potesse essere erogata soltanto nel caso in cui il servizio fosse stato articolato con un orario di almeno 10 ore giornaliere e senza alcuna interruzione settimanale (quindi, sempre aperto anche la domenica e i festivi).

A seguito della citata pronuncia della cassazione, un comune ha inviato un quesito all’aran al fine di sapere se sia corretto erogare l’indennità al personale addetto ad un servizio aperto su sei giorni la settimana (da lunedì a sabato, escluso domenica e festivi), con orario dei dipendenti articolato in modo da garantire un’apertura degli uffici dalle 7,00 alle 20,00.

L’ente ha chiesto anche se possa essere riconosciuta l’indennità di turno a favore del personale di un settore in cui l’articolazione dell’orario in turni era prevista “stagionalmente”, soltanto per alcuni mesi all’anno.

L’agenzia ha inviato la risposta il 21 giugno 2010 (prot. n. 3824/10), precisando che il regime del lavoro in turno, con il pagamento della relativa indennità, presuppone l’esistenza di “strutture” operative che prevedano un orario di servizio giornaliero, continuativo, di almeno 10 ore, per tutti i giorni della settimana lavorativa, “cinque o sei, secondo la specifica organizzazione del tempo di lavoro adottata dall’ente” – quindi -“eventualmente della domenica, ma solo ove l’ente abbia autonomamente deciso di articolare il turno su sette giorni settimanali, sulla base di una propria valutazione delle esigenze da soddisfare”.

Secondo l’aran, la dizione “continuità del servizio” non deve essere interpretata nel senso di apertura ininterrotta sette giorni su sette, ma come erogazione giornaliera delle attività, senza che l’autonoma decisione dell’ente, di organizzare il servizio solo su alcuni giorni della settimana, rilevi al fine della corresponsione dell’indennità di turno.

Al contrario, la cassazione nella sentenza n. 8254/10 aveva ritenuto illegittima l’erogazione di tale indennità per i dipendenti addetti ad un servizio che non offriva “continuità di apertura settimanale”, perché era chiuso la domenica e i festivi.

I giudici avevano ritenuto che l’orario di servizio dovesse essere continuativo e non poteva prevedere alcuna interruzione sui sette giorni.

L’aran ha precisato invece che “la durata di almeno 10 ore si riferisce, ovviamente, all’ orario di servizio della struttura presso la quale devono essere rese le prestazioni in turno”.

Proprio per garantire la continuità del servizio, tale orario deve essere unico per tutti i giorni della settimana in cui si articola l’erogazione del servizio (nel senso che deve avere inizio alla stessa ora e concludersi alla stessa ora per tutti i giorni della settimana, dato che si tratta di orario di servizio e non di orario di lavoro).

Pertanto, anche nella giornata del sabato (ed eventualmente della domenica, ma solo ove l’ente abbia autonomamente deciso di articolare il turno su sette giorni settimanali, sulla base di una propria valutazione delle esigenze da soddisfare) deve essere garantita attraverso la turnazione l’erogazione del servizio, sia nelle ore antimeridiane che in quelle pomeridiane.

La risposta inviata dall’aran fornisce importanti chiarimenti in merito all’orario di servizio, all’effettiva rotazione ciclica delle prestazioni in turno e alle prestazioni lavorative svolte durante le festività infrasettimanali.

Orario di servizio continuativo, indennità di turno e disagio

L’aran ha precisato che un orario di servizio di almeno 10 ore deve essere continuativo, nel senso che richiede l’erogazione delle prestazioni per tutta la durata della fascia oraria interessata.

Lo scopo delle turnazioni è proprio quello di assicurare la continuità dell’erogazione del servizio in una determinata fascia oraria di almeno 10 ore.

Gli enti hanno ampia autonomia in merito all’organizzazione degli uffici e dei conseguenti orari di servizio, infatti, “l’articolazione del turno è funzionale alle esigenze del servizio e quindi la sua definizione dovrebbe essere di competenza del dirigente o responsabile del medesimo”, come chiarito anche dall’aran nella risposta a quesito n. 900-22C1.

Tale potestà datoriale è stata fortemente rafforzata dal Dlgs. n. 150/09 che, novellando l’art. 40 del Dlgs. n. 165/01, ha stabilito che “sono in particolare escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti – tra l’altro – all’organizzazione degli uffici”, rimettendo di fatto interamente nelle mani del datore di lavoro ogni decisione in merito anche all’articolazione degli orari.

L’aran ha chiarito che non è necessaria l’apertura del servizio su sette giorni. Il termine “continuità” deve essere riferito esclusivamente alle 10 ore giornaliere, ma per garantire la continuità del servizio per le 10 ore “l’orario di servizio deve essere unico per tutti i giorni della settimana in cui si articola l’erogazione del servizio”.

L’agenzia ha chiarito che tale orario “deve avere inizio alla stessa ora e concludersi alla stessa ora per tutti i giorni della settimana, dato che si tratta di orario di servizio e non di orario di lavoro”.

Tale precisazione appare molto importante in quanto chiarisce che l’indennità di turno non può essere erogata ai dipendenti addetti ad un servizio che (aperto su cinque o sei giorni indifferentemente) non abbia un orario di apertura che garantisca almeno le 10 ore giornaliere per tutti i giorni di apertura.

Il caso di specie su cui si è pronunciata la corte di cassazione, nella citata sentenza n. 8254/10, riguardava alcuni dipendenti addetti al servizio biblioteca che aveva un orario di servizio articolato su sei giorni, aperto per 10 ore il martedì, mercoledì e giovedì, per 11 ore il venerdì e per 5 ore il lunedì e il sabato, con conseguente articolazione dell’orario di lavoro dei dipendenti in turni per quattro giorni.

Secondo il chiarimento fornito dall’aran, l’orario di servizio deve essere continuativo per almeno 10 ore giornaliere per tutti i giorni di apertura.

Pertanto, l’indennità di turno non può essere erogata a favore dei dipendenti che siano addetti ad un servizio che sia aperto su cinque o sei giorni alla settimana, ma che garantisca l’apertura di almeno 10 ore solo in alcuni, come nel caso oggetto della sentenza della cassazione.

Non possono essere considerati turni le prestazioni lavorative distribuite nell’arco dell’intera giornata (mattina e pomeriggio) con marginali modificazioni nelle prestazioni di lavoro.

In questo caso può trattarsi, al limite, di una particolare articolazione dell’orario di lavoro, magari gravosa e quindi retribuibile con altro compenso incentivante, secondo le previsioni della contrattazione decentrata integrativa (indennità di disagio).

A tal proposito, è necessario ricordare che ove l’orario di lavoro sia articolato in turni e ai dipendenti venga pertanto erogata la relativa indennità, tale compenso, per espressa previsione dell’art. 22, comma 5, del ccnl. del 14 settembre 2000 “compensa interamente il disagio derivante dalla particolare articolazione dell’orario di lavoro”.

Non è possibile, pertanto, l’erogazione di ulteriori compensi correlati alla stessa condizione di lavoro (Aran, quesito n. 900-22E1).

Infine, è opportuno ricordare che non è legittimo coprire l’arco temporale dell’orario di servizio giornaliero di 10 ore previste per il turno, alternando personale interno ed esterno all’ente.

L’arco temporale dell’orario di servizio deve essere naturalmente assicurato dal personale addetto alle strutture interessate, in quanto solo il personale interno può ritenersi obbligato ad un “orario di servizio”.

Nel caso in cui “una parte delle 10 ore sia affidata alle prestazioni di un altro soggetto esterno (es. una cooperativa) verrebbe a mancare il requisito fondamentale prescritto dal ccnl., di conseguenza non potrebbe essere organizzato un lavoro in turno per prestazioni giornaliere di servizio inferiori a 10 ore e, comunque, non può essere certamente erogata la indennità di turno a favore dei lavoratori interessati” (Aran, quesito n. 900-22C6).

L’indennità di turno non può essere legittimamente erogata neppure a favore del personale che svolga la propria attività in un servizio con apertura giornaliera complessivamente superiore a 10 ore, ma caratterizzata da un’interruzione di 1 ora.

La citata clausola contrattuale, anche in armonia con consolidati orientamenti dell’anci, può ritenersi soddisfatta solo in presenza di un orario di servizio continuativo di almeno 10 ore.

Lo scopo delle turnazioni, infatti, è quello di assicurare la continuità del servizio in una determinata fascia oraria (di almeno 10 ore) e non ha senso istituirle quando il servizio può essere assicurato mediante particolari articolazioni dell’orario di lavoro, che consentono l’interruzione di un’ora.

L’aran ha chiarito che nel caso in cui siano istituiti turni di lavoro che prevedano, saltuariamente, una prestazione lavorativa giornaliera di 11 ore, ai sensi dell’art. 38 del ccnl. (anche se la formulazione della clausola contrattuale non è del tutto chiara), la presenza dell’inciso “di norma” consenta “anche prestazioni superiori alla 10 ore giornaliere, qualora ciò risponda a precise esigenze organizzative dell’ente e non assuma, ovviamente, carattere di continuità nel tempo” (Aran, quesito n. 900-22C).

Infine, l’agenzia ha precisato che può essere erogata l’indennità di turno nel caso in cui l’orario di servizio sia articolato per cinque o sei giorni la settimana per almeno 10 ore, ma solo per alcuni mesi, per esigenze stagionali.

Rotazione ciclica e avvicendamento dei turni

L’aran ha chiarito che l’art. 22 del citato ccnl. impone l’effettiva rotazione ciclica dei lavoratori in ciascuna delle articolazioni orarie prestabilite (antimeridiane e pomeridiane, ad esempio un lavoratore che presti la propria attività dalle 8,00 alle 14,00 e dalle 14,00 alle 20,00) nel medesimo posto di lavoro, in base a esigenze organizzative dell’ente, per assicurare il rispetto dell’orario di servizio e l’alternanza mattina-pomeriggio (eventualmente sera).

In ciascuna delle due (o eventualmente tre) articolazioni previste dovrebbe ruotare sempre lo stesso numero di lavoratori.

Perché possa esserci effettiva rotazione, è necessario che il turno pomeridiano segua, senza soluzione di continuità, nel tempo quello antimeridiano, ed eventualmente sia seguito, sempre senza soluzione di continuità da quello serale, senza alcuna sovrapposizione neppure parziale dell’uno sull’altro.

Inoltre, la disciplina contrattuale richiede, come presupposto necessario per la sussistenza del turno e per il pagamento della relativa indennità, anche l’esistenza di un rapporto equilibrato tra turni antimeridiani e pomeridiani ed eventualmente notturni, nel senso che il numero dei turni di lavoro prestati in orario antimeridiano deve essere sostanzialmente equivalente a quello prestato in orario pomeridiano, assicurando l’avvicendamento.

Analoga equivalenza vale per i turni notturni, ove previsti.

L’articolazione dei turni deve essere distribuita in modo articolato e avvicendato, nei termini indicati dall’art. 22, comma 2, del ccnl. del 14 settembre 2000.

Non è, pertanto, sufficiente a tal fine l’episodica o minoritaria prestazione lavorativa in un turno diverso dalla tipologia di lavoro ordinario.

Il periodo di riferimento per calcolare la condizione di equilibrio dei turni è il mese.

Nel caso in cui nel corso di un mese un dipendente si trovi ad operare solo una volta in un turno pomeridiano, siamo sicuramente al di fuori della previsione dell’art. 22 del citato ccnl. e, quindi, tale dipendente non ha diritto a percepire il relativo compenso.

L’art. 22 espressamente stabilisce che le prestazioni svolte in turnazione devono essere ripartite nell’arco del mese in modo da dare luogo ad una distribuzione equilibrata ed avvicendata dei turni effettuati in orario antimeridiano e pomeridiano.

E’ indubbio che tale effetto di esclusione del dipendente è la conseguenza naturale ed inevitabile del tipo di organizzazione del turno adottato.

Non trattandosi di turno, tale fattispecie non può che costituire solo una particolare forma di articolazione dell’orario di lavoro, per la quale, in sede di contrattazione decentrata integrativa, potrebbe anche essere previsto uno specifico compenso.

Alla stessa conclusione si deve giungere nel caso in cui vi sia un unico lavoratore che alterni le sue prestazioni in orario antimeridiano e pomeridiano nel corso della settimana.

Anche in tale caso l’indennità di turno non può essere corrisposta, in quanto manca l’indispensabile requisito che il turno debba essere effettuato in strutture che prevedano un orario di servizio giornaliero di almeno dieci ore.

Infatti si deve presumere che, trattandosi di un unico lavoratore, l’orario di servizio finisca per coincidere con quello di lavoro e che esso necessariamente è determinato in misura inferiore al predetto minimo giornaliero.

Manca, inoltre, in tale fattispecie, anche l’ulteriore requisito della rotazione tra più lavoratori prescritto dal citato art. 22.

L’aran ha chiarito anche che nel caso in cui le articolazioni dei turni abbiano una cadenza mensile (un mese di mattina e un mese di pomeriggio), non possono essere ricondotti alla disciplina dell’art. 22 e non legittimano, di conseguenza, la corresponsione della relativa indennità.

Tali articolazioni possono essere considerate come una particolare disciplina dell’orario ordinario.

Festività infrasettimanali e riposo compensativo

L’agenzia ha chiarito che quando l’orario di servizio è articolato in turni (su cinque o sei giorni lavorativi della settimana), esso deve ricomprende anche le eventuali festività infrasettimanali, ricadenti in tale arco temporale.

Tali giornate, “conseguentemente, per i turnisti devono considerarsi lavorative, con diritto alla corresponsione della sola indennità di turno festivo”.

In tal caso, non è legittimo erogare ai dipendenti coinvolti il trattamento per attività prestata in giorni festivo, né hanno diritto al riposo compensativo (ex art. 24 del ccnl. del 14 settembre 2000).

Al personale turnista che presti attività lavorativa in giornata festiva infrasettimanale spetta solo il compenso previsto dall’art.22, comma 5, (maggiorazione del 30% della retribuzione di cui all’art. 52, comma 2, lett. c).

Nel caso di servizio aperto su sette giorni, quando i turni interessano anche la domenica, questa, per il dipendente chiamato a rendere la prestazione in tale giornata in base ai turni prestabiliti, è a tutti gli effetti una giornata lavorativa (che comporta, però, il diritto al particolare compenso previsto dall’art.22, comma 5).

Per ciò che attiene alla clausola contenuta nell’art. 24 del ccnl. del 14 settembre 2000, si riferisce solo al caso del dipendente che ordinariamente, in base al suo orario di lavoro, è tenuto ad effettuare prestazioni lavorative di notte o di giorno festivo settimanale (come nel caso del dipendente che in base ad una particolare programmazione plurisettimanale dell’orario di lavoro è chiamato a prestare la sua attività sempre di notte).

Per il lavoratore in turno che presta la propria attività in giornata festiva infrasettimanale trova applicazione esclusivamente l’art. 22 del citato contratto, che espressamente, tra le diverse ipotesi, stabilisce anche il compenso da corrispondere nei casi di turno festivo (maggiorazione oraria del 30% della retribuzione).

Pertanto, in tale ipotesi non è possibile fare riferimento al diverso istituto dello straordinario.

Neppure, infine, è ipotizzabile che in relazione alla medesima fattispecie possano cumularsi indennità di turno e compenso per lavoro straordinario (Aran risposta a quesito n. 900-22H2).

La disciplina dell’art. 24 del ccnl. del 14 settembre 2000 prende in considerazione l’attività lavorativa prestata, in via eccezionale ovvero occasionale, in un giorno feriale non lavorativo, in presenza di un’articolazione dell’orario di lavoro settimanale su cinque giorni.

Il giorno feriale non lavorativo, peraltro, non necessariamente deve coincidere con il sabato, ma potrebbe essere, ad esempio, anche un lunedì, qualora in via ordinaria l’articolazione dell’orario settimanale ricomprendesse le giornate dal martedì al sabato.

La predetta disciplina, proprio perché individua situazioni non ordinarie, non riguarda i lavoratori inseriti in prestabiliti turni di lavoro che possono essere, conseguentemente, chiamati in via ordinaria a svolgere le proprie prestazioni sia “nei giorni feriali non lavorativi”, sia nelle stesse giornate festive, nel rispetto degli obblighi derivanti dalla periodica predisposizione dei predetti turni di lavoro.

Per i lavoratori in turno, infatti, deve trovare applicazione la sola speciale disciplina dettata dall’art. 22 delle “code contrattuali”, a nulla rilevando la diversa disciplina del successivo art. 24 che mira a tutelare fattispecie lavorative diverse dal turno.

Il lavoratore in turno ha diritto alla maggiorazione della retribuzione del 50% e al riposo compensativo (ex art. 24, comma 1, ccnl. del 14 settembre 2000) “qualora dovesse essere chiamato a prestare, in via eccezionale ovvero occasionale, la propria attività nella giornata di riposo settimanale, che gli compete in base al turno assegnato”.

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