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Indennità di turno: spetta solo se il servizio è continuativo e senza interruzioni


Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, Sentenza n. 8254 del 7 aprile 2010
di Federica Caponi, Consulente di Enti Locali
*Pubblicato anche su il Sole24ore on line,
sito di Guida al Pubblico Impiego,
su il Sole 24 ore del 3/05/2010 e
su Guida al Pubblico Impiego n. 6 – Giugno 2010

Personale Comparto Regioni e Enti Locali – Servizio aperto su sei giorni– Orario di servizio articolato su dieci ore a giorni alterni – Diritto all’indennità di turno – Non sussiste

Continuità del servizio – Apertura per almeno 10 ore continuative – Chiusura domenica e festivi – Condizioni erogazione indennità di turno (art. 22 Ccnl. 14 settembre 2000) – Non sussistenza

Non hanno diritto all’indennità di turno i dipendenti del Comune che, pur avendo un orario articolato, lavorano in una struttura che non offre la continuità del servizio, ad esempio perché non è aperto la domenica.

Le condizioni per l’erogazione dell’indennità di turno sono espressamente indicate nell’art. 22 del Ccnl. 14 settembre 2000 e devono sussistere tutte contemporaneamente.

Lo scopo delle turnazioni è quello di assicurare la continuità del servizio in una determinata fascia oraria di almeno 10 ore, restando esclusa l’istituzione allorché il servizio possa essere assicurato mediante particolari e diverse articolazioni dell’orario di lavoro.

Si impone infatti una lettura rigorosamente rispettosa dell’intento espresso dalle parti stipulanti con le parole usate nel citato art. 22.

Questo l’importante principio affermato dalla Corte di Cassazione nella Sentenza in commento, con la quale ha dichiarato legittimo il comportamento di un Comune che aveva negato ad alcuni dipendenti l’erogazione dell’indennità di turno, diritto, al contrario, ritenuto sussistente dal Tribunale che aveva accolto il ricorso dei dipendenti dell’Ente.

Il fatto

Alcuni dipendenti addetti al servizio di biblioteca di un Comune aveva presentato ricorso al Tribunale per il riconoscimento del pagamento della maggiorazione della retribuzione, prevista dall’art. 22 del Ccnl. 14 settembre 2000 per il lavoro articolato in turni, perché dal 2003 l’orario di servizio della biblioteca era stato articolato in dieci ore per i giorni di martedì, mercoledì e giovedì, in undici ore per il giorno di venerdì e in cinque ore il lunedì e il sabato e, conseguentemente, l’orario di lavoro era distribuito secondo turni.

Il Tribunale adito aveva accolto il ricorso, sostenendo, ai sensi dell’art. 64 Dlgs. n. 165/01, che in merito alla corretta interpretazione della clausola contrattuale controversa, questa doveva essere risolta nel senso che “devono ritenersi istituiti turni giornalieri di lavoro per il caso in cui per ciascuna settimana i dipendenti si alternano per coprire l’orario antimerdiano e pomeridiano, indipendentemente dalla circostanza che l’orario di servizio non sia di almeno dieci ore per tutti i giorni della settimana”.

Il Tribunale aveva quindi riconosciuto il diritto dei ricorrenti all’erogazione dell’indennità di turno, dichiarando il diniego posto dall’Amministrazione illegittimo.

Avverso tale pronuncia ha presentato ricorso il Comune, secondo cui vi è stata una violazione dell’art. 22 del Ccnl. 14 settembre 2000 perché, nel caso concreto, l’orario di servizio non era strutturato in almeno 10 ore per tutti i giorni della settimana, per la violazione dell’art. 17 del Ccnl. 6 luglio 1995 che disciplina la fattispecie dell’orario plurisettimanale, cui doveva ricondursi l’articolazione oraria del servizio biblioteca perché non si era in presenza di un servizio necessitante di continuità (chiusura nei giorni festivi e nell’intervallo in alcuni giorni) e i lavoratori osservavano lo stesso orario per due settimane al mese.

Inoltre, il Comune ha sollevato obiezioni in merito al fatto che il Tribunale aveva omesso di valutare la nota inviata dall’Aran in risposta alla richiesta di interpretazione autentica della norma di cui all’art. 22 Ccnl. 14 settembre 2000.

La Cassazione ha chiarito preliminarmente che vi è la corrispondenza della fattispecie concreta all’istituto della “programmazione plurisettimanale dell’orario di lavoro” previsto dall’art. 17, comma 4, lett. b), del Ccnl. 6 luglio 1995, in base al quale è possibile distribuire il tempo di lavoro ordinario (36 ore settimanali) in un arco di tempo mensile e plurimensile.

Con il ricorso a tale tipologia di orario si persegue l’obiettivo di ridurre le “ordinarie” prestazioni di lavoro nei periodi con minor carico di impegni ed aumentarle in altri periodi, adattando così l’orario alle effettive e variabili esigenze di efficacia, efficienza ed economicità dell’attività istituzionale e dei relativi servizi.

Secondo i Giudici risulta perciò evidente l’estraneità dell’istituto alla fattispecie di articolazione dell’ orario di un servizio in via permanente, come avviene nel caso dell’articolazione dell’orario in turni, ex art. 22 del Ccnl. 14 settembre 2000.

La questione di fondo

La problematica presentata alla Cassazione riguarda la verifica delle condizioni che legittimano l’erogazione dell’indennità di turno, disciplinata dall’art. 22 del Ccnl. 14 settembre 2000 del Comparto Enti Locali.

Tale disposizione stabilisce espressamente che “gli Enti, in relazione alle proprie esigenze organizzative o di servizio funzionali, possono istituire turni giornalieri di lavoro. Il turno consiste in un’effettiva rotazione del personale in prestabilite articolazioni giornaliere.

Le prestazioni lavorative svolte in turnazione, ai fini della corresponsione della relativa indennità, devono essere distribuite nell’arco del mese in modo tale da far risultare una distribuzione equilibrata e avvicendata dei turni effettuati in orario antimeridiano, pomeridiano e, se previsto, notturno, in relazione alla articolazione adottata nell’Ente.

I turni diurni, antimeridiani e pomeridiani, possono essere attuati in strutture operative che prevedano un orario di servizio giornaliero di almeno 10 ore”.

I turni notturni non possono essere superiori a 10 nel mese, facendo comunque salve le eventuali esigenze eccezionali o quelle derivanti da calamità o eventi naturali.

Per turno notturno si deve intendere il periodo lavorativo ricompreso tra le 22 e le 6 del mattino.

Al personale turnista deve essere corrisposta un’indennità che compensa interamente il disagio derivante dalla particolare articolazione dell’orario di lavoro i cui valori sono stabiliti espressamente dalle disposizioni contrattuali.

La Corte di Cassazione ha chiarito che sussiste la fattispecie del turno solo in caso di effettiva rotazione del personale in prestabilite articolazioni giornaliere.

Le prestazioni lavorative svolte in turnazione, ai fini della corresponsione dell’indennità, devono essere distribuite nell’arco del mese, in modo tale da far risultare una distribuzione equilibrata e avvicendata dei turni effettuati in orario antimeridiano, pomeridiano e, se previsto, notturno.

I turni possono essere attuati in strutture operative che prevedano un orario di servizio giornaliero di almeno 10 ore.

La Corte ha precisato che, ai fini dell’erogazione dell’indennità di turno, devono essere rispettate tre condizioni, che devono sussistere tutte contemporaneamente:

–          un orario di servizio di almeno 10 ore;

–          l’orario di servizio deve essere continuativo e non può prevedere interruzioni;

–          distribuzione equilibrata e avvicendata dei turni nell’arco del mese.

Il diritto all’indennità di turno non è subordinato esclusivamente alla rotazione del personale in diverse fasce orarie.

Secondo i Giudici di legittimità tale interpretazione contrasta insanabilmente con la norma imperativa di cui all’art. 45 del dlgs. n. 165/01 (anche nel testo sostituito dall’art. 57 del Dlgs. n. 150/09), secondo cui il trattamento economico è definito esclusivamente dalla contrattazione collettiva, restando sottratto alle Amministrazioni il potere di praticare ai dipendenti condizioni di maggior favore.

La Corte ha chiarito, pertanto, che non può essere condivisa la lettura della clausola contrattuale fatta dal Tribunale, secondo cui il diritto all’indennità sarebbe subordinata esclusivamente alla rotazione del personale in diverse fasce orarie.

Secondo tale interpretazione avremmo una definizione di turno esclusivamente contenuta nei primi due commi dell’art. 22 del citato contratto.

Il comma 3 della disposizione, che prevede che “i turni (…) possano essere attuati in strutture operative che prevedano un orario di servizio giornaliero di almeno dieci ore”, verrebbe completamente “slegato” dai due precedenti e avrebbe come destinataria esclusivamente l’Amministrazione, senza incidere sul diritto all’indennità una volta che la turnazione sia stata istituita.

In altri termini, secondo la Cassazione, interpretando in tal modo il comma 3 “opererebbe esclusivamente sul piano delle scelte organizzative, imponendo all’Amministrazione di non istituire turnazioni fuori dall’ipotesi dell’orario di servizio continuativo di almeno dieci ore giornaliere, ma non su quello dei rapporti di lavoro, scaturendo comunque il diritto all’indennità dal lavoro distribuito secondo turni”.

La questione sottoposta alla Cassazione è molto dibattuta negli Enti Locali, in quanto tale indennità rappresenta una delle maggiormente remunerative sul piano retributivo, essendo direttamente collegata al trattamento economico fondamentale.

Tale “caratteristica” impone però al contempo, secondo i Giudici, una lettura particolarmente rigorosa.

Il dubbio maggiore rispetto alla corretta interpretazione della norma dell’art. 22 del contratto riguarda la necessità o meno che il servizio sia garantito per tutti i giorni della settimana.

In particolare, sorgono alcune perplessità in merito al fatto che il requisito della “continuità del servizio” debba essere interpretato come “continuità oraria giornaliera settimanale”

Numerosi sono stati i quesiti presentati all’Aran proprio sulla corretta interpretazione dell’art. 22 del Ccnl. 14 settembre 2000.

L’Agenzia ha chiarito ad esempio che l’indennità di turno non può essere corrisposta all’unico lavoratore che effettua prestazioni alternativamente in orario antimeridiano e pomeridiano.

In tal caso manca, infatti, l’indispensabile requisito previsto dall’art. 22, comma 3, del citato contratto e cioè che “il turno debba essere effettuato in strutture che prevedano un orario di servizio giornaliero di almeno dieci ore”.

Infatti, trattandosi di un unico lavoratore, l’orario di servizio presumibilmente dovrebbe coincidere con quello di lavoro e che esso necessariamente sarebbe determinato in misura inferiore al predetto minimo giornaliero.

In tale fattispecie, manca inoltre anche l’ulteriore requisito della rotazione tra più lavoratori.

I compensi per l’indennità di turno possono essere corrisposti a condizione che le prestazioni lavorative svolte in turnazione siano distribuite nell’arco del mese, in modo da realizzare una equilibrata e avvicendata distribuzione di turni antimeridiani, pomeridiani e, se previsti, notturni.

Non vi è dubbio, pertanto, che il contratto prende in considerazione solo un’articolazione nell’ambito dello stesso mese e a questa collega il legittimo pagamento dell’indennità.

Eventuali articolazioni dell’orario di lavoro, con variazioni mensili (un mese di turno interamente antimeridiano e un mese di turno interamente pomeridiano), non possono essere ricondotti alla disciplina dell’art. 22 e non legittimano, di conseguenza, la corresponsione dei relativi compensi.

Le stesse articolazioni potrebbero essere considerate come una particolare disciplina dell’orario ordinario.

L’Aran ha precisato anche che non è possibile coprire l’arco temporale dell’orario di servizio giornaliero di 10 ore previste per il turno, alternando personale interno ed esterno.

Se una parte delle 10 ore fosse affidata alle prestazioni di un soggetto esterno (es. una cooperativa) verrebbe a mancare il requisito fondamentale prescritto dal contratto e di conseguenza non potrebbe essere organizzato un lavoro in turno per prestazioni giornaliere di servizio inferiori a 10 ore e, comunque, non può essere certamente erogata l’indennità di turno a favore dei lavoratori interessati.

Non è possibile neppure articolare 2 turni di lavoro per un servizio giornaliero complessivamente superiore a 10 ore, ma caratterizzato da un’interruzione di un’ora.

La citata clausola contrattuale, anche in armonia con i consolidati orientamenti dell’Anci, può ritenersi soddisfatta solo in presenza di un orario di servizio continuativo di almeno 10 ore.

Lo scopo delle turnazioni, infatti, è quello di assicurare la continuità del servizio in una determinata fascia oraria (di almeno 10 ore) e non avrebbe senso istituirle quando il servizio potrebbe essere assicurato mediante particolari articolazioni dell’orario di lavoro.

Tra i servizi che negli Enti Locali hanno un orario articolato in turno c’è senz’altro quello della Polizia municipale.

Tale servizio però non sempre è svolto su sette giorni la settimana, ma frequentemente è espletato su 5 o 6 giorni.

Secondo l’interpretazione fornita dalla Cassazione nella sentenza in commento, l’indennità di turno dovrebbe essere corrisposta soltanto per i dipendenti che lavorano in servizi aperti per almeno 10 ore giornaliere, continuativamente e senza interruzioni (senza quindi chiusura domenicale e nei giorni festivi) e che hanno una distribuzione dei turni equilibrata e avvicendata su base mensile.

Anche la giurisprudenza amministrativa ha precisato che per la legittima erogazione dell’indennità di turno non dovrebbero esserci interruzioni nell’apertura settimanale del servizio.

Il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che “il servizio di Polizia municipale, non tollerando veruna soluzione di continuità nel suo svolgimento e, pertanto, risulta fisiologicamente articolato in turni in modo da comprendervi anche i giorni festivi e domenicali” (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 3047/06).

Appare necessario anche ricordare quanto precisato al riguardo dalla Corte Costituzionale nella Sentenza n. 146/71, ove i Giudici hanno chiarito che “la previsione di turni implica necessariamente il differimento del riposo festivo” (Corte cost., 30 settembre 1971, n. 146).

Per di più, “i turni, con riferimento alla specifica attività lavorativa della Polizia municipale, sono giustificati da evidenti «esigenze di funzionalità» degli Enti Locali” (Cons. Stato, Sez. V, Sent. n. 1518/06).

Per la giurisprudenza maggioritaria un orario articolato in “turni di lavoro” significa necessariamente “avvicendamento per orari che non corrispondono soltanto a quelli di “ordinaria” apertura degli uffici. Tali sono, fra le altre, talune esigenze dei servizi di polizia municipale, che devono essere prestati, in certa misura, per tutte le ore del giorno e per tutti i giorni della settimana” (Cons. Stato, Sent. n. 1518/06).

E’ necessario comunque segnalare anche quanto chiarito dall’Aran in merito alla possibilità di erogare l’indennità di turno ai dipendenti assegnati ad un certo settore che effettuano lavoro in turno dal lunedì al sabato, ciascuno per complessive 35 ore, pari al debito orario settimanale.

L’Agenzia ha precisato che, considerato che tali dipendenti, con la giornata del sabato, assolvono tutti il proprio debito orario settimanale (35 ore), non è possibile parlare di turno, “se si trattasse di vera e propria turnazione, la prestazione domenicale dovrebbe servire a completare il citato orario d’obbligo”.

Il dettato della norma contrattuale non è del tutto chiaro e spesso nella prassi si incontrato “applicazioni estensive”.

La questione affrontata dalla Cassazione infatti costituisce una problematica presente in molti Enti, ove l’indennità di turno a volte è stata riconosciuta anche a dipendenti addetti a servizi non aperti con continuità (con sospensione nella domenica e nei giorni festivi), con un orario di servizio “spezzato” (8-13 e 15-19), tutte condizioni che secondo la giurisprudenza maggioritaria, l’Aran e l’Anci, non sono sufficienti per l’erogazione dell’indennità di turno e che dovrebbero pertanto essere compensate semmai con l’indennità di disagio.

Conclusioni

Secondo la Cassazione, non hanno diritto all’indennità di turno i dipendenti del Comune che, pur avendo un orario articolato, lavorano in una struttura che non offre la continuità del servizio, ad esempio perché non è aperto la domenica e durante le festività.

Nel caso di specie, i Giudici di legittimità hanno chiarito che “non risultano soddisfatte le condizioni stabilite dall’art. 22 per la corresponsione dell’indennità di turno”, in quanto “risulta accertato in fatto la non continuità del servizio biblioteca: chiusura domenicale e nei giorni festivi; orario ridotto il sabato e il lunedì; orario di servizio “spezzato” dalle 8 alle 13 e dalle 15 alle 19”.

La Corte di Cassazione ha infatti seguito un’interpretazione rigorosa della citata norma contrattuale, ritenendo che il comma 3 della stessa, che prevede che “i turni (…) possano essere attuati in strutture operative che prevedano un orario di servizio giornaliero di almeno dieci ore”, debba essere inteso nel senso di orario di servizio continuativo e senza interruzioni per almeno 10 ore giornaliere per ogni giorno della settimana.

Secondo la Cassazione, interpretando al contrario il comma 3 “opererebbe esclusivamente sul piano delle scelte organizzative, imponendo all’Amministrazione di non istituire turnazioni fuori dall’ipotesi dell’orario di servizio continuativo di almeno dieci ore giornaliere, ma non su quello dei rapporti di lavoro, scaturendo comunque il diritto all’indennità dal lavoro distribuito secondo turni”.

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