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Appalti: è contraria ai principi comunitari la norma che vieta la partecipazione contestuale alle gare del consorzio stabile e delle singole imprese consorziate


Corte di giustizia europea, Sez. IV, 23/12/2009 n. C-376/08
di Alessio Tavanti

La norma del Codice dei Contratti pubblici che dispone l’esclusione automatica dagli appalti sotto la soglia e l’irrogazione di sanzioni penali per i consorzi stabili e le imprese che ne sono membri, quando queste ultime abbiano presentato offerte fra loro concorrenti, contrasta con la Direttiva 2004/18/CE.

E’ quanto ha affermato la Corte di Giustizia Europea con la sentenza in commento, con la quale ha dichiarato che una parte degli artt. 36 e 37 del Dlgs. n. 163/06 sono incompatibili con l’art. 4 del della Direttiva 2004/18/CE.

Alla Corte di Giustizia si era rivolto il Tar Lombardia, cui era stato presentato ricorso da una società avverso gli atti con cui un Comune aveva disposto l’esclusione della stessa da una gara d’appalto.

Nel caso di specie, l’Ente aveva indetto una gara d’appalto per l’assegnazione dei lavori  in materia di delegazioni anagrafiche, alla quale avevano presentato offerta di partecipazione sia un consorzio stabile, che un’impresa associata allo stesso consorzio.

Il Comune, ai sensi degli artt. 36 e 37 del Codice dei Contratti, aveva disposto l’esclusione dalla gara di entrambi i soggetti e aveva trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica per l’applicazione dell’art. 353 c.p..

L’impresa e il consorzio esclusi avevano quindi proposto ricorso al Tar contro tale decisione, sostenendo l’incompatibilità dell’art. 36, comma 5, del Dlgs. n. 163/2006 con l’art. 4 della Direttiva 2004/18/CE, con gli artt. 39 CE, 43 CE, 49 CE e 81 CE, nonché con il principio di non discriminazione.

Il Tar ha preliminarmente chiarito che le richiamate norme del Codice dei Contratti contengono una distinzione tra i consorzi stabili, i consorzi di cooperative di produzione e lavoro e i consorzi tra imprese artigiane, prevedendo solo per i primi un divieto assoluto alla contemporanea partecipazione allo stesso appalto del consorzio e delle società che ne fanno parte, pena l’esclusione automatica dalla gara e l’applicazione di sanzioni penali (art. 37, comma 7 Dlgs. n. 163/06).

Diversamente, per gli altri consorzi tale divieto trova applicazione unicamente nel caso in cui il consorzio abbia presentato un’offerta nell’interesse di una società suo membro, ipotesi non sussistente nel caso di specie.

I Giudici amministrativi hanno chiarito che i vari tipi di consorzi summenzionati non presentano tra loro differenze di finalità e di organizzazione.

Il Tar ha sollevato il dubbio se tale disparità di trattamento sia compatibile con il principio di non discriminazione e con l’esigenza comunitaria di garantire la più ampia partecipazione possibile alle procedure di appalti pubblici oltreché con l’art. 4 della Direttiva 2004/18/CE (trattandosi di esclusione dipendente unicamente dalla forma giuridica dell’Ente, considerato come consorzio stabile) e gli artt. 39 CE, 43 CE, 49 CE e 81 CE.

Inoltre, tale divieto assoluto è fondato esclusivamente sul dato formale della partecipazione di un’impresa a un certo tipo di consorzio, stabilendo pertanto una presunzione astratta d’interferenza reciproca tra consorzio ed impresa, senza che vi sia la necessità di alcuna considerazione in merito.

Il Tar ha inoltre posto il dubbio se tale divieto possa essere giustificato da un motivo imperativo di interesse pubblico attinente alla salvaguardia della regolarità delle procedure di appalti pubblici e se lo stesso non ecceda ampiamente il suo scopo.

Alla luce di tali considerazioni, il Tar Lombardia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia Europea tali questioni.

La Corte di Giustizia ha chiarito che, nonostante nel caso di specie non fosse applicabile la richiamata Direttiva 2004/18/CE in quanto gara sotto soglia, i principi generali del Trattato e in particolare il principio di parità di trattamento, devono essere sempre rispettati in qualsiasi procedura di gara.

La Corte ha anche precisato che riguardo ai principi di parità di trattamento e di trasparenza, che si impongono alle Amministrazioni in tutte le procedure di aggiudicazione di un appalto pubblico, gli Stati membri mantengono una certa discrezionalità nell’adozione delle misure idonee a garantirne l’osservanza e a sanzionarne i comportamenti contrari.

L’art. 37, comma 7, del Dlgs. n. 163/06, secondo i Giudici comunitari, disponendo l’esclusione automatica unicamente per il consorzio stabile e le imprese che ne sono membri, configura un trattamento discriminatorio a danno di tale forma di consorzio e, pertanto, non risulta conforme al principio di parità di trattamento ed è incompatibile con il principio di proporzionalità.

Detta previsione, configurando una presunzione assoluta d’interferenza reciproca tra consorzio e imprese che lo compongono nella presentazione di offerte concorrenti, è da ritenere in contrasto con l’interesse comunitario a che sia garantita la partecipazione più ampia possibile di offerenti ad una gara d’appalto esercitando un’influenza dissuasiva sugli operatori economici di altri Stati membri.

La Corte di Giustizia ha precisato che tale divieto, nonostante l’intento perseguito della lotta contro le collusioni potenziali tra il consorzio in questione e le imprese che lo compongono, va oltre quanto necessario per raggiungere tale obiettivo consistente nel garantire l’applicazione dei principi di parità di trattamento e di trasparenza.

I Giudici comunitari hanno quindi chiarito che le norme contenute negli artt. 36 e 37 del Codice dei contratti contrastano con la Direttiva 2004/18/CE.

A tal proposito, è necessario segnalare che la pronuncia della Corte di Giustizia è arrivata dopo che il nostro Legislatore aveva già modificato le norme sopra richiamate del Codice dei Contratti, rendendo il loro contenuto conforme ai principi comunitari, più volte richiamati anche nella sentenza in commento.

L’Italia era stata infatti più volte richiamata dall’Unione Europea per aver approvato norme non del tutto conformi con l’interesse comunitario a che sia garantita la partecipazione più ampia possibile di offerenti alle procedure di gara.

Il Legislatore è intervenuto con la Legge n. 69/09, entrata in vigore il 4 luglio 2009, che all’art. 17, concernente “Misure di semplificazione delle procedure relative ai piccoli appalti pubblici”, ha stabilito che, al fine tra l’altro di “incentivare l’accesso alle commesse pubbliche da parte delle piccole e medie imprese, a decorrere dal 1º luglio 2009 è abrogata la norma che vietava la partecipazione della stessa impresa a più di un consorzio stabile, contenuta nell’art. 36, comma 5, ultimo periodo, del Dlgs. n. 163/06”.

E’ stata inoltre abrogata la norma che vietava ai consorzi, tra società cooperative di produzione e lavoro e tra imprese artigiane [di cui all’art. 34, comma 1, lett. b), Dlgs. n. 163/06], la partecipazione alla medesima procedura di affidamento del consorzio e dei consorziati, negli appalti di lavori, forniture di beni e servizi sotto soglia ove il criterio di aggiudicazione scelto dalla stazione appaltante sia quello del prezzo più basso (art. 37, comma 7, ultimo periodo).

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