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L’Ufficio legale può essere alle dirette dipendenze del sindaco


Consiglio di Stato, Sez. V, Sent. n. 8870/09
Di Federica Caponi

L’ufficio legale del comune può essere un servizio di staff, posto sotto la diretta vigilanza del sindaco, al di fuori della struttura organizzativa dell’ente.

Questo il principio affermato dal consiglio di stato nella sentenza n. 8870/09 con la quale ha respinto il ricorso di un dipendente di un comune avverso la delibera con cui era stata approvata la struttura organizzativa dell’ente, che aveva inquadrato il posto di responsabile del servizio legale con qualifica non dirigenziale e la collocazione dello stesso servizio alle dipendenze del sindaco, come ufficio di staff.

Nel caso di specie, il responsabile dell’ufficio legale del comune, iscritto all’albo speciale degli avvocati, si era visto negare la qualifica dirigenziale a seguito della riorganizzazione degli uffici, che aveva posto il servizio legale fuori dalla struttura gerarchico-organizzativa dell’ente, inquadrandolo come ufficio di staff, alle dirette dipendenze del sindaco.

I giudici amministrativi hanno chiarito che un comune può decidere discrezionalmente di escludere il servizio legale dalla struttura gerarchica che caratterizza gli uffici, per riportarlo nell’ambito degli uffici definiti di “staff superiore”.

Di conseguenza, tale servizio può essere posto sotto la diretta direzione degli organi politici, senza avere al vertice un dirigente.

Secondo il tar, non può infatti negarsi all’ente, nel corretto esercizio della propria autonomia organizzativa, di giudicare sufficiente rispetto ai compiti del proprio servizio legale la dotazione di un responsabile senza qualifica dirigenziale, nonostante tale dipendente sia iscritto all’albo speciale degli avvocati.

Il principio della completa autonomia, di cui debbono godere gli uffici legali degli enti pubblici in applicazione dell’art. 3 del regio decreto n. 1578/33 (legge professionale forense), che costituisce indubbiamente un limite all’autonomia organizzativa del Comune, secondo i giudici amministrativi, risulta rispettato laddove l’ente abbia destinato agli affari legali un apposito servizio inserito tra gli uffici di staff, alle dirette dipendenza degli organi politici.

Tale interpretazione si discosta dalla posizione sostenuta dalla cassazione e ribadita anche di recente dalle sezioni unite civili nella sentenza n. 18359 del 19 agosto 2009.

La cassazione ha chiarito che la costante interpretazione dell’art. 3 della legge professionale forense ha sempre evidenziato la natura eccezionale della deroga prevista per gli addetti agli uffici legali di enti pubblici e la conseguente necessità d’interpretazione restrittiva della norma, non suscettibile d’interpretazione analogica.

La corte ha precisato che l’ufficio legale degli enti deve costituire un’entità organica autonoma, nell’ambito della struttura disegnata dalla pianta organica.

Al vertice di tale ufficio deve essere posto un soggetto con qualifica dirigenziale che possa agire con libertà ed autonomia, per le funzioni di competenza, con sostanziale estraneità all’apparato amministrativo, in posizione d’indipendenza e con esclusione di ogni altra attività.

Tali considerazioni, secondo la corte di cassazione, sono confermative dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine al carattere eccezionale del citato art. 3 del regio decreto n. 1578/33, che permette ai dipendenti pubblici di essere iscritti all’albo speciale degli avvocati, soltanto sul presupposto imprescindibile della “esclusività”dell’espletamento da parte loro dell’attività di assistenza, rappresentanza e difesa dell’ente pubblico presso il quale prestano la propria opera, nelle cause e negli affari dell’ente stesso.

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