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Mobilità: non può essere considerata cessazione ai fini di nuove assunzioni


Corte dei Conti, Sez. Autonomie, Deliberazione n. 21/09
di Chiara Zaccagnini

La cessazione per mobilità non è idonea a consentire nuove assunzioni, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 562, della Legge n. 296/06.

Questo è quanto ha precisato la Corte dei conti nella Deliberazione in oggetto, con la quale ha fornito chiarimenti in merito all’applicazione dell’art. 1, comma 562, della Legge n. 296/06.

Alla Corte si era rivolto un Ente Locale, non soggetto al Patto di stabilità, che aveva autorizzato nell’anno precedente una mobilità in uscita a favore di un altro Comune, soggetto al Patto, e successivamente aveva manifestato la volontà di procedere all’assunzione di un nuovo dipendente a tempo indeterminato mediante mobilità intercompartimentale, ai sensi dell’art. 30 del Dlgs. n. 165/01 (recentemente modificato dal Dlgs. n. 150/09).

L’Ente ha chiesto alla Corte se ai fini del calcolo del numero delle cessazioni di lavoro a tempo indeterminato, complessivamente intervenute nel precedente anno, si potesse fare riferimento alla mobilità.

La Corte si era già espressa sulla questione con alcuni pareri tra loro contrastanti.

Le Sezioni di controllo della Sardegna e del Piemonte avevano infatti affermato che si poteva “ritenere sussistere una cessazione del rapporto di lavoro con un Ente non solo a seguito di estinzione del rapporto, ma anche nei casi di passaggio di personale ad altra amministrazione attraverso la procedura di mobilità” ovvero che “nel limite delle cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nell’anno precedente devono ricomprendersi anche le cessazioni intervenute per mobilità“.

Secondo la Sezione Lombardia, invece, “il trasferimento per mobilità non deve essere configurato ed utilizzato quale operazione che permette che si instaurino nuovi rapporti di lavoro ai di fuori dei limiti numerici e di spesa previsti dalla disciplina vigente“.

Infine, la Sezione di controllo per il Veneto aveva affermato che “ai fini dei vincoli assunzionali, è da ritenersi che la mobilità in uscita da un ente minore (non soggetto al patto) non costituisca mai cessazione del rapporto di lavoro legittimante una nuova assunzione”.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri con la Circolare n. 4/08 si era espressa in merito affermando che “la mobilità di personale non può essere considerata cessazione a seguito del trasferimento. Infatti, il rapporto di lavoro prosegue con un altro datore di lavoro e dunque l’Amministrazione cedente può solo beneficiare dell’avvenuta cessione del contratto in termini di risparmio di spesa e di razionalizzazione degli organici, mentre la spesa permane in termini globali. Pertanto, la cessazione per mobilità non può essere considerata utile ai fini delle assunzioni vincolate verificatesi nell’anno precedente”.

Secondo la Corte, chiamata pronunciarsi sulla questione, la mobilità di personale in uscita comporta la prosecuzione del rapporto di lavoro con altro datore di lavoro, con conseguente risparmio di  spesa da parte dell’Amministrazione cedente.

La mobilità intercompartimentale, secondo quanto stabilito dall’art. 1, comma 47, della Legge n. 311/04, non incide in alcun modo sulla spesa complessiva.

Una nuova assunzione, a seguito di una mobilità in uscita, comporterebbe un incremento complessivo del personale con un conseguente nuovo onere a carico della finanza pubblica.

L’effettiva cessazione si riferisce al collocamento di un soggetto al di fuori dell’ambito lavorativo con il successivo venir meno della remunerazione, caratteristica non riferibile all’Istituto della mobilità.

In conclusione, secondo la Corte, la mobilità non può considerarsi cessazione ai fini di nuove assunzioni, ai sensi dell’art. 1, comma 562, della Legge n. 296/06.

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