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Incarichi esterni: è necessaria una verifica concreta delle professionalità presenti complessivamente all’interno dell’Ente


Corte dei conti, Sez. Giur. Lazio, Sentenza n. 1868 del 6 ottobre 2009

di Federica Caponi

E’ illegittimo l’affidamento di un incarico a un professionista esterno quando non è stata svolta un’approfondita e concreta verifica circa l’esistenza, all’interno dell’Ente, di idonee professionalità e sussiste, pertanto, responsabilità amministrativa del Dirigente che l’ha disposto.

Tale verifica deve essere effettuata considerando le risorse umane a disposizione presso l’intero l’Ente, non soltanto all’interno del Settore interessato.

La carenza di professionalità interne, seppur indubitabile (come nella maggioranza degli uffici pubblici), non può essere ritenuta una motivazione sufficiente circa la giustificabilità degli incarichi di consulenza.

Inoltre, è necessaria una congrua e articolata motivazione, oltre ad un’analitica descrizione delle attività oggetto dell’incarico, affinchè lo stesso possa essere considerato legittimo.

Questi gli importanti principi ribaditi dalla Corte dei conti, nella Sentenza in commento, con la quale hanno condannato un Dirigente al risarcimento del danno causato al Comune di appartenenza, a causa dell’indebito affidamento di un incarico di consulenza ad un professionista esterno.

Nel caso di specie, il Dirigente di un Ente aveva conferito un incarico di consulenza ad un professionista esterno per l’approfondimento di aspetti normativi e procedurali in materia di pianificazione territoriale.

La Procura Regionale della Corte dei conti, reputando illecito tale atto, aveva invitato il Dirigente comunale a presentare una relazione al fine di giustificarne il contenuto.

Il Dirigente aveva sostenuto la correttezza delle decisioni a causa della mancanza di personale amministrativo adeguatamente preparato, evidenziando che il professionista incaricato aveva dovuto affrontare e risolvere complesse questioni normative.

La Procura non ha ritenuto esaustive tali giustificazioni, rilevando che l’incarico di consulenza avesse in realtà ad oggetto attività di mera collaborazione con il Comune, priva di un effettivo contenuto risolutivo di particolari problematiche giuridiche, non sufficienti a giustificare il ricorso a consulenze esterne.

L’art. 7, comma 6, del Tu. sul pubblico impiego ha espressamente consentito alle P.A. il conferimento di incarichi individuali, solamente al ricorrere di talune, tassative condizioni e nell’ineludibile presupposto che le esigenze non possano essere soddisfatte dal personale in servizio.

Questo è il chiaro, imprescindibile paradigma cui tutte gli Enti si devono attenere e che trova conferma per gli Enti Locali nell’art. 110, comma 6, del Tuel, il quale ammette che “per obiettivi determinati, il regolamento può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità”.

La Corte dei conti ha chiarito che, nel caso in esame, negli atti dirigenziali non appare traccia di tali valutazioni e verifiche, riscontrandosi solo il mero rinvio alla grave carenza di personale.

I Giudici hanno precisato che “la carenza organica, seppur indubitabile (come nella maggioranza degli uffici pubblici), non può essere ritenuta una motivazione sufficiente circa la giustificabilità della consulenza affidata”.

Inoltre, non appaiono rilevanti neppure le richieste che più volte il Dirigente ha presentato all’Amministrazione per l’assegnazione di personale, in quanto, secondo i Giudici, le figure professionali in esse indicate avrebbero potuto al massimo assicurare la gestione ordinaria dell’Ufficio, non avendo richiesto il Dirigente alcuna particolare preparazione giuridica.

Secondo la Corte dei conti, è indubitabile comunque che non potesse addursi la carenza di organico visto che l’Ente ha un Ufficio legale.

Inoltre, negli atti non vi è il benchè minimo riscontro oggettivo che il Dirigente, prima di procedere all’affidamento degli incarichi, abbia chiesto all’Ufficio legale dell’Ente se vi fosse personale in grado di adempiere alle esigenze di programmazione e predisposizione di atti a contenuto particolare o generale.

Non risulta effettuato alcun tentativo per usufruire appieno delle professionalità interne, “quasi a preferire – da parte del Dirigente – un percorso certamente più agevole, in dispregio chiaro e univoco, della normativa esistente”.

Tale comportamento ha determinato, pertanto, un danno all’Ente rappresentato dall’onorario riconosciuto al professionista.

La Corte dei conti ha ritenuto che il Dirigente fosse certamente consapevole, anche per la sua posizione di apicale, dell’esistenza, nell’organizzazione comunale, di un ufficio deputato all’assistenza legale degli uffici.

Il mancato avvalimento di idonee risorse interne evidenzia un colpevole e consapevole dispregio delle norme, tale da rilevare una indubbia responsabilità amministrativa del Dirigente.

Sullo steso argomento vedi anche “Verifica allargata prima dell’incarico“, Il Sole 24 Ore del 16 novembre 2009

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