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Gare: se l’Ente modifica il bando devono essere riaperti i termini per la presentazione delle offerte


Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza n. 5038 del 25 agosto 2009
di Federica Caponi

Nel caso in cui la Stazione appaltante modifichi il bando, ammendo la partecipazione in Ati o il subappalti, si determina una rinnovazione sostanzialmente della lex specialis e non una mera rettifica della stessa.
E’ necessario, pertanto, che siano conseguentemente riaperti i termini di scadenza, che a norma dell’art. 70, Dlgs. n. 163/06, non possono essere inferiori a 52 giorni decorrenti dalla data di trasmissione del bando di gara.

Questo l’importante principio sancito dal Consiglio di Stato, nella Sentenza in commento, con la quale ha accolto il ricorso presentato da una Società avverso la Delibera della Stazione appaltante con cui la stessa aveva modificato il bando di gara e gli atti di aggiudicazione definitiva della stessa procedura.

Nel caso di specie, l’Azienda aveva indetto una procedura aperta in un unico lotto per la fornitura di alcuni beni.

Successivamente, l’Ente Ospedaliero aveva approvato una Delibera con la quale era stata modificata la lex specialis della gara, nel senso di consentire il subappalto, escluso nell’originario bando, in misura non superiore al 30% nonché la partecipazione anche di Ati orizzontali.

Inoltre, sempre con tale atto, l’Azienda aveva riformulato la griglia di valutazione delle offerte, modificandone i punteggi.

La Società ha presentato ricorso avverso la Delibera con cui sono state approvate integrazioni al bando di gara, sostenendo che la Stazione appaltante, avendo rinnovato sostanzialmente le regole della procedura con le modifiche approvate, avrebbe dovuto riaprire i termini della gara e prevedere il termine minimo di 52 giorni, stabilito dall’art. 70 del Dlgs. n. 163/06.

Il Tar, in primo grado, ha respinto il ricorso, non ritenendo le modifiche introdotte “innovative”, tali cioè da determinare la necessità della riapertura del bando, in quanto il subappalto in misura non superiore al 30% e la partecipazione anche di Ati orizzontali, essendo prevista negli artt. 118 e 37 del Dlgs. n. 163/06, è legittima anche in mancanza di apposita previsione nel bando di gara.

Ad avviso dei Giudici del Tar, infatti, era configurabile una vera e propria rettifica, un’ipotesi di informazione complementare, insuscettibile di influire sui termini di presentazione delle offerte.

Secondo il Consiglio di Stato, al contrario, alla Deliberazione che ha consentito il subappalto in misura non superiore al 30% e la partecipazione di Ati orizzontali, doveva essere attribuito il valore di modificazione sostanziale della lex specialis di gara.

Infatti, nel prescrivere espressamente che “saranno ammessi a partecipare alla gara, oltre che alle singole imprese, anche i raggruppamenti temporanei di tipo verticale ai sensi dell’art. 37 del Dlgs. n. 163/06”, l’art. 3 del disciplinare intendeva introdurre una disposizione limitativa e non certo ampliativa dei soggetti ammissibili.

Analogamente, nel precisare, che “il subappalto è consentito esclusivamente per la parte della fornitura relativa agli arredi” il disciplinare ha inteso escludere la possibilità del subappalto per le altre prestazioni che componevano il lotto di gara, in deroga all’espressa disposizione dell’art. 118, comma 2, del Dlgs. n. 163/06, secondo cui “tutte le prestazioni nonché lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano, sono subappaltabili e affidabili in cottimo”.

Entrambe le clausole, pertanto, secondo il Consiglio di Stato, erano funzionali alla realizzazione dell’assetto di interessi perseguito dalla Stazione appaltante.

Tale presupposto, quindi, fa si che tali integrazioni siano da considerasi essenziali per la futura sistemazione di rapporti con l’aggiudicatario, nel senso di impedire l’accesso ai soggetti privi di determinati requisiti organizzativi e strutturali (confermato anche dalla Cass., II, 7 novembre 1979, n. 5750).

Il Consiglio di Stato ha chiarito che tali modifiche “incidendo sulla possibile platea dei soggetti ammissibili, ambedue le clausole incidevano sul contenuto delle offerte e, quindi, sulla par condicio delle imprese partecipanti” (Cons. Stato, V 22 maggio 2001, n. 2830).

A tal proposito è necessario ricordare anche quanto chiarito dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti pubblici nel Parere n. 68/09, ove l’Autority ha precisato che “condizione necessaria, ma non sufficiente, per affermare la natura sostanziale della rettifica è che essa debba riguardare un elemento essenziale della procedura concorsuale, come conformata dagli atti di gara” (Tar Lombardia – Brescia, 28 novembre 2006 n. 1526; Tar Lombardia, Sez. III, 21 settembre 2005 n. 3682).

Si ha infatti modifica sostanziale e non una mera precisazione di alcune parti del bando quando le integrazioni incidono in modo rilevante sull’oggetto della prestazione e sui costi della stessa, obbligando, pertanto, l’offerente a rimodulare l’offerta.

Dall’essenzialità di tale modifica, consegue il carattere di vera e propria rinnovazione della lex specialis, dell’avviso di parziale rettifica del bando di gara e riapertura dei termini che, a norma dell’art. 70, Dlgs. n. 163/06, non può essere inferiore a 52 giorni decorrenti dalla data di trasmissione del bando di gara o dell’integrazione che abbia novato il bando stesso.

La definizione legislativa del termine come “minimo”, rispetto a quello maggiore che le Stazioni appaltanti possono fissare per la ricezione delle offerte e delle domande di partecipazione, tenuto conto della complessità della prestazione e del tempo ordinariamente necessario per preparare le offerte, secondo il Consiglio di Stato, rende irrilevante la prova che in un arco di tempo più lungo dei 26 giorni concessi, la Società ricorrente avrebbe potuto in concreto ricorrere al subappalto o partecipare ad Ati orizzontali.

Nel determinare in 52 giorni l’arco temporale fra la pubblicazione degli atti di gara e la ricezione delle domande, il Legislatore ha inteso porre a carico delle stazioni appaltanti la prova della particolare urgenza o di particolari condizioni che avrebbero potuto, in astratto, consentire una deroga, che non emerge in nessun atto dell’Azienda Ospedaliera.

Il Consiglio di Stato ha pertanto dichiarato l’illegittimità in radice della gara, così come espletata, accogliendo l’appello presentato e riformando la Sentenza di primo grado.

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