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Incarichi: è sempre necessario il contratto scritto, a pena di nullità


Tar Veneto, Sentenza n. 2329 del 17 agosto 2009
di Federica Caponi

Tutti i contratti stipulati dalle P.A., anche quando questa agisca jure privatorum, richiedono la forma scritta ad substantiam.
Non ha alcuna rilevanza l’eventuale Deliberazione dell’Ente, che sia prodromica alla stipulazione del contratto, considerato che un simile atto ha valenza esclusivamente interna e preparatoria del contratto con efficacia solo nei confronti del soggetto che ha la rappresentanza legale dell’Ente.

Questi gli importanti principi ribaditi dal Tar Veneto, nella Sentenza in commento, con la quale ha respinto il ricorso presentato da un professionista esterno, cui era stato affidato un incarico di consulenza, senza che fosse mai stato firmato un contratto.

Nel caso di specie, l’Ente aveva approvato una Delibera avente ad oggetto un incarico annuale di consulenza al professionista, poi prorogato anche per due anni successivi (2004-2006).

Nel 2006 l’Amministrazione aveva annullato in autotutela tale Deliberazione, perché risultava priva della copertura finanziaria, ritenendo inoltre tale incarico non afferente alle finalità istituzionali dell’Ente e per mancata stipulazione di un contratto scritto tra le parti, con conseguente inefficacia degli obblighi derivanti dalla Delibera stessa e necessità di provvedere al recupero delle somme di spettanza dell’Ente.

Il professionista ha impugnato l’atto di annullamento, richiedendo, tra l’altro, il pagamento delle spese sostenute per l’espletamento delle attività affidate e di quanto pattuito a titolo di corrispettivo.

I Giudici amministrativi hanno chiarito, preliminarmente, che tale controversia benché riguardi un incarico professionale che determina, una volta perfezionato, l’instaurazione di un rapporto di lavoro autonomo (di competenza del Giudice del Lavoro), in realtà è di competenza del Giudice amministrativo, perché ha ad oggetto la domanda di annullamento di una Delibera, con la quale, nell’esercizio del potere di autotutela, è stato annullato uno precedente atto della P.A.

Tale interpretazione trova ulteriore conferma nella mancata stipulazione, dopo l’adozione della citata Delibera, di un contratto tra le parti.

Il Tar ha chiarito che tutti i contratti stipulati dalla P.A. devono avere la forma scritta, a pena di nullità.

Non ha infatti alcuna rilevanza l’eventuale Delibera dell’Ente che sia “preparatoria” per la stipulazione del contratto.

Tale atto deliberativo ha, secondo i Giudici amministrativi, solo valenza interna, in quanto produce l’effetto di autorizzare il soggetto che può rappresentare nell’Ente alla firma del conseguente contratto.

Il Tar ha precisato che la “Delibera di autorizzazione a contrarre non può essere sintomatica della reale volontà dell’Ente, che deve necessariamente risultare da un atto contrattuale sottoscritto dal rappresentante esterno dell’Ente e dal privato”.

Soltanto con la firma del contratto si perfeziona definitivamente e concretamente il rapporto negoziale con le indispensabili determinazioni del contenuto del contratto.

La Corte di Cassazione ha, inoltre, reiteratamente affermato, in proposito, che il requisito della forma scritta a pena di nullità può ritenersi osservato solo in presenza di un documento che contenga in modo diretto la volontà contrattuale, perché redatto al preciso scopo di renderla manifesta, così da impegnare contestualmente sia il privato che la P.A. in ordine al contenuto concreto del negozio (Corte Cass. Civ., Sez. II, Sentenza n. 17891/03).

Il Tar ha chiarito che oltre alla prescrizione essenziale della forma scritta, vi sono altri canoni che disciplinano il potere di contrarre da parte della P.A..

In particolare, ogni atto negoziale degli Enti pubblici deve prevedere:

  • – il divieto di cessione del contratto in mancanza di una espressa autorizzazione della P.A.;
  • – il divieto di durata ultranovennale;
  • – per i contratti di durata, il divieto di rinnovo tacito oltre la scadenza convenuta, atteso che non è ammesso ne il rinnovo tacito, ne la proroga tacita del contratto stipulato con la P.A., anche quando il negozio alla scadenza non sia stato disdettato.

Secondo i Giudici amministrativi, nel caso di specie, nella Delibera di affidamento dell’incarico di consulenza mancavano tutte le sopra richiamate clausole negoziali.

In presenza di tali lacune, il Tar ha ritenuto la Delibera di affidamento priva dell’efficacia autorizzatoria a contrarre.

Inoltre, il contratto privo della forma richiesta ad substantiam è nullo ed insuscettibile di qualsivoglia forma di sanatoria.

Ciò in quanto la forma scritta dei contratti della P.A. è strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, sia nell’interesse del cittadino, che nell’interesse della stessa P.A., agevolando tale forma l’espletamento della funzione di controllo, ed è, quindi, espressione dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’Amministrazione.

Il Tar nella Sentenza in commento ha chiarito che i requisiti di validità dei contratti della P.A. devono essere rispettati anche quando la P.A. utilizzi gli Istituti di diritto privato.

Tali requisiti, infatti, attenendo alla legittima manifestazione della volontà e alla forma.

La manifestazione di volontà deve provenire dall’organo al quale è attribuita, ex lege, la legale rappresentanza, mentre la forma deve essere scritta, a pena di nullità, al fine di consentire i controlli cui l’azione amministrativa è sempre soggetta.

Pertanto, “ove faccia difetto una manifestazione della volontà dell’Ente pubblico, ovvero manchi la forma scritta ad substantiam, non si è in presenza di un contratto, ancorché invalidamente concluso, ma di un comportamento di fatto, privo di qualsiasi rilievo sul piano giuridico, mancando in radice quell’accordo tra le parti, presupposto dall’art. 1321 C.C. anche per il costituirsi di un contratto invalido e non opponibile ai terzi” (Cass. Civ., Sez. III, Sent. n. 15197/00).

E’ infatti ormai principio consolidato in giurisprudenza che il contratto d’opera professionale, quando ne sia parte committente una P.A. deve rivestire la forma scritta e tradursi, a pena di nullità, nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell’organo cui è attribuito il potere di rappresentanza dell’Ente, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto (Tar Campania, Salerno, Sez. I, Sent. n. 44/08).

Nel caso di specie, l’Ente, dato atto che dalla verifica dei documenti non risultava sottoscritto alcun contratto tra le parti, verificando che le attività, oggetto della Delibera con cui era stato affidato l’incarico, non rientravano negli scopi istituzionali dell’Ente, disponeva l’annullamento della Delibera stessa.

L’Ente dava, altresì, atto che tutte le prestazioni eseguite dal professionista incaricato e tutti i compensi dovuti al medesimo trovavano fondamento in un atto nullo, con conseguente necessità di procedere al recupero delle somme erogate.

I Giudici amministrativi hanno chiarito l’interesse pubblico evidenziato nella Delibera di annullamento impugnata, rappresentato dalla mancanza di copertura finanziaria e dalla estraneità delle finalità dell’incarico esterno rispetto agli scopi primari e fondanti dell’Ente, appare sufficiente a sostenere l’atto impugnato.

È noto che l’attualità e la specificità dell’interesse pubblico ad annullare un provvedimento in autotutela devono essere prevalenti rispetto all’affidamento ingenerato nel privato dal provvedimento ritirato.

L’esigenza di operare un bilanciamento degli interessi contrapposti in una valutazione globale della vicenda trova conferma in quanto stabilito dall’art. 21 novies della Legge n. 241/90, che stabilisce che “il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge”.

Secondo il Tar la motivazione della Delibera di annullamento è da considerasi prevalente rispetto all’interesse del privato alla conservazione, tenuto anche conto delle particolari condizioni in cui versava l’Ente.

Per quanto concerne la richiesta presentata dal professionista in merito all’accertamento del diritto ad ottenere il pagamento dei compensi pattuiti e il rimborso delle spese sostenute per gli anni 2004/2005/2006, il Tar ha chiarito che tali compensi e il relativo rimborso spese non trovano la loro fonte in un contratto stipulato tra le parti.

Ne discende, secondo i Giudici, che le somme eventualmente dovute dall’Ente al ricorrente dovrebbero limitarsi, ai sensi dell’art. 2041 C. C. all’utilità prodotta a favore dell’Ente dall’opera svolta dal professionista.

A tal proposito, i Giudici hanno precisato che una simile azione è di competenza del Giudice ordinario e non del Giudice amministrativo.

Alla luce delle considerazioni sopra evidenziate, il Tar Veneto ha respinto il ricorso presentato dal professionista in merito alla richiesta di annullamento dell’atto impugnato, mentre per quanto riguarda la domanda risarcitoria ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione e ha assegnato un termine di tre mesi per la prosecuzione della causa avanti al giudice ordinario.

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