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Servizi pubblici: sono illegittimi gli affidamenti diretti se non è richiesto il parere all’Antitrust


Tar Toscana, Sez. I, Sentenza n. 1430 dell’8 settembre 2009
di Federica Caponi

E’ illegittimo l’affidamento di un servizio pubblico a rilevanza economica da parte di un Comune se non sono stati trasmessi gli atti all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato al fine di acquisirne il necessario Parere, previsto dall’art. 23-bis del Dl. n. 112/08.

Il servizio pubblico di illuminazione votiva dei cimiteri comunali è un servizio pubblico locale a rilevanza economica e fruizione individuale, poiché richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi e personale da destinare ad un’attività economica rilevante in quanto suscettibile, quanto meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore.

Questi gli importanti principi ribaditi dal Tar Toscana, nella Sentenza in commento, con la quale ha dichiarato l’illegittimità degli atti con cui un Comune aveva deliberato l’affidamento diretto alla propria partecipata del servizio di illuminazione votiva, senza richiedere il Parere all’Antitrust.

Nel caso di specie, un Comune, nel novembre 2008, a seguito della scadenza della concessione del servizio di illuminazione con lampade votive del cimitero cittadino, affidata ad una Società, aveva deliberato l’affidamento diretto alla propria Società partecipata, costituita per la gestione del patrimonio comunale, sostenendo che il servizio di illuminazione votiva è privo di rilevanza economica.

Avverso tale Deliberazione ha presentato ricorso una Società, sostenendo che il Comune ha affidato alla predetta società non solo la riscossione dei proventi, ma anche la manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti, nonché l’estensione della rete, il che esaurirebbe il contenuto tipico del servizio e, pertanto, tale atto avrebbe violato gli artt. 113 e 113-bis del Dlgs. n. 267/00 e dell’art. 23-bis Dl. n. 112/08.

L’Amministrazione comunale ha osservato che tali disposizioni non trovano applicazione ogni qual volta l’Ente intende provvedere direttamente a gestire il servizio, anziché ricorrere al mercato.

Permarrebbe in tal caso, secondo il Comune, in capo allo stesso il potere di auto produrre beni e servizi attraverso soggetti legati all’Ente da rapporto interorganico (c.d. affidamento “in house”).

In tal caso, non vi sarebbe alcuna violazione della concorrenza in quanto la fattispecie rimarrebbe fuori dal mercato.

I Giudici amministrativi hanno preliminarmente osservato che ai fini della verifica di legittimità della Delibera di affidamento, è necessario chiarire la natura del servizio pubblico di illuminazione votiva dei cimiteri comunali, se abbia rilevanza economica o meno e quale sia, pertanto, la norma di riferimento, se l’art. 113-bis del Tuel o l’art. 113 del Tuel e l’art. 23-bis del Dl. n. 112/08.

Per quanto riguarda la natura del servizio, la giurisprudenza ha chiarito che trattasi di servizio pubblico locale a rilevanza economica e fruizione individuale, poiché richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi, personale da destinare ad un’attività economica rilevante in quanto suscettibile, quanto meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore (CdS., Sez. V, Sent. n. 1600/08).

Secondo il Tar, tale interpretazione si evincerebbe dal Dm. 31 dicembre 1983 che ricomprendeva tra i “servizi pubblici a domanda individuale” proprio quello di illuminazione votiva, oggi confermato dall’art. 172, comma 1, lett. e), del Tuel che impone di allegare al bilancio di previsione le Deliberazioni con le quali sono determinate le tariffe per i servizi a domanda individuale (CdS., Sez. V, Sent. n. 6049/08).

Il Tar ha così chiarito che tale servizio ha natura di servizio pubblico a rilevanza economica.

Quanto all’applicabilità dell’art. 113-bis, i Giudici amministrativi hanno richiamato la Sentenza della Corte Costituzionale n. 272/04 con cui è stata dichiarata l’incostituzionalità di tale disposizione.

I servizi oggetto della norma non attengono infatti alla tutela della concorrenza (come invece i servizi di rilevanza economica) e perciò la relativa disciplina non spetta alla competenza statale, ex art. 117 Cost.

Ciò ha determinato, di fatto, una sorta di vuoto legislativo per i servizi privi di rilevanza economica, che non è stato colmato neppure dall’art. 23-bis del Dl n. 112/08, il quale si riferisce espressamente ai servizi a rilevanza economica.

Nel caso di specie, comunque, stante la “certa” rilevanza economica del servizio oggetto di affidamento, la norma applicabile non potrebbe essere l’art. 113-bis del Tuel, ma l’art. 113 dello stesso Tu. e l’art. 23-bis del Dl. n. 112/08.

In tale quadro legislativo, la giurisprudenza ha affermato che l’Amministrazione comunale ha un’amplissima discrezionalità nella scelta delle modalità di svolgimento dei servizi pubblici locali, potendo sempre ricorrere all’affidamento diretto, nel rispetto delle condizioni previste per l’in house providing.

A seguito delle modifiche introdotte dall’art. 23-bis del Dl. n. 112/08, in deroga alle modalità di affidamento ordinario dei servizi, “per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l’affidamento può avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria”.

In tal caso, l’Ente deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un’analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Antitrust per l’espressione di un Parere sui profili di competenza da rendere entro 60 giorni dalla ricezione della predetta relazione.

Nel quadro normativo previgente l’unico modulo gestionale non concorsuale era contemplato dalla lett. c) del comma 5, che consente l’affidamento diretto della gestione dei servizi pubblici a società a capitale interamente pubblico, purché le stesse soddisfino la condizione della gestione “in house providing”, secondo le indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione, che possono farsi risalire al caso Teckal (causa C – 107/1998, Sentenza del 18.11.1999).

La Giurisprudenza ha di recente ristretto, ulteriormente, l’ambito di operatività della figura dell’in house providing, avendo ritenuto essenziale, in aggiunta alla necessaria totale proprietà del capitale da parte del soggetto pubblico, il concorso dei seguenti ulteriori fattori, idonei ad assicurare un controllo effettivo, e non solo formale o apparente:

  • – il controllo del bilancio, il controllo sulla qualità dell’Amministrazione;
  • – la spettanza di poteri ispettivi diretti e concreti;
  • – la totale dipendenza dell’affidatario diretto in tema di strategie e politiche aziendali.

L’art. 23-bis va, pertanto, ad incidere sui modelli di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, i quali, in via ordinaria, vanno esternalizzati previa gara e non possono essere oggetto, ordinariamente, di affidamenti “in house”.

Tale conclusione si pone in linea con la Giurisprudenza che afferma la natura eccezionale del sistema dell’in house providing, al quale gli Enti Locali possono ricorrere previa specifica motivazione, laddove le condizioni di mercato non consentono di assicurare lo svolgimento efficiente di un determinato servizio.

Anche secondo il parere dell’Antitrust, per gli affidamenti in deroga disciplinati dall’art. 23-bis, comma 3, si prevede che essi avvengano nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria.

Il Comune che intenda affidare un servizio pubblico locale deve presentare una richiesta di Parere, corredata dalle informazioni e dai documenti rilevanti, all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, prima di adottare la Deliberazione di affidamento del servizio e, in ogni caso, in tempo utile per il rilascio del prescritto Parere.

In particolare, l’Ente Locale deve fornire all’Antitrust una relazione contenente gli esiti delle indagini di mercato, da cui risulti la convenienza dell’affidamento diretto rispetto all’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica, informazioni circa le modalità con le quali sono stati resi pubblici tali elementi e tutte le indicazioni soggettive relativa all’impresa interessata e “l’Ente Locale deve tener conto del parere rilasciato”.

Secondo il Tar, nel caso di specie, la Deliberazione impugnata è risultata irrimediabilmente viziata in quanto:

  • – è stata assunta, con falsa applicazione dell’art. 113-bis del Tuel, sul presupposto, rivelatosi erroneo, che il servizio di illuminazione votiva costituisse “servizio pubblico privo di rilevanza economica”;
  • – il provvedimento è stato adottato in violazione dell’art. 23-bis del Dl. n. 112/08, non essendo stato adempiuto l’obbligo di trasmettere gli atti all’Antitrust, al fine di acquisirne il necessario Parere;
  • – il provvedimento è stato emesso senza previo accertamento di situazioni che non permettono un efficace e utile ricorso al mercato.

Conseguentemente, il Tar Toscana ha accolto il ricorso presentato da una Società e ha annullato la Delibera con cui il Comune aveva affidato direttamente il servizio di illuminazione votiva alla propria Società partecipata.

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