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Incarichi esterni: le Regioni possono approvare disposizioni derogatorie delle norme statali


Corte Costituzionale, Sentenza n. 252 del 30 luglio 2009
di Federica Caponi

Le disposizioni contenute nell’art. 7, comma 6, del Dlgs. n. 165/01 non comprimono l’autonomia delle Regioni, ma si limitano a stabilire dei criteri oggettivi di professionalità, che non mettono in discussione il carattere discrezionale della scelta dei collaboratori.


Le Regioni, pertanto, per accentuare tale carattere, ben possono derogare ai criteri statali, purché prevedano, in alternativa, altri criteri di valutazione, ugualmente idonei a garantire la competenza e professionalità dei soggetti di cui si avvalgono e a scongiurare il pericolo di un uso strumentale e clientelare di tali incarichi.
Questo l’importante principio sancito dalla Corte Costituzionale, nella Sentenza in commento, con la quale ha dichiarato l’incostituzionalità di alcune disposizioni contenute in una Legge della Regione Marche.
La Corte è intervenuta a seguito del giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri avverso gli artt. 4, comma 1, e 5, comma 2, della Legge della Regione Marche n. 7/08.
Secondo il Presidente del Consiglio dei Ministri, la Legge regionale presenterebbe evidenti profili d’illegittimità costituzionale, in quanto consente il conferimento di incarichi e l’instaurazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa presso i gruppi consiliari e le segreterie della Giunta regionale a personale esterno all’Amministrazione regionale, indipendentemente dal possesso dei requisiti fissati dall’art. 7, comma 6, del Dlgs. n. 165/01.
In particolare, una delle norme censurate stabilisce che i gruppi consiliari, in considerazione delle peculiari funzioni loro proprie o per esigenze di servizio, qualora non siano in grado di ricorrere a personale proveniente dal ruolo unico regionale, possono alternativamente avvalersi, con spesa a carico del bilancio della Regione:
a) di personale comandato dallo Stato, ivi compreso il personale docente, amministrativo e ausiliario delle scuole, dagli Enti Locali o da altri Enti pubblici;
b) di personale esterno, limitatamente ad una unità per gruppo. L’incarico al personale esterno è conferito dall’ufficio di presidenza, con rapporto di lavoro dipendente a termine o con rapporto di lavoro autonomo, indipendentemente dal possesso dei requisiti indicati al comma 6 dell’art. 7 del citato Decreto.
La seconda norma censurata prevede che gli uffici delle segreterie particolari della Giunta regionale, per sopperire alle proprie esigenze lavorative, possano essere integrati con due unità di personale esterne all’Amministrazione, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, indipendentemente dal possesso dei requisiti indicati nella norma statale.
I Giudici costituzionali hanno dichiarato fondate le questioni sollevate con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.
La Corte ha precisato che il riconoscimento, a favore dei gruppi consiliari e alle Giunte regionali, di un certo grado di autonomia nella scelta dei propri collaboratori esterni, non esime la Regione dal rispetto del canone di ragionevolezza e di quello del buon andamento della P.A.
La norma contenuta nel comma 6, dell’art. 7, del Dlgs. n. 165/01, non comprime l’autonomia delle Regioni, ma si limita a stabilire dei criteri oggettivi di professionalità, che non mettono in discussione il carattere discrezionale della scelta dei collaboratori.
La Regione, infatti, per accentuare tale elemento di autonomia, ben può derogare ai criteri statali, purché preveda, però, in alternativa, altri criteri di valutazione, ugualmente idonei a garantire la competenza e professionalità dei soggetti di cui si avvale ed a scongiurare il pericolo di un uso strumentale e clientelare delle cosiddette esternalizzazioni.
Nella legislazione della Regione Marche, secondo i Giudici costituzionali, non sono rinvenibili criteri di valutazione idonei a garantire che la scelta dei collaboratori esterni avvenga secondo i canoni della buona amministrazione.
La Regione, nel disciplinare in modo autonomo le modalità di selezione del personale esterno destinato a collaborare con i gruppi consiliari e le segreterie della Giunta, non ha previsto alcun criterio selettivo alternativo a quelli dettati dalla legge statale, consentendo così l’accesso a personale esterno del tutto privo di qualificazione, in modo irragionevole e in violazione del canone di buon andamento della P.A.
La Corte Costituzionale ha così dichiarato l’incostituzionalità delle disposizioni degli artt. 4, comma 1, e 5, comma 2, della Legge della Regione Marche n. 7/08, nella parte in cui consentono il conferimento di incarichi a personale esterno all’Amministrazione regionale, e l’instaurazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, indipendentemente dal possesso dei requisiti fissati dall’art. 7, comma 6, del Dlgs. n. 165/01, senza aver previsto, in alternativa ai criteri statali, altre condizioni ugualmente idonee a garantire i principi di buon andamento e imparzialità della P.A.

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