Entra in area riservata:
Entra in area riservata:
 

Affidamento servizi: è sempre necessaria la firma del contratto dopo l’atto di aggiudicazione


Consiglio di Stato, Sez. VI, Sentenza n.6275 /08

Nel procedimento di formazione dei contratti della P.A. devono essere tenute distinte la fase dell’aggiudicazione rispetto a quella della stipula del contratto, così come disciplinato espressamente dall’art. 11 del Codice dei Contratti pubblici.


Anche laddove il procedimento possa seguire modelli che ancora ammettono la contestualità dei due atti, deve comunque essere inviato agli interessati, prima dell’aggiudicazione, uno schema negoziale contenente condizioni generali e speciali, non escluse quelle relative al quando dell’insorgere del vincolo, che dunque può essere diacronicamente posticipato rispetto all’aggiudicazione.
Questo l’importante principio sancito dal Consiglio di Stato nella Sentenza in commento, con la quale ha respinto in appello il ricorso presentato da alcune Società, aggiudicatarie in Rti di una fornitura di servizi, che avevano chiesto la risoluzione del contratto con la P.A. committente e il risarcimento del danno conseguente.
I Giudici amministrativi hanno confermato la Sentenza del Tar in primo grado, in quanto manca l’oggetto immediato della domanda, cioè il contratto.
Nel caso di specie, le Società avevano partecipato in raggruppamento temporaneo alla licitazione privata indetta da una P.A. per la fornitura di un servizio, risultandone aggiudicatarie.
Dopo un prolungato scambio di corrispondenza in cui le parti lamentavano reciproche inadempienze preliminari, la P.A. ha comunicato “di recedere dall’affidamento dei lavori di montaggio per inadempienza della controparte parte”.
Il Tar adito in primo grado dalle Società, dopo aver riconosciuto la giurisdizione amministrativa, trattandosi di controversia su rapporto anteriore alla stipulazione del contratto, ha dichiarato inammissibile il ricorso per la risoluzione del contratto per inadempimento della P.A., ai sensi dell’art. 1453 Codice Civile, e il consequenziale risarcimento del danno, in ragione della mancata impugnazione dell’atto di revoca contrattuale adottato dalla Stazione appaltante.
Le ricorrenti avevano presentato appello, sostenendo che non esisteva nessun provvedimento di revoca e, comunque, lo stesso sarebbe stato emesso da soggetto incompetente.
Il Consiglio di Stato ha preliminarmente precisato che nel procedimento di formazione dei contratti della P.A. l’attuale tendenza (disciplinata dall’art. 11 del Codice dei Contratti pubblici) è quella di separare l’aggiudicazione della procedura dalla stipulazione del contratto.
Prevale infatti l’opinione che, anche laddove il procedimento segua modelli che ancora ammettono la contestualità dei due atti, sia facoltà della P.A. tenerli distinti, come è avvenuto nel caso di specie.
E’ necessario, infatti, ricordare che, se è vero che l’art. 16, comma 4, del Rd. n. 2440/23 (Legge di contabilità di Stato) prevede che in caso di asta pubblica o di licitazione privata “il verbale di aggiudicazione equivale, ad ogni effetto di legge, a contratto”, la prassi, sia amministrativa che giurisprudenziale, ha superato questo principio, riconoscendo alla norma natura derogabile, facendo leva sull’art. 89 del Rd. n. 827/24 (Regolamento di contabilità di Stato), secondo cui va inviato agli interessati, prima dell’aggiudicazione, uno schema negoziale contenente condizioni generali e speciali, non escluse quelle relative al quando dell’insorgere del vincolo, che dunque può essere posticipato rispetto all’aggiudicazione.
Alla luce di tali considerazioni la domanda di risoluzione del contratto deve ritenersi inammissibile per la stessa mancanza dell’oggetto immediato.
I Giudici hanno, inoltre, chiarito che anche ammesso che il contratto dovesse ritenersi stipulato al momento dell’aggiudicazione, la domanda di risoluzione del contratto proposta dinanzi al giudice amministrativo sarebbe stata comunque valutata disgiuntamente dall’esercizio dei poteri di riesame che la P.A., comunque, mantiene sugli atti che compongono la fase pubblicistica antecedente.
Nel caso di specie, peraltro, l’inadempimento che le ricorrenti imputano alla Stazione appaltante è proprio quello di non aver dato esecuzione al rapporto in virtù del provvedimento di “recesso” adottato dal Responsabile.
Il Consiglio di Stato ha precisato che è fuor di dubbio che tale atto, al di là dell’improprio nomen iuris utilizzato, costituisca una peculiare fattispecie di revoca dell’aggiudicazione per fatti sopravvenuti.
Pertanto, nessun addebito di responsabilità può essere formulato secondo i Giudici a carico dell’Ente se non previa considerazione della legittimità del suo operato, che nella specie doveva necessariamente passare attraverso il vaglio di legittimità del provvedimento amministrativo adottato, considerato inoltre che lo stesso, ove non impugnato, è idoneo a travolgere il contratto (proprio muovendo dall’assunto degli appellanti, secondo cui aggiudicazione e stipulazione del contratto coincidono), rendendo l’azione contrattuale proposta priva di titolo.
Quanto alla domanda di risarcimento del danno, questa è stata ritenuta inammissibile.
Il Consiglio di Stato ha anche chiarito che anche a volerla qualificare nel senso di una richiesta di danni extracontrattuali (o precontrattuali), difetterebbe pur sempre la mancata impugnazione dell’atto di revoca, dal quale dipende il danno ritenuto ingiusto.

Pubblicato in Senza categoria

Richiedi informazioni