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L’art. 23-bis si applica ai servizi pubblici locali con rilevanza economica


Corte dei conti, Lombardia Sez. Controllo, Parere n. 195/09
di Chiara Zaccagnini

L’amministrazione locale può ricorrere al mercato nell’esternalizzazione dei servizi pubblici, ma deve preventivamente verificare se tale servizio abbia rilevanza economica ai fini dell’applicazione dell’art. 23-bis del Dl. 112/08.


Questo è quanto viene affermato dalla Corte dei conti, Sezione di controllo per la Lombardia, rispondendo ad un quesito in merito all’ambito di applicazione dell’art. 23-bis del Dl. n. 112/08,presentato dal Sindaco di un comune.
Le disposizioni contenute in tale articolo tendono a limitare sostanzialmente l’affidamento diretto alle  società in house della gestione dei servizi pubblici.
La nuova norma prevede che il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avvenga, in via ordinaria, a favore di soggetti individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato istitutivo della Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità.
È possibile derogare a tale principio generale in presenza di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento che non permettano un efficace ed utile ricorso al mercato. In tale circostanza, l’Ente deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un’analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti di tale verifica all’Autorità Garante della concorrenza, per l’espressione di un parere.
I giudici contabili hanno precisato che i risultati finanziari delle società in house devono essere conteggiati insieme a quelli dell’Ente socio, al fine di impedire che si creino situazioni occulte di debito pubblico, anche in mancanza di un consolidamento specificamente disciplinato.
Problemi applicativi sono presenti nel nostro ordinamento interno, in quanto tale materia ha subito nel tempo numerose modifiche che hanno reso difficile l’armonizzazione della normativa italiana ai principi comunitari.
Non sussiste nel nostro ordinamento un concetto univoco di servizio pubblico, sebbene l’art. 112 del Dlgs. 267/2000 stabilisca che spetti all’Ente locale la “produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.
Vi sono due concezioni giuridiche del servizio pubblico, una nominalistica e soggettiva, nella quale rientra ogni attività non necessariamente pubblica che i pubblici poteri svolgono o per disposizione di legge o per assunzione volontaria, l’altra sostanziale ed oggettiva, ove è la natura dell’attività ad individuare il servizio pubblico indipendentemente dalle modalità di gestione e dal soggetto erogatore.
Il Legislatore ha preferito non delineare una nozione generale di servizio pubblico.
L’ordinamento non impone quali interessi pubblici siano da soddisfare ma lascia autonomia alle singole Amministrazioni di individuazione questi ultimi disciplinando le diverse modalità di gestione delle attività così individuate, attraverso una serie vastissima di organismi, anche mediante l’affidamento sotto forma di concessione o di contratti con privati.

Nodo cruciale e controverso riguarda la distinzione tra servizi pubblici a rilevanza economica e servizi pubblici privi di tale rilevanza.
L’art. 23-bis si riferisce espressamente ai servizi a rilevanza economica, ai quali deve essere applicata la normativa comunitaria sulla concorrenza, alla quale non soggiacciono i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica.
La Commissione europea, nel Libro Verde relativo ai servizi di interesse generale ha messo in evidenza come la distinzione tra attività economiche e non abbia carattere dinamico ed evolutivo, cosicché non sarebbe possibile fissare a priori un elenco definitivo dei servizi di interesse generale di natura non economica.
I servizi locali privi di tale rilevanza si connotano in relazione al soggetto erogatore, ai caratteri e alle modalità della prestazione, mentre un’attività economica si definisce come tale non solo per il fine produttivo a cui è indirizzata, ma anche in base al metodo con cui viene posta in essere. Tale attività può dirsi condotta con metodo economico quando le entrate percepite per l’attività sono tese a rimunerare i fattori produttivi utilizzati, consentendo nel lungo periodo non soltanto la mera copertura dei costi, ma anche un potenziale profitto d’impresa.
L’art. 113 del Tuel prevede la possibilità di costituire società miste pubbico-private per la gestione di servizi pubblici privi di rilevanza economica, e delinea per l’eventuale scelta dei soci privati o per la collaborazione delle azioni sul mercato il ricorso alla procedura dell’evidenza pubblica. In questo caso il costo del servizio pubblico privo di rilevanza economica non coperto dalle entrate proprie dell’attività debba far carico all’ente costitutore attraverso il reperimento di mezzi nel proprio bilancio, trovando quindi all’interno di quest’ultimo i mezzi per la copertura della spesa.
Secondo la Corte dei conti Lombardia, pertanto il discrimine tra rilevanza economica o meno di un servizio pubblico non dipende né dalla natura dell’attività né dal suo oggetto, ma dai requisiti di economicità dell’attività stessa.

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