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Mansioni superiori in assenza di requisiti: è danno erariale


Rispondono di danno erariale i commissari di liquidazione dell’Ente che, senza una valutazione scrupolosa ed attenta e contrariamente ai pareri resi dai vertici amministrativi, dal Collegio dei revisori, e dai legali incaricati, riconoscono ai dipendenti l’inquadramento in qualifiche superiori ed emolumenti stipendiali non dovuti.

Questo il principio espresso dalla Corte dei Conti, sez. centrale di Appello, con la sentenza n. 9 depositata il 9 gennaio 2018, con la quale è stata confermato il disposto della sentenza n. 12/2016 della sezione giurisdizionale della Sardegna.

Nel caso di specie i commissari liquidatori di un Consorzio avevano concluso una transazione con tre dipendenti con la quale era stato loro riconosciuto un inquadramento nella qualifica superiore, nonostante i compiti assegnati fossero del tutto sovrapponibili a quelli assegnati all’atto dell’assunzione.

Successivamente i dipendenti avevano richiesto e ottenuto, oltre alla più favorevole posizione, le differenze stipendiali e altri emolumenti a vario titolo (indennità di rischio, di reperibilità, rimborso chilometrico ecc.), dalla data di assunzione.

I giudici contabili hanno ritenuto illegittimi i provvedimenti adottati e, di conseguenza, indebite le spese erogate in favore dei dipendenti, stante l’infondatezza, sia dal punto di vista giuridico che economico, delle pretese avanzate dai lavoratori nonché l’illegittimità delle modalità con cui le operazioni erano state portate a compimento.

I passaggi alla categoria superiore sarebbero dovuti avvenire sulla base delle necessità organizzative, tecnologiche e funzionali del Consorzio, previa valutazione delle attitudini e delle potenzialità dei lavoratori interessati, con riferimento ai requisiti della posizione da acquisire.

Quindi, il procedimento da seguire avrebbe dovuto comportare dapprima la valutazione delle esigenze dell’Ente, di poi l’esame delle posizioni “vacanti” da assegnare e, infine, l’individuazione dei lavoratori da adibirvi.

Leggi la sentenza
CC I° Sez. Centrale Appello sentenza n. 9 – 2018


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