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Indebita esternalizzazione di un’attività istituzionale propria dell’Ente locale


Il ricorso alla prestazione di soggetti estranei all’organico comunale per lo svolgimento di attività tipiche e ordinarie, quale è il servizio di elaborazione paghe, tipico di ogni p.a. e privo di una particolare complessità o peculiare tecnicismo, si configura come una decisione palesemente irragionevole e antieconomica, suscettibile di arrecare un pregiudizio erariale, se l’amministrazione dispone di adeguate professionalità interne e non sussistono esigenze di carattere eccezionale.

Questo il principio ribadito dalla Corte dei Conti, sez. centrale di Appello, con la sentenza n. 399 depositata l’11 ottobre 2017, con la quale è stata confermata la responsabilità per danno erariale a carico, a diverso titolo, del responsabile finanziario, del segretario comunale, del sindaco e della giunta comunale, per aver affidato all’esterno il servizio paghe dell’ente, nonostante la presenza di personale interno capace di svolgere le relative attività (CC sez. Molise, sent. n. 43/2016).

Come sottolineato dai giudici contabili sono molteplici le norme a presidio del principio secondo cui le pubbliche amministrazioni devono svolgere le proprie funzioni con il personale in organico ed espressamente qualificano come strumento del tutto eccezionale e circoscritto il ricorso ad affidamenti esterni.

Ciò non vuol dire che l’implementazione indiretta della pianta organica attraverso processi di esternalizzazione sia sempre, e in quanto tale, un’infrazione suscettibile di arrecare un pregiudizio erariale, purché, beninteso, la scelta amministrativa adottata non risulti arbitraria, palesemente irragionevole ed antieconomica.

Nel caso di specie, considerato il carattere elementare degli adempimenti esternalizzati, di non particolare complessità ed assolutamente ordinari e routinari, l’ente avrebbe potuto procedere ad una riorganizzazione ed efficientamento della forza lavoro, con procedure a mobilità interna e/o esterna.

Leggi la sentenza
CC Giur. I Sez. Appello sent. n. 399 – 2017


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