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Puglia, del. n. 95 – Spesa per il servizio civico: rientra tra quelle previste per il personale?


Un sindaco ha chiesto se i contributi economici destinati ad incentivare forme di impegno civile e destinati a soggetti beneficiari reclutati secondo criteri di necessità e indigenza siano da ricondurre alla spesa del personale e, quindi, alla disciplina finanziaria vincolistica prevista per la stessa.

I magistrati contabili della Puglia, con la deliberazione 95/2017, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 10 luglio, hanno evidenziato che a livello normativo, sia nazionale che regionale, sono previsti istituti che disciplinano lo svolgimento di attività di servizio a fronte dell’erogazione di un contributo economico.

In linea generale ed astratta, rientra, quindi, nelle funzioni istituzionali del comune l’istituzione di provvidenze, comunque denominate, da conferire a singoli individui in situazione di difficoltà economica: a tal fine l’ente dovrebbe dotarsi di un regolamento per disciplinare i presupposti e le modalità di erogazione, anche in relazione all’eventuale svolgimento di attività da parte del soggetto beneficiario del contributo.

Tuttavia, nonostante il legislatore abbia previsto negli anni la possibilità per le pubbliche amministrazioni di avvalersi di prestazioni lavorative di carattere occasionale o comunque flessibile, ha espressamente previsto che tale possibilità sia concessa solo ed esclusivamente negli stretti limiti dei vincoli previsti in materia di contenimento della spesa del personale.

A tal proposito, la disciplina del lavoro occasionale di tipo accessorio, attualmente disciplinata dal nuovo articolo 54 bis del d.l. 50/2017 (introdotto dalla legge di conversione 96/2017) prevede la possibilità di attivare contratti di lavoro per prestazioni occasionali, attività lavorative svolte entro il limite, nel corso di un anno civile, per ciascun prestatore, di compensi di importo complessivamente non superiore a 5.000 euro, con riferimento alla totalità degli utilizzatori, e di 2.500 euro nei confronti dello stesso utilizzatore, e per ciascun utilizzatore, con riferimento a compensi di importo complessivamente non superiore a 5.000 euro nei confronti di tutti i prestatori.

Le pubbliche amministrazioni possono far ricorso a tale tipo di contratti, nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale, “esclusivamente per esigenze temporanee o eccezionali:

a) nell’ambito di progetti speciali rivolti a specifiche categorie di soggetti in stato di povertà, di disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o che fruiscono di ammortizzatori sociali;

b) per lo svolgimento di lavori di emergenza correlati a calamità o eventi naturali improvvisi;

c) per attività di solidarietà, in collaborazione con altri enti pubblici o associazioni di volontariato;

d) per l’organizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritative”.

Inoltre, come evidenziato dai magistrati contabili ad oggi le p.a. possono legittimamente stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa, sempre che ricorrano tutti i presupposti di legittimità fissati nell’articolo 7, comma 6, del d.lgs. 165/2001, stante il rinvio al 2018 (ex art. 1, comma 8, del d.l. 244/216) del divieto contenuto al comma 4 dell’articolo 2 del. d.lgs. 81/2015 (sez. Piemonte, del. n. 75/2016).

La giurisprudenza contabile ha chiarito che l’impegno di spesa relativo a una provvidenza pubblica per una prestazione lavorativa di natura occasionale o coordinata e continuativa (voucher, borse lavoro, nonno vigile, tirocinio formativo) che non sia a carico di finanziamenti comunitari o di privati, deve essere ricondotta alla spesa per il personale (Corte dei conti, sez. Emilia-Romagna, del. n. 268/2013; Sezione Veneto, del. n. 133/2017; nonché parere MEF n. 76150/2013).

Sul tema, tuttavia, con riferimento all’istituzione, da parte di un Comune, di borse lavoro da assegnare a persone disoccupate o che hanno perso il lavoro a causa della crisi, la sezione Lombardia ha evidenziato che “la prestazione lavorativa rientrante nel computo delle spese di personale non può che essere quella resa nell’ambito di un rapporto di pubblico impiego legalmente instaurato nei modi e nelle forme previste dalla legge.

Le prestazioni richieste ai beneficiari di provvidenze comunali stanziate in fondi anticrisi non possono che rivestire forme di collaborazione sociale senza corrispettività con il contributo economico elargito” (Sez. Lombardia, del. n. 123/2015).

Seguendo tale interpretazione, sembrerebbe quindi che, qualora l’impegno di spesa sia relativo a una provvidenza pubblica per una prestazione sociale senza nesso di corrispettività e senza oneri riflessi per il comune, lo stesso non dovrebbe essere imputato nella spesa per il personale.

La questione è stata quindi rimessa alla Sezione Autonomie.

Leggi la deliberazione§
CC Sez. controllo Puglia del. n. 95 – 17


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