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Corruzione: danno all’immagine e danno da disservizio anche per i soggetti di nomina politica


Il monitoraggio del piano anticorruzione

Il dipendente o amministratore che esercita la funzione pubblica demandatagli finalizzandola al perseguimento di benefici economici personali, piuttosto che al perseguimento dell’interesse pubblico, compromette la funzionalizzazione al buon andamento, all’efficacia, all’efficienza ed alla legalità dell’azione amministrativa.

Questo quanto ribadito dalla Corte dei Conti, sez. giur. Veneto, con la sentenza n. 28 depositata il 27 febbraio 2017.

Nel caso di specie un soggetto di nomina politica era stato condannato, in sede penale, con sentenza passata in giudicato, per diversi delitti commessi contro la Pubblica Amministrazione, essendo risultato tra i protagonisti principali di un sistema corruttivo diffuso e radicato, che aveva investito le procedure di realizzazione di un’opera pubblica di rilievo strategico nazionale e per la quale lo Stato interveniva con ingenti risorse finanziarie, nonché le ulteriori diverse procedure di project financing, anch’esse di determinante rilievo per la politica e l’economia regionale.

Nello specifico, attraverso le dichiarazioni rese dagli altri soggetti coinvolti nella vicenda, acquisite nell’ambito del procedimento penale e attinte dal Procuratore regionale, era stata comprovata la strumentale finalizzazione a favorire imprese che pagavano tangenti, con un totale asservimento della pubblica funzione ad ogni necessità del gruppo privato.

Tenuto conto della gravità del reato e del suo disvalore sociale, della diffusione mediatica, della funzione rivestita dal soggetto agente, il danno all’immagine è stato quantificato nel doppio delle utilità illegittimamente conseguite, secondo il criterio legale previsto dalla normativa anticorruzione (articolo 1, comma 62, della legge 190/2012).

Come evidenziato dai giudici contabili, infatti, la possibilità di promuovere, innanzi alla Corte dei Conti, l’azione per il risarcimento delle lesioni alla sfera reputazionale dell’amministrazione, non è circoscritta ai casi in cui il pregiudizio sia imputabile a un dipendente della pubblica amministrazione, ossia ad un soggetto legato all’amministrazione da un rapporto di impiego, ma è applicabile anche agli amministratori e/o soggetti di nomina politica.

L’imparzialità, la trasparenza e la correttezza dell’operato dei pubblici funzionari e dei pubblici amministratori costituiscono, infatti, un primario valore giuridico, posto a presidio della credibilità degli uffici pubblici.

I giudici contabili hanno condannato, altresì, il soggetto di nomina politica a risarcire all’ente anche il danno da disservizio.

Non è stata considerata la c.d. scriminante politica, non applicabile nei casi in cui l’organo politico, al fine di perseguire un ingente utile personale, approfitti del potere, di diritto e di fatto, conseguente alle sue funzioni, ingerendosi nelle scelte amministrative, non solo orientandone la politica, ma incidendo in concreto su decisioni gestionali.

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Leggi la sentenza
CC Giur. Veneto sent. n. 28 -17


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