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Dichiarazioni false nella domanda di concorso: responsabilità per danno erariale


L’attività lavorativa svolta dal dipendente privo dell’esperienza professionale pregressa richiesta dal bando di concorso, falsamente dichiarata nella domanda di concorso e in sede di instaurazione del rapporto di lavoro, costituisce danno per l’amministrazione, a nulla rilevando la circostanza che agli emolumenti percepiti abbiano corrisposto prestazioni effettivamente svolte.

Questo il principio ribadito dalla Corte dei conti, sez. giur. Lazio, con la sentenza n. 330 depositata il 2 dicembre 2016.

Nel caso di specie il dipendente era stato assunto a seguito della partecipazione ad una selezione pubblica per titoli ed esame colloquio, che prevedeva, tra gli altri requisiti, il possesso di una qualificata esperienza professionale maturata nel periodo temporale biennale indicato sul bando di concorso.

Dalla documentazione acquisita d’ufficio da parte dell’amministrazione in occasione dei controlli, era emerso che la pregressa esperienza professionale effettivamente svolta non aveva raggiunto il periodo biennale richiesto (anche se per soli tre mesi circa).

Il dipendente, oltre ad essere stato licenziato senza preavviso, ai sensi dell’articolo 55 quater, lettera d) del d.lgs. 165/2001, per aver effettuato dichiarazioni false in sede di instaurazione del rapporto di lavoro, è stato ritenuto responsabile per danno erariale.

Come noto, infatti, ai sensi dell’articolo 2121 c.c. “La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa”.

Nello specifico, qualora l’impiego sia stato conseguito mediante la produzione di documenti falsi e, comunque con mezzi fraudolenti ricorre un’ipotesi di illiceità: l’affidamento dell’incarico lavorativo, infatti, è ottenuto attraverso un comportamento illecito, di rilevanza anche penale, finalizzato a trarre in errore l’amministrazione e ad eludere, oltre che l’applicazione delle norme imperative poste a presidio dell’accesso al lavoro alle dipendenze della p.a., la naturale dinamica delle procedure concorsuali.

La sussistenza di circostanze preclusive alla valorizzazione dell’attività lavorativa ex art. 2121 c.c. esclude che possa procedersi all’apprezzamento di eventuali vantaggi conseguiti dall’amministrazione per la prestazione fornita, in quanto priva di giusta causa e non corrispondente al livello qualitativo richiesto dall’amministrazione che, quindi, si è dovuta accontentare di un minus rispetto a quanto avrebbe potuto conseguire da altro candidato alla selezione in possesso integrale del requisito richiesto.

Leggi la sentenza
cc-giur-lazio-sent-n-330-16


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