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L’affidamento in house esige una motivazione analitica, puntuale e circostanziata


La scelta comunale di operare mediante affidamento in house per la gestione dei servizi pubblici locali deve essere adeguatamente motivata circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano.

In assenza di tale dettagliata e specifica motivazione, l’affidamento diretto è illegittimo.

Questo il principio ribadito dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 1900 del 12 maggio 2015.

I servizi pubblici locali di rilevanza economica possono essere gestiti indifferentemente mediante il mercato (ossia individuando all’esito di una gara ad evidenza pubblica il soggetto affidatario) ovvero attraverso il c.d. partenariato pubblico – privato (ossia per mezzo di una società mista e quindi con una gara a doppio oggetto per la scelta del socio o poi per la gestione del servizio), ovvero attraverso l’affidamento diretto, in house, senza previa gara, ad un soggetto che solo formalmente è diverso dall’ente, ma che ne costituisce sostanzialmente un diretto strumento operativo.

Tale scelta discrezionale, tuttavia, in ossequio ai principi di trasparenza e democraticità dei processi decisionali pubblici, deve essere adeguatamente motivata.

In particolare, devono essere osservate le modalità stabilite dall’articolo 34, comma 20, del d.l. 179/2012 che richiede che la decisione sia preceduta dalla verifica della “sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo” e ne siano esposte “le ragioni”, così richiamando i consueti parametri su cui deve basarsi l’esercizio delle scelte discrezionali.

La legittimità della scelta della concreta modalità di gestione dei servizi pubblici locali, dunque, è subordinata alla redazione di un’apposita relazione che dia conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma dell’affidamento prescelta e che definisca i contenuti specifici degli obblighi del servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste (Tar Lombardia, Brescia, sentenza 691/2016).

L’apposita relazione ha perciò lo scopo di rendere trasparenti e conoscibili agli interessati tanto le operazioni di riscontro delle caratteristiche che fanno dell’affidataria una società in house, quanto i processi di individuazione del modello più efficiente ed economico alla luce di una valutazione comparativa di tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti.

A tal proposito di evidenzia che anche il nuovo Codice dei contratti, d.lgs. 50/2016, stabilisce all’art. 192 comma 2 che “Ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.

Pertanto, affinché possa legittimamente disporsi l’affidamento in house, è indispensabile procedere ad una adeguata istruttoria e, conseguentemente, ad una valutazione di tipo concreto, riscontrabile, controllabile, intellegibile e pregnante sui profili della convenienza, anche non solo economica, della gestione prescelta.


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