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Appalti: la revoca dell’aggiudicazione deve essere supportata da una consistente motivazione


La pubblica amministrazione ha sempre la potestà di agire in autotutela per revocare l’aggiudicazione definitiva, qualora ritenga che la procedura non sia più funzionale al perseguimento del pubblico interesse.

Tuttavia, la posizione dell’aggiudicatario definitivo non è rimovibile in base a presupposti di fatto di scarsa consistenza.

Questo il principio ribadito dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 2095 del 19 maggio 2016.

Nel caso di specie la stazione appaltante aveva revocato l’aggiudicazione definitiva a causa della pendenza di un contenzioso giurisdizionale apertosi a seguito dell’aggiudicazione, contenzioso che avrebbe portato l’affidamento definitivo a tempi lunghi e comunque alla perdita del finanziamento relativo ai lavori appaltati.

Come evidenziato dai giudici amministrativi la revoca dell’aggiudicazione definitiva può sempre intervenire, ma deve essere accompagnata da ragioni convincenti sull’interesse della pubblica amministrazione coinvolta tanto da non comprimere oltre la giusta misura l’affidamento del privato.

In particolare, la p.a. non può ritirare l’aggiudicazione definitiva in vista del formarsi di un contenzioso giurisdizionale, sia perché ciò porterebbe ad una chiara ed evidente violazione della tutela dei diritti degli interessi dei soggetti, principio garantito dall’articolo 24 della Costituzione, sia perché una diversa interpretazione potrebbe portare facilmente ed assurdamente ad una continua elusione di qualsiasi forma di tutela giurisdizionale.

 


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