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Società: amministratori e dipendenti soggetti alla giurisdizione contabile solo se in house


Gli amministratori e i dipendenti delle società partecipate da enti pubblici rispondono dinanzi alla Corte dei conti per i danni cagionati al patrimonio della società solo quando la società possa definirsi “in house”.

Al contrario, la giurisdizione contabile non risulta affermabile sulla base della evocazione della nozione di “organismo di diritto pubblico”, atteso che la qualificazione della società come organismo di diritto pubblico rileva solo sul piano della disciplina di derivazione comunitaria in materia di aggiudicazione degli appalti ad evidenza pubblica e non come indice giustificativo della giurisdizione contabile.

Di conseguenza, se non ricorrono i caratteri tipici della società in house providing, la competenza in merito alla cattiva gestione degli amministratori spetta al giudice civile.

Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7293 del 13 aprile 2016.

Per società in house si intende una società separata dalla pubblica amministrazione, che tuttavia presenta caratteristiche tali da poter essere qualificata come una derivazione dell’ente pubblico.

La giurisprudenza comunitaria ha da tempo circoscritto il modello dell’in house providing ai casi di:

a)      società a capitale interamente pubblico: l’ente deve possedere l’intero pacchetto azionario della società (Corte CE, C. 26-03 Stadt Halle) e la proprietà pubblica del capitale sociale deve permanere per tutta la durata del rapporto e deve essere garantita da appositi e stabili strumenti giuridici, quali il divieto di cedibilità delle azioni previsto nello statuto (Cons. di Stato n. 591/2009, n. 5781/2008).

b)      esercizio di attività prevalente per l’ente pubblico: in particolare, la parte di attività prestata per soggetti diversi dall’ente controllante deve essere quantitativamente irrisoria e qualitativamente irrilevante sulle strategie aziendali;

c)      controllo analogo da parte del socio pubblico.

La carenza di uno dei presupposti sopra indicati fa venir meno il rapporto di immedesimazione organica della Società nell’ente di riferimento, lasciando inalterata quella separazione soggettiva tra gli stessi.

Sotto il primo aspetto, occorre tener conto dell’evoluzione delle regole comunitarie, a seguito dell’emanazione della direttiva n. 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, che estende il modello dell’in house alla partecipazione privata di minima entità.

Le nuove disposizioni sull’istituto in esame, contenute nell’art. 12 della direttiva 24/2014/UE (recepite dall’articolo 5 del d.lgs. 50/2016) confermano l’orientamento giurisprudenziale in materia (a partire dalla nota sentenza “Teckal”, 18 novembre 1999, causa C-107/98),  introducendo tuttavia la possibilità che partecipi al capitale stesso un socio privato, in assenza di poteri di controllo o di veto sulla società e della possibilità di esercitare sulla stessa un’influenza dominante.


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