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Lombardia, deliberazione n. 135 – Trasformazione a tempo pieno: questione di massima


Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla corretta interpretazione della disciplina in materia di assunzioni di personale, in particolare sulla quantificazione dell’incidenza della trasformazione di un rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno ai fini del conteggio dei contingenti assunzionali previsti dall’articolo 3, comma 5, del d.l. 90/2014.

Nello specifico l’ente ha chiesto se tale assunzione incida sulla capacità del comune per l’intero ammontare del tempo pieno (36 ore) oppure solo per la differenza tra l’attuale (o l’originaria) entità del part-time (29 o 33 ore) rispetto al limite del tempo pieno.

I magistrati contabili della Lombardia, con la deliberazione 135/2015, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 31 marzo, hanno evidenziato che la trasformazione a tempo pieno di un rapporto di lavoro a tempo parziale costituisce una nuova assunzione e, dunque, a norma dell’articolo 3, comma 101, della legge 244/2007, si applicano i limiti previsti per le assunzioni a tempo indeterminato.

Per gli enti locali, tali limiti, allo stato normativo attuale, sono disciplinati dagli artt. 3, comma 5, del d.l. 90/2014 e 1, comma 424, della legge 190/2014, espressamente riferiti a tale tipologia di assunzione.

Di conseguenza, la conversione di un rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno, impegnando quota dei contingenti assunzionali di cui l’ente locale dispone, potrebbe impedire allo stesso di raggiungere la percentuale di risparmio necessaria, invece, ad assumere un’unità di personale soprannumerario provinciale.

Secondo i magistrati contabili, pertanto, in attesa che si concludano le procedure, previste dal comma 424 della legge di stabilità per il 2015, gli enti locali non possono procedere alla trasformazione di un rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno in quanto fattispecie equiparata alla disciplina prescritta per le assunzioni a tempo indeterminato.

Considerata l’esigenza di un’interpretazione uniforme, la questione è stata rimessa alla Sezione delle Autonomie.

 


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