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Illegittimo l’affidamento diretto anche nelle more del perfezionamento della gestione associata


L’intervento legislativo che ha reso obbligatorio, per i comuni con una popolazione inferiore a 5.000 abitanti, lo svolgimento in forma associata delle funzioni fondamentali dell’ente locale (articolo 14, comma 28, del d.l. 78/2010), in nessun caso può giustificare forme di affidamento diretto dei contratti pubblici, in mancanza dei presupposti specifici previsti dall’articolo 57 del d.lgs. 163/2006.

Questo quanto chiarito dall’Avcp, nel parere sulla normativa del 13 marzo 2013, con il quale ha risposto ad un quesito proposto da un comune in merito alla possibilità di affidare il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti direttamente all’operatore economico affidatario del servizio presso l’ente locale limitrofo, il quale dovrebbe entrare a far parte della costituenda gestione associata.

Nel caso di specie, l’ente, al fine di dare attuazione al precetto normativo ha deciso di conferire alla costituenda gestione associata cinque funzioni fondamentali, tra cui il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti, dando avvio alle fasi prodromiche al perfezionamento della convenzione.

Posta la scadenza del precedente contratto di appalto per la gestione del “servizio rifiuti”, l’ente ha chiesto se sia possibile affidare il servizio all’operatore economico scelto con gara dal comune limitrofo.

L’Avcp ha chiarito che la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara avente carattere d’urgenza, prevista dall’articolo 57, comma 2, lett. c) del codice dei contratti può legittimare un affidamento diretto solo quando l’estrema urgenza derivi da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti e non da situazioni soggettive, contingibili, prevedibili e ad esse imputabili (in tal senso Tar Veneto, sez. I, sent. 350/2013).

Pertanto, secondo l’Autorità, nelle more del perfezionamento delle gestioni in forma associata, i Comuni non possono disattendere la disciplina contenuta nel codice dei contratti pubblici.

Infatti, “sebbene vi sia stata un’importante sopravvenienza normativa, che impone una diversa modalità di esercizio delle funzioni fondamentali e dei servizi pubblici locali, considerate anche le scadenze fissate dal legislatore (e ancor più le successive proroghe), tale sopravvenienza non integra il presupposto dell’estrema urgenza”.

Inoltre l’Avcp ha ricordato che l’articolo 33, comma 3-bis del d.lgs 163/2006 impone ai Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, appartenenti alla stessa provincia, di affidare obbligatoriamente ad una unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori, servizi e forniture nell’ambito delle unioni dei comuni, ove esistenti, ovvero mediante la stipula di un accordo consortile tra i comuni e avvalendosi dei competenti uffici.

Per una corretta interpretazione dell’articolo 33, comma 3 bis, del d.lgs. 163/2006 si rimanda alla giurisprudenza contabile intervenuta in merito e presente nel nostro sito www.self-entilocali.it nella sezione dedicata alla Corte dei Conti, contenente la rassegna quotidiana delle deliberazioni di tutte le sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, depositate e pubblicate (in particolare Lombardia, deliberazione 165/2013 e Valle d’Aosta 7/2013).

Dunque, ha chiarito l’Avcp, “gli enti locali di piccole dimensioni hanno l’obbligo non solo di adottare una gestione associata delle funzioni fondamentali, ma anche una gestione accentrata delle gare ad evidenza pubblici”.

Con tali norme il legislatore ha inteso migliorare l’organizzazione degli enti interessati al fine di fornire servizi più adeguati sia ai cittadini che alle imprese, nell’osservanza dei principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.

Pertanto, non risulta possibile procedere con un affidamento diretto, senz’altro elusivo di tali obblighi e contrastante con la ratio delle norme, tutte ispirate al risparmio della spesa pubblica.

 


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