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È legittimo il risarcimento al creditore del maggior danno quando l’inadempimento della P.A. ha reso più onerosa la richiesta di credito dell’azienda


Cassazione Civile, sez. III, sentenza n. 21982/11
di Calogero Di Liberto

Il risarcimento del maggior danno può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui il saggio medio di rendimento dei titoli di Stato, durante il periodo di mora, sia più alto del saggio degli interesse legali.

Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza in commento, con la quale ha rigettato il ricorso presentato dalla società ricorrente avverso la sentenza in appello che l’aveva riconosciuta corresponsabile del danno da essa stessa subito.

Nel caso di specie, un Ateneo universitario aveva ritardato i pagamenti relativi alla fornitura di alcuni beni e la società fornitrice l’ aveva citato in, chiedendo il risarcimento dei danni subiti, quantificati tenendo conto della differenza tra gli interessi corrisposti dalle banche per tutto il periodo di mora e gli interessi legali ad essa riconosciuti dalla P.A. inadempiente.

Il Tribunale di primo grado aveva rigettato l’istanza di risarcimento danni, poiché aveva ritenuto che avendo la società fatto ricorso al sussidio bancario prima del sorgere dei crediti vantati, non aveva provato che il ritardato pagamento da parte dell’Università l’avesse indotta a fare ricorso ad una maggior somma di autofinanziamento.

La società fornitrice aveva fatto ricorso in appello e aveva ottenuto, in parziale accoglimento, il riconoscimento a titolo di risarcimento di una somma pari alla metà di quella da essa stimata.

Avverso tale sentenza la ricorrente ha fatto ricorso in Cassazione, chiedendo il pieno riconoscimento del risarcimento.

L’Università ha presentato ricorso, sostenendo il maggior danno da svalutazione nelle obbligazioni pecuniarie non potrebbe essere riconosciuto senza l’osservanza di uno specifico onere di prova da parte del creditore, dovendosi escludere che la svalutazione ex se costituisca danno.

La Corte ha rigettato il ricorso presentato dalla P.A. chiarendo che, nei casi in cui sussiste un ritardo nell’adempimento di un’obbligazione, può dirsi esistente ogni qualvolta, durante il periodo di mora, il saggio medio di rendimento dei titoli di Stato sia stato superiore ai saggio degli interessi legali.

Pertanto, secondo la Suprema Corte, il risarcimento del maggior danno spetta a qualunque creditore, fermo restando che quando il creditore chiede una somma superiore a quella derivante dalla differenza tra saggio di rendimento dei titoli di Stato e saggio di interesse legale, ha “l’onere di provare l’esistenza e l’ammontare di tale pregiudizio anche in via presuntiva” (Corte di Cassazione, sentenza n. 19499/08).

Nei casi in cui un creditore chieda un risarcimento danni maggiore risetto a quelli che gli spetterebbe in ragione del fatto che il saggio di rendimento dei titoli di Stato sia più alto del saggio degli interessi legali in corso nel periodo di mora, egli deve dimostrare di avere fatto ricorso al credito bancario, sostenendone i relativi interessi passivi, ovvero, deve dimostrare quale sia stata la produttività della propria impresa, per le somme in essa investite.

La P.A. debitrice, di contro, dovrebbe dimostrare che anche qualora avesse adempiuto tempestivamente all’obbligazione, il creditore non avrebbe potuto impiegare le relative risorse per finanziare gli investimenti necessari per potergli garantire un rendimento superiore al saggio degli interessi legali.

Nel caso di specie, la Corte, ritenendo che l’Università debitrice con la propria condotta inadempiente avesse recato pregiudizio alla società fornitrice, “rendendone insufficiente e più oneroso il normale e ordinario autofinanziamento”, ha riconosciuto il diritto della società al risarcimento.

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