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L’alunno che si infortuna durante la ricreazione deve essere risarcito dal Ministero dell’Istruzione


Corte di Cassazione, sez. III, sentenza n.  15376/11

di Calogero Di Liberto

L’alunno che si fa male a scuola deve essere risarcito se non è stato imprudente.

Questo è quanto ha  ribadito la sentenza in commento, con la quale la Corte di Cassazione ha rigettato l’istanza presentata dal Ministero dell’Istruzione.

Nel caso di specie,  il processo aveva avuto inizio con la citazione in giudizio da parte dei genitori del minore del Ministero della Pubblica Istruzione, presso il Tribunale, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni.

Il Ministero, costituitosi in giudizio, aveva contestato tale richiesta e aveva chiesto che fosse comunque condannata in garanzia la società assicuratrice per la responsabilità civile.

La stessa società assicuratrice, a sua volta, si era costituita in giudizio e aveva eccepito la prescrizione del diritto dell’assicurato, vale a dire del Ministero.

Il Giudice ordinario, accogliendo la domanda degli genitori, condannava il Ministero al pagamento di una somma a titolo di risarcimento, accogliendo l’eccezione di prescrizione della Compagnia Assicuratrice.

Tale sentenza fu poi confermata in sede d’Appello col rigetto del ricorso opposto dal Ministero dell’Istruzione.

In seguito, il Ministero dell’ Istruzione  ha proposto ricorso in Cassazione, impugnando la sentenza di rigetto sotto due profili di merito.

Con il primo motivo, il ricorrente sosteneva che l’interpretazione data da parte della Corte di merito al comma 3 dell’art. 2952 c.c. non fosse corretta.

In particolare, il ricorrente sosteneva che la norma, nel menzionare “l’assicurato”, si riferirebbe al contraente della polizza relativa e non al beneficiario del contratto di assicurazione, quindi, nel caso in esame, bisognava intendere come “assicurato” la Direzione didattica che aveva stipulato il contratto e non il Ministero che, invece, è il beneficiario del contratto.

In ragione di questa interpretazione, secondo il Ministero, il termine annuale della prescrizione non doveva cominciare a decorrere dalla data in cui il danneggiato aveva presentato al Ministero la richiesta di risarcimento, ma doveva cominciare a decorrere dalla data in cui il danneggiato avrebbe eventualmente presentato la richiesta di risarcimento danni nei confronti della Direzione Didattica, in ragione del fatto che è essa il soggetto contraente del contratto di assicurazione. Il Ministero concludeva che, non essendo mai stata presentata una richiesta di risarcimento danni rivolta alla Direzione Didattica non era mai cominciato il decorso dei termini di prescrizione.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha chiarito che il contratto di assicurazione oggetto della controversia è un “contratto di assicurazione per conto altrui, stipulato dalla Direzione Didattica per conto del Ministero dell’Istruzione per assicurare quest’ultimo  per la responsabilità civile degli insegnanti per i danni subiti dagli allievi “.

Secondo la Corte, il Ministero dell’Istruzione è il soggetto titolare dei diritti derivanti dal contratto, essendo esso il soggetto “assicurato”, mentre la Direzione Didattica, soggetto contraente del contratto per conto del Ministero, invece, non è titolare dell’interesse assicurato.

A supporto di questa interpretazione la Corte, accanto ad una copiosa giurisprudenza, ha richiamato il testo del secondo comma dell’art. 1891 c.c. (Assicurazione per conto altrui) in base al quale “i diritti derivanti dal contratto spettano all’assicurato, e il contraente, anche se in possesso della polizza, non può farli valere senza espresso consenso dell’assicurato medesimo”.

La Corte ha quindi affermato che le suddette norme vanno interpretate nel senso che si esclude che il contraente possa essere legittimato all’esercizio del diritto all’indennità a meno che non vi sia un consenso espresso dell’assicurato, non essendo sufficiente il consenso tacito o presunto.

La Corte ha quindi ritenuto che l’interpretazione del caso prospettata dal Ministero non fosse corretta. Infatti, secondo il parere della Corte, la comunicazione fatta all’assicuratore della richiesta di risarcimento del terzo danneggiato è idonea ad interrompere la prescrizione solo quando è stata fatta dal soggetto legittimato a tale esercizio, cioè dal soggetto assicurato.

Allo stesso modo e per gli stessi motivi, la richiesta idonea a far decorrere il termine annuale di cui al comma 3 dell’art. 2952 c.c. non può che essere la richiesta che il danneggiato rivolge al responsabile civile, cioè all’assicurato.

Secondo la Corte è errata ed inammissibile l’interpretazione del Ministero secondo cui l’onere della comunicazione all’assicuratore della richiesta di risarcimento del danno incomberebbe sul contraente: detto onere deve essere assolto esclusivamente dall’assicurato.

La Corte ha anche chiarito che le comunicazioni interne tra il Ministero e la Direzione Didattica inerenti il contratto di assicurazione riguardano i rapporti interni tra contraente ed assicurato.

In merito a questo motivo di ricorso la Corte di Cassazione ha concluso che, in tema di contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato per conto altrui, il termine di prescrizione previsto dal comma 3 dell’art. 2952 c.c. decorre dal giorno in cui il terzo danneggiato rivolge la richiesta di risarcimento al responsabile civile, vale a dire al soggetto assicurato ai sensi dell’art. 1891 c.c., nel caso in esame il Ministero e non la Direzione Didattica.

Sotto il secondo profilo del ricorso, il ricorrente ha richiesto che la condotta dell’allievo venisse valutata da parte del giudice per escludere una responsabilità esclusiva dell’amministrazione.

La Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la statuizione del giudice di merito secondo la quale si configurava una  responsabilità esclusiva  dell’amministrazione.

Nel caso di specie, secondo la versione esposta dal Ministero, la colpa dell’allievo starebbe nell’essersi allontanato repentinamente dal luogo deputato alla ricreazione. Secondo il parere della Corte, questo elemento, nei termini così esposti, non è tale da poter configurare una violazione dell’obbligo generico di diligenza ai sensi dell’ex art. 1227, c.1, c.c..

L’elemento di colpevolezza dovrebbe esplicitare un nesso di causalità, cioè essere tale da potersi considerare come una delle possibili concause dell’evento dannoso. La Corte ha ritenuto che nel caso prospettato dal Ministero “non è possibile configurare il fatto come una concausa del danno, potendo esso soltanto spiegare il perché del verificarsi dell’evento in quel determinato momento e in quel determinato luogo”.

Con la sentenza in esame la Corte ha ritenuto entrambi i motivi  di ricorso non fondati.

Sul primo motivo di ricorso la Corte di Cassazione ha concluso che i termini in tema di contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato per conto altrui decorrono dal giorno in cui il terzo danneggiato rivolge la richiesta di risarcimento al responsabile civile, vale a dire al soggetto assicurato ai sensi dell’art. 1891 c.c..

Mentre, con riferimento al secondo motivo di ricorso, la Corte ha sentenziato che il concorso di colpa all’evento dannoso possa essere configurato solo laddove la condotta del creditore-danneggiato abbia un nesso di casualità diretto con l’evento dannoso e quindi sia tale da potersi considerare come una delle possibili concause all’evento.

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