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Sono legittimi ai fini del procedimento disciplinare le riprese fatte dalle telecamere di un vicino


Corte di Cassazione, Sez. lavoro, Sentenza n. 2117/11
di Dionisia Foscarini

Nel caso in cui le telecamere installate da un vicino riprendono situazioni rilevanti ai fini del procedimento disciplinare per alcuni lavoratori, le riprese possono legittimare il licenziamento.

In tal caso, infatti, non è violato l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori in quanto le registrazioni provengono da un impianto installato non dal datore di lavoro, ma da un terzo.

Restano, invece, illegittime le riprese finalizzate a controllare la qualità del lavoro (ex art. 4, comma 1, Legge n. 300/70).

E’ questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza in commento, con la quale ha respinto il ricorso presentato da alcuni lavoratori avverso la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato legittimo il licenziamento intimato agli stessi per l’accesso, non autorizzato in un ufficio non facente parte della struttura organizzativa del proprio datore di lavoro ma di una diversa società.

In particolare nel caso di specie, i ricorrenti addetti al servizio di sorveglianza, erano stati ripresi da una telecamera installata all’interno di un ufficio di una diversa società, mentre si introducevano nello stesso senza autorizzazione o necessità di forza maggiore o esigenza di interventi urgenti.

A seguito di tale comportamento, il datore di lavoro aveva intimato ai dipendenti  il licenziamento.

Gli interessati, a seguito di tale provvedimento, avevano presentato ricorso alla Corte d’Appello, contestando l’utilizzo di tali videoriprese in quanto effettuate in violazione dell’art. 4 della Legge n. 300/70 (cd. Statuto dei Lavoratori), secondo il quale “è vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti”.

La Corte d’Appello aveva rigettato il ricorso in quanto la videocamera era stata istallata da un soggetto diverso dal datore di lavoro per finalità di tutela dei propri effetti personali e della documentazione aziendale, sostenendo altresì che il disconoscimento dei filmati era avvenuto in modo del tutto generico e non idoneo a produrre effetti ai sensi dell’art. 2712 c.c..

Avverso tale sentenza gli interessati hanno proposto ricorso per Cassazione, ribadendo la violazione dell’art. 4 della Legge n. 300/70 nella parte in cui non è stato considerato necessario il previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali per l’istallazione di impianti audiovisivi finalizzati a controllare a distanza anche l’attività dei lavoratori.

La Cassazione ha precisato che la ripresa audiovisiva, come già confermato nella sentenza impugnata, è stata rilevata non nei locali del datore, ma in un ufficio interno di un diverso soggetto.

Inoltre, l’impianto è stato installato non dal datore di lavoro, ma da un soggetto dipendente da altra società e per finalità difensive di un ufficio dove i ricorrenti non potevano accedere se non in casi eccezionali.

Tali ricostruzioni hanno escluso secondo i giudici che si trattasse di un controllo a distanza dell’operato degli interessati da parte del proprio datore.

La Corte di Cassazione ha così respinto il ricorso presentato dai lavoratori, ritenendo legittime le registrazioni audiovisive volte a realizzare controlli difensivi da parte di un terzo e non un controllo a distanza circa la qualità dell’operato dei lavoratori, espressamente vietato dalla Legge n. 300/70.

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