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Appalti: è concussione se l’assessore fa “pressioni” psicologiche verso un offerente


Corte di Cassazione, Sez. Penale VI,  sent. n. 4443/11
di Dionisia Foscarini

L’assessore che, abusando della propria posizione, “invita”un cittadino ad accettare un sacrificio al fine di ottenere un vantaggio, risponde di concussione.

E’ questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza in commento, con la quale ha respinto l’appello proposto da un assessore comunale avverso la sentenza che lo dichiarava colpevole del reato di tentata concussione.

L’art. 317 c.p. stabilisce che “il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni “

Nel caso di specie l’assessore aveva  suggerito ad un cittadino, che aveva presentato domanda per il rilascio della licenza per il noleggio di autobus, di rinunciare alla gara indetta dall’Ente.

Il cittadino non aveva accettato le pressioni del politico e aveva presentato querela avverso tale comportamento.

I Giudici di primo e secondo grado avevano ritenuto esistente la fattispecie di reato e avevano condannato l’amministratore comunale, il quale ha presentato ricorso in cassazione.

La Corte ha ritenuto che le difficoltà evidenziate dal cittadino ai fini dell’ottenimento della licenza, che risultavano idonee a porlo in una condizione di inferiorità a livello psicologico, avrebbero potuto indurlo ad accettare il sacrificio di rinunciare alla gestione di un servizio che interessava ad altri, pur di ottenere la conclusione del procedimento amministrativo relativo alla licenza richiesta.

La Corte di Cassazione ha pertanto ritenuto il comportamento tenuto dall’assessore illecito.

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