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Danno per perdita di chance: per la quantificazione è necessario dimostrare quale sarebbe stato con certezza l’esito della gara


Tar Piemonte, Sez. II, Sentenza n. 3939/10
di Chiara Zaccagnini

Per quantificare il danno subito da un’impresa per perdita di chance negli affidamenti di contratti pubblici, è necessario che il ricorrente dimostri che, in mancanza dell’adozione del provvedimento illegittimo, avrebbe vinto la gara.

In caso contrario, in cui il ricorrente non acquisisca alcuna certezza su quale sarebbe stato l’esito della procedura, non è possibile riconoscere alcun risarcimento.

Questo è quanto ha affermato il Tar Piemonte nella Sentenza in commento, con la quale ha accolto il ricorso presentato da una società avverso gli atti relativi ad una procedura di gara per l’ampliamento del sistema di videosorveglianza.

Nel caso di specie, un Comune aveva indetto una procedura di gara per la fornitura e posa in opera dell’ampliamento del sistema di videosorveglianza, prevedendo come criterio di aggiudicazione quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 83 del Dlgs. n. 163/06.

Contestualmente all’indizione della gara, il responsabile del servizio di Polizia locale aveva affidato a un soggetto l’incarico per la redazione del progetto della fornitura per la stesura degli atti amministrativi, la valutazione tecnica in sede di gara e il collaudo dell’opera.

Successivamente tale soggetto era stato nominato componente esperto della Commissione esaminatrice della procedura di gara, nominata dallo stesso responsabile, anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte.

Alla procedura in oggetto avevano partecipato solo due imprese, tra cui la ricorrente, classificata seconda.

La ricorrente ha presentato ricorso avverso gli atti relativi di gara, sostenendo che la nomina del componente esperto della Commissione era avvenuta in violazione dell’art. 84, commi 4, 8 e 10 del Dlgs. n. 136/06, sia vizi in ordine alla partecipazione della società aggiudicataria del servizio, mancando in capo alla stessa i requisiti minimi di partecipazione specificati nel capitolato, l’inadeguata motivazione circa la non anomalia dell’offerta e il mancato rispetto del termine dilatorio (c.d. dovere di stand still).

Il Comune, conferendo al soggetto gli incarichi di cui sopra, avrebbe violato il comma 10 dell’art. 84 del Dlgs. n. 163/06, il quale ha stabilito che “allorché la scelta della migliore offerta debba avvenire con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la nomina dei commissari e la costituzione della commissione giudicatrice devono avvenire dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte”.

Nel caso di specie, l’ingegnere era stato nominato componente esperto della Commissione già dal momento in cui gli era stato conferito l’incarico di progettazione.

Il citato art. 84 del Codice sarebbe stato violato anche nella prescrizione di cui al comma 4, in base al quale “i commissari diversi dal Presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta”.

I giudici amministrativi hanno ritenuto violato l’obbligo previsto dall’art. 11, comma 10, del Dlgs. n. 163/06 del c.d. stand still, in quanto la stipulazione del contratto con l’aggiudicataria del servizio è avvenuta lo stesso giorno in cui è stata disposta l’aggiudicazione definitiva, non rispettando il termine dilatorio previsto dalla citata norma.

Per quanto riguarda le censure relative alla mancanza dei requisiti minimi dell’offerta presentata dalla controinteressata e la non adeguata motivazione relativa al procedimento di verifica di anomalia della stessa, il Tar Piemonte ha ritenuto le stesse infondate.

I Giudici amministrativi hanno ricordato, con riferimento al secondo punto, che “la stazione appaltante ha l’obbligo di motivare in maniera particolarmente approfondita solo nell’ipotesi in cui esprima un giudizio negativo che faccia venire meno l’aggiudicazione. Laddove, invece, la verifica di anomalia conduca a confermare la già disposta aggiudicazione”, come nel caso di specie, “non è richiesto che la motivazione sia particolarmente analitica e puntuale, potendo in tal caso trovare sostegno per relationem nelle stesse giustificazioni presentate dal concorrente o negli stessi documenti a corredo dell’offerta. In quest’ultimo caso, quindi, quando l’Amministrazione ritenga convincenti le giustificazioni fornite, non occorre che la determinazione si basi su un’articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni, ma incombe su chi contesta l’aggiudicazione l’onere di individuare specifici elementi da cui il giudice amministrativo può evincere che la valutazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione era manifestamente irragionevole” (Tar Piemonte, Sez. I, Sentenza n. 2554/09; Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza n. 6708/09).

Il Tar Piemonte, sulla base delle considerazioni sopra esposte, ha disposto l’annullamento di tutti gli atti di gara incombenti sulla ricorrente, in quanto l’illegittima composizione della Commissione tecnica ha determinato l’illiceità degli atti compiuti dalla stessa, fatta salva la Determinazione con la quale è stata indetta la procedura.

I Giudici amministrativi hanno sottolineato come la natura extra-contrattuale dell’illecito compiuto dall’Amministrazione nell’esercizio dell’attività provvedimentale abbiamo attribuito al danneggiato l’onere di provare tutti gli elementi costitutivi dello stesso (Consiglio di  Stato, Sez. IV, Sentenza n. 478/05).

Il ricorrente, pertanto, non può semplicemente provare l’illegittimità dell’atto, ma deve compiere anche fornire la documentazione comprovante “il pregiudizio patrimoniale del quale chiede il ristoro nel suo esatto ammontare”.

Il pregiudizio risarcibile, secondo la definizione fornita dall’art. 1223 c.c., è composto dal danno emergente, inteso come la diminuzione reale del patrimonio del privato, per effetto di pagamenti connessi alla partecipazione al procedimento, e dal lucro cessante, derivante della perdita di un’occasione di guadagno o, comunque, di un’utilità economica connessa all’adozione o all’esecuzione del provvedimento illegittimo

Per quanto riguarda la valutazione del pregiudizio connesso dalla perdita di chance, secondo la giurisprudenza prevalente, essa consiste nell’entità del guadagno derivante dall’esecuzione dell’appalto, nella misura del 10% dell’importo posto a base di gara , con eventuale ribasso da parte dell’impresa interessata.

Secondo i Giudici amministrativi è necessario distinguere tra la fattispecie in cui il ricorrente riesce a dimostrare che, in mancanza dell’adozione del provvedimento illegittimo, avrebbe vinto la gara, in questo caso spetta all’impresa un risarcimento pari al 10% del valore dell’appalto, dai casi in cui non è possibile acquisire alcuna certezza su quale sarebbe stato l’esito della procedura in mancanza della violazione riscontrata, spetterà la somma comparata all’utile d’impresa.

Tale dimostrazione risulta configurabile solo casi in cui il criterio di aggiudicazione si fonda su parametri vincolati e matematici, mentre risulta impossibile nell’ipotesi in cui la selezione del contraente viene realizzata sulla base di un apprezzamento tecnico-discrezionale dell’offerta.

Nel caso di specie, la società ricorrente domanda un risarcimento per il lucro cessante pari al 10% del valore dell’appalto, sull’indimostrato presupposto che, in mancanza delle lamentate illegittimità, l’aggiudicazione sarebbe spettata proprio ad essa ricorrente.

Il Tar Piemonte, in base alle motivazioni sopra evidenziate, ha accolto il ricorso chiarendo che negli affidamenti di contratti pubblici, per quantificare il danno subito da un’impresa per perdita di chance, è necessario distinguere la fattispecie in cui il ricorrente riesce a dimostrare che, in mancanza dell’adozione del provvedimento illegittimo, avrebbe vinto la gara, dalla fattispecie in cui non è possibile acquisire alcuna certezza su quale sarebbe stato l’esito della procedura in mancanza della violazione riscontrata.

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