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Produzione energia: gli enti locali non possono costituire in house per la realizzazione di tale attività


Corte dei Conti, sez. contr. Lombardia, Deliberazione n. 861/10  e n. 997/10
di Federica Caponi e Giulia Rizza

La Corte dei conti, sezione controllo della Lombardia, ha sollevato perplessità in merito alla facoltà di costituire società in house da parte degli enti locali per la produzione e commercializzazione di energia elettrica.

I giudici contabili sono intervenuti sul tema, a distanza di alcuni mesi con due successive Deliberazioni, e hanno ribadito che sussistono notevoli dubbi in ordine alla possibilità di intervenire direttamente da parte del comune nell’attività di produzione e commercializzazione dell’energia, anche se prodotta da energie rinnovabili, sia in relazione al diritto interno che a quello comunitario.

La Corte con la Deliberazione n. 861 ha risposto al quesito posto da un comune che aveva chiesto chiarimenti in merito alla compatibilità rispetto a quanto stabilito nell’art. 3, comma 27 della Legge n. 244/07, nell’art. 23-bis del Dl. n. 112/08 e nell’art. 14, comma 32 del Dl. n. 78/10 della costituzione di una società fra alcuni enti locali per la progettazione, sviluppo e realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile quali impianti eolici, biomasse, fotovoltaici, pannelli solari, nonché progettazione e costruzione, nonché commercializzazione dell’energia elettrica prodotta da tali impianti, considerato, tra l’altro, la finalità di abbattimento dell’inquinamento atmosferico.

Nell’altra deliberazione (n. 997/10) i giudici hanno evidenziato alcune perplessità in merito alle deliberazioni di alcuni consigli comunali che avevano approvato l’autorizzazione al mantenimento di società costituite per la produzione di energia, ai sensi dell’art. 3, comma 27 della Finanziaria 2008.

La corte dei conti ha ricordato che negli ultimi anni gli enti locali hanno costituito un numero sempre crescente di società per la gestione di numerosi servizi  pubblici, per la realizzazione di lavori, per lo svolgimento sia di attività di interesse delle comunità locali che strumentali e funzionali allo svolgimento di compiti propri del Comune o della Provincia.

In alcuni casi, il ricorso all’utilizzo dello strumento societario è stato funzionale unicamente al rispetto formale (e non sostanziale) dei vincoli derivanti dal Patto di stabilità o dai limiti in materia di assunzione di personale.

La partecipazione degli enti al capitale sociale di tali organismi costituisce una modalità di organizzazione degli interventi dell’ente stesso in settori spesso strategici.

Lo stesso legislatore ha ammesso che gli enti possano utilizzare tale forme organizzative per la gestione dei servizi pubblici locali o di funzioni amministrative.

Con la Finanziaria 2008 il ricorso allo strumento societario è stato però chiaramente circoscritto a reali necessità ed esigenze degli enti territoriali.

La Legge n. 244/07 ha previsto, infatti, che le P.A. non possano procedere alla costituzione di nuove società che abbiano “per oggetto la produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali”, mentre è sempre ammessa “la costituzione di società che producono servizi di interesse generale” (art. 3, comma 27).

L’accertamento di tali finalità è di competenza del consiglio comunale che entro il 31 dicembre prossimo dovrà approvare una delibera di autorizzazione o meno al mantenimento delle partecipazioni in essere.

Tale deliberazione dovrà essere successivamente inviata alla sezione regionale di controllo competente.

Con i commi 27-32 del citato art. 3 il legislatore ha posto una stretta correlazione fra finalità proprie dell’ente pubblico e utilizzo dello strumento societario, legittimando e circoscrivendo, allo stesso tempo, il ricorso alla modalità societaria per lo svolgimento di attività di competenza dell’ente.

La possibilità di ricorrere allo strumento societario dipende dalle finalità che l’ente si propone di raggiungere con la partecipazione azionaria, in relazione ai compiti che l’ordinamento riserva a ciascun ente.

L’ente deve verificare, in concreto, gli scopi che intende perseguire con l’organismo societario in relazione alle sue attività istituzionali e solo in caso di riscontro positivo potrà autorizzarne il mantenimento.

Nel nostro ordinamento l’unico titolare di tutte le funzioni amministrative è il Comune.

I giudici contabili hanno ribadito che spetta al singolo ente valutare quali siano le necessità della comunità locale e, nell’ambito delle compatibilità finanziarie e gestionali, avviare le “politiche” necessarie per soddisfarle.

In merito al servizio di produzione di energia, i giudici hanno evidenziato che “sembra dubbio che l’attività di progettazione, sviluppo e realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, quali impianti eolici, (…) costituisca un bisogno della comunità locale che possa essere soddisfatto solo a seguito di un intervento diretto dell’ente locale, anche se una delle ragioni addotte(…) a giustificazione dell’intervento è quella dell’abbattimento dell’inquinamento atmosferico”.

Notevoli dubbi sussistono in ordine alla possibilità di intervenire direttamente da parte del Comune nell’attività di produzione e commercializzazione dell’energia, anche se prodotta da energie rinnovabili, sia in relazione al diritto interno che a quello comunitario.

In relazione al primo profilo, tale servizio sembrerebbe esulare dalle finalità proprie dell’ente territoriale, configurandosi come attività tipicamente commerciale perché diretta alla produzione ed al commercio di “un bene rispetto al quale gli enti locali non solo non hanno alcun diritto di privativa, ma rilevanti poteri di indirizzo in relazione alla pianificazione urbanistica territoriale ed alle altre potestà pubblicistiche di loro competenza”.

Quanto al secondo profilo, l’intervento diretto dell’ente locale, anche e soprattutto se per il tramite di una società partecipata la quale potrebbe essere agevolata in relazione ai diritti di localizzazione e costruzione degli insediamenti appare porsi in deciso contrasto sia con le regole sulla concorrenza che con quelle sul divieto di aiuti di stato che sono contenute nel Trattato istitutivo dell’Unione europea e, in ogni caso, potrebbe falsare la libertà del mercato.

La presenza in qualità di socio del Comune che ha la titolarità delle funzioni di programmazione e di vigilanza territoriale in relazione alla realizzazione degli impianti per la produzione delle energie rinnovabili è idonea a condizionare il mercato locale, anche al di fuori dei confini territoriali dell’ente pubblico, tanto più se la società fosse partecipata da una pluralità di enti.

I Giudici hanno anche chiarito che comunque tale servizio non è riconducibile a quella di un servizio pubblico locale.

Infine, in merito all’interpretazione dell’art. 14, comma 32 della Manovra correttiva, la corte dei conti ha chiarito che tale disposizione ha carattere generale ed è diretta a disciplinare la partecipazione dei Comuni nelle società di capitali.

Il legislatore non ha inteso abrogare la precedente normativa di carattere generale contenuta nell’art. 3, comma 27, della Finanziaria 2008 ma, al contrario, ha inteso mantenere entrambe le discipline, prevedendo che da una loro lettura coordinata risulti la “regola aurea” che deve essere seguita dai Comuni.

Le due norme operano su piani diversi, l’art. 3, comma 27 infatti incide sulle finalità e sugli obiettivi che l’ente può raggiungere con la partecipazione societaria, mentre l’art. 14, comma 32 sul piano numerico ed operativo, con la previsione che, in ogni caso, ciascun ente non potrà detenere un numero di partecipazioni superiore a quello previsto dalla norma.

Si tratta, in sostanza, di una valutazione con la quale il legislatore ha ritenuto importante non solo gli scopi perseguiti dagli enti locali (già disciplinati nell’art. 3, comma 27) ma anche le modalità di svolgimento dell’attività, ritenendo che il rapporto fra ente costitutore e organismo societario per essere efficiente deve avvenire in un ambito più esteso ed articolato, quale è quello degli enti di maggiori dimensioni, che sembrerebbero poter garantire maggior controllo dell’attività societaria e, dall’altro, dar vita a società dotate di una massa critica operativa più significativa, evitando il fenomeno della polverizzazione di società che non dispongono di risorse sufficienti per operare in modo soddisfacente ed autonomo all’esterno dell’ente costitutore.

L’inciso “fermo quanto previsto dall’art. 3, commi 27, 28 e 29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”, contenuto nel citato comma 32 dell’art. 14, non può che significare che nei limiti numerici delle partecipazioni che ciascun ente può detenere in base alla previsione contenuta in tale norma, le stesse dovranno, comunque, essere conformi ai canoni previsti dalle disposizioni della Finanziaria 2008.

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